Aborto, obiezione di coscienza in strutture pubbliche vergognosa per due motivi

In Italia impazza l’obiezione di coscienza tra i medici delle strutture pubbliche, che si rifiutano di eseguire la pratica dell’aborto. Secondo i dati del Ministero della sanità, la media nazionale è addirittura del 70%, con punte in alcune regioni che sfiorano il 90%. Un diniego che può costare anche la vita di una gravida, come il caso di Valentina Milluzzo, la 32enne che ha perso la vita a Catania insieme ai suoi due gemelli. E della cui morte i familiari accusano il medico obiettore. Il caso italiano è quasi unico e fa giungere a due amare conclusioni. Inoltre, se si guarda la situazione in Europa e nel resto del Mondo, si nota facilmente come il caso italiano sia unico. Vediamo di seguito entrambi gli aspetti.

Aborto in Italia e il fenomeno dell’obiezione di coscienza

abortoPartiamo da un dato curioso. Come riporta Il Fatto quotidiano, l’Italia si posiziona come uno degli stati dove ancora c’è molto da fare per la tutela del diritto all’aborto. Nell’ultimo rapporto del ministero della Salute sull’applicazione della legge 194 dell’ottobre 2015, il ministro Beatrice Lorenzin ha fornito dati confortanti sul numero di aborti nel confronto con l’estero negli anni 2013-2014, che vedono le percentuali italiane in linea o inferiori rispetto agli altri stati, ma secondo le organizzazioni che si battono per i diritti delle donne, questo sarebbe in realtà soltanto il segnale che in Italia è sempre più difficile abortire e fare abortire. Lo dimostrano anche le due sentenze del 2014 e del 2015 del Comitato Europeo sui Diritti Sociali del Consiglio d’Europa sui ricorsi presentati proprio sull’applicazione della legge 194, che hanno puntato il dito sull’alto numero di obiezioni che impedisce di fatto il diritto all’aborto.

“I dati forniti dal ministero non sono aggiornati, si vuole negare ancora l’evidenza delle cose – ha denunciato Loredana Taddei, responsabile nazionale Cgil delle politiche di genere, che ha presentato uno dei reclami – Dopo i due ricorsi accolti dall’Europa, il governo non ha ancora fatto nulla per migliorare la situazione”.

Un medico è un medico. In Italia, nel caso dell’Interruzione Volontaria di Gravidanza, esiste una legge dello Stato (che è costata tante lotte e fatica) che deve essere rispettata ed applicata e le Strutture Pubbliche, gli Ospedali debbono fornire un servizio e quindi hanno una funzione istituzionale. Semplicemente, il medico che fa l’obiettore non deve lavorare in questo servizio in una struttura pubblica che appartiene a tutti, in un ospedale. Del resto: un avvocato penalista iscritto nella lista dei difensori d’ufficio dovrà difendere anche chi l’opinione pubblica ritiene “indifendibile”: chi ha commesso una violenza, uno stupro e perfino un assassinio. Così come chi sceglie di fare il soldato non può rifiutarsi di usare le armi.

Come ricorda Contropiano, la Corte di Cassazione ha evidenziato che il medico obiettore nel caso della “Legge 194” che,

“omettere di prestare l’assistenza prima ovvero successivamente ai fatti causativi dell’aborto, in quanto deve comunque assicurare la tutela della salute e della vita della donna, anche nel corso dell’intervento di interruzione della gravidanza”: escluso quindi che il diritto di obiezione di coscienza esoneri il medico dall’intervenire durante l’intero procedimento di interruzione volontaria della gravidanza, trattandosi di “interpretazione che non trova alcun appiglio nella chiara lettera della norma”. Dunque nel caso di Obiezione di coscienza e in caso di aborto farmacologico in una nota (Nota a Cassazione penale., Sez. VI, 27.11.2012 (dep. 2.4.2013), n. 14979, Pres. de Roberto, Est. Fidelbo)”.

Ancora, in riferimento all’aborto praticato mediante somministrazione della pillola RU486, la Corte di Cassazione ha escluso, in base alla disciplina contenuta all’art. 9 l. 194/1978, la possibilità di sollevare obiezione di coscienza nella fase di espulsione dell’embrione (c.d. di secondamento) in quanto attività di assistenza successiva rispetto all’intervento di interruzione della gravidanza. Tale sentenza è sopraggiunta nel caso di una guardia medica, in servizio in un reparto di Ostetricia e Ginecologia perché questa si era rifiutata, per motivi di coscienza “di assistere una paziente già sottoposta ad un intervento di interruzione della gravidanza attuato mediante somministrazione farmacologica.”

Obiezione di coscienza, business per cliniche private

dati aborto obiezione di coscienzaE siamo al secondo aspetto vergognoso. Purtroppo c’è anche da aggiungere che ancora una volta la salute si trasforma in un business. Infatti, molte donne finiscono per rivolgersi a strutture private, pure paradossalmente convenzionate. Dove magari, dietro un costo medio di 1400 euro, gli stessi medici che fanno gli obiettori nelle strutture pubbliche, operano poi gli aborti nelle strutture private. Questa cartina ci mostra la geografia dell’obiezione di coscienza. Purtroppo, come sempre, i dati peggiori spettano al Centro Sud. Ma nel Nord Est non manca qualche eccezione negativa. Il trend è comunque disarmante ovunque. Solo in Valle d’Aosta – non a caso regione ibrida – si supera a malapena il 15%.

Obiezione di coscienza contro aborto in Europa

obiezione di coscienza abortoIn Gran Bretagna, per esempio, si verifica l’opposto di quanto succede in Italia. Qui l’obiezione raggiunge circa il 10 per cento e a seguito di un recente rapporto parlamentare la British Medical Association ha denunciato che sono proprio gli obiettori di coscienza, in prevalente minoranza, a essere discriminati rispetto ai colleghi che si prestano a eseguire interruzioni di gravidanza, andando incontro a vessazioni e negate possibilità di carriera. In Europa poi ci sono Paesi in cui l’obiezione di coscienza e quindi la possibilità di astenersi dall’esecuzione di un aborto non è riconosciuta dalla legge. In Svezia i medici obiettori non esistono: la legislazione semplicemente non contempla in generale nelle strutture pubbliche la scelta di rifiutarsi, per motivi etici o religiosi, di assistere una donna che abbia scelto un’interruzione di gravidanza o di prestare un servizio previsto dalla legge, e i sanitari che lo fanno rischiano il licenziamento. Lo stesso vale in Finlandia, dove l’obiezione di coscienza non è riconosciuta dal sistema sanitario e dalla normativa. Ci sono poi stati come Norvegia e Germania (in cui la percentuale di obiettori è circa del 6 per cento) che permettono alle strutture sanitarie di valutare tra i requisiti per le assunzioni di personale medico anche la volontà o meno di eseguire o partecipare a pratiche di aborto.

Attualmente, secondo dati diffusi da una ricerca inglese pubblicata sul portale BioMed Central, 21 stati membri dell’Unione Europea garantiscono l’obiezione di coscienza per legge, ma la percentuale e l’applicazione varia da Paese a Paese. Il “Libro bianco sull’obiezione di coscienza e il rifiuto di fornire assistenza riproduttiva” stilato nel 2014 dal network internazionale di medici Global doctor for choice, metteva a confronto i dati di Paesi che riguardano gli anni dal 1998 al 2013. Dal report l’Italia, con il suo 70 per cento di ginecologi obiettori e il 50 per cento di anestesisti, risultava già qualche anno fa fanalino di coda in Europa, seconda solo al Portogallo, che registra l’80 per cento di obiettori ginecologi che rifiutano di praticare l’aborto. In Spagna, come in Italia, i medici devono dichiarare di essere obiettori e l’obiezione è molto radicata, ma gli aborti sono delegati per la maggior parte a cliniche private convenzionate, esonerando così le strutture pubbliche dal problema. In Austria invece, dove la legge non costringe nessuno a eseguire aborti, non tutte le regioni dispongono dei servizi per l’interruzione di gravidanza e si assiste al fenomeno della migrazione interna da parte delle donne. Le cose sembrano andare meglio in Francia, dove gli obiettori sono il 3 per cento e i medici che si rifiutano di fornire il servizio sono obbligati comunque a prestare assistenza indirizzando i pazienti verso colleghi non obiettori.

Obiezione di coscienza contro aborto nel resto del mondo

aborto obiettori di coscienzaLo stesso accade in Argentina, dove la percentuale di obiettori in ostetricia e ginecologia supera il 75 per cento, ma la maggior parte dei sanitari dovrebbe essere disponibile a intervenire in caso di gravi anomalie del feto, di rischi per la vita della madre e di stupro o incesto. Anche in Canada un medico non può rifiutarsi di assistere una paziente a causa dell’obiezione di coscienza, ma è richiesto ugualmente l’intervento oppure di indirizzare il paziente ad altri colleghi. La vita per le donne che vogliono abortire non è facile nemmeno negli Stati Uniti, dove secondo uno studio universitario, su due terzi di personale medico che assiste agli aborti, solo un terzo è disposto a praticarlo. In ogni stato sono state approvate clausole per la regolamentazione dell’aborto che permettono ai medici di scegliere di fornire o meno il servizio, e la legge federale tutela i sanitari che non vogliono eseguire interruzioni di gravidanza, che possono presentare reclami se si sentono discriminati.

Eseguire aborti nelle fasi finali della gestazione è vietato in 43 stati Usa salvo in caso di rischio per la salute della donna, e per le minorenni in 38 stati è obbligatorio il consenso dei genitori. La pressione di attivisti antiabortisti e movimenti pro-life si è fatta sentire negli anni, e oggi sempre più stati cercano di adottare misure restrittive alla legge per le interruzioni di gravidanza, come è già accaduto in 27 di essi, provocando la chiusura di molte cliniche. Il presidente Barack Obama ha cercato di introdurre un nuovo corso con la sua riforma sanitaria cercando di dare un taglio all’obiezione di coscienza a favore della tutela dei diritti della donna, attirando su di sé le ire di vescovi e organizzazioni religiose, ma in Usa l’obiezione di coscienza è ancora ampiamente diffusa, soprattutto negli stati più conservatori.

BLITZ DELLA POLIZIA DURANTE UN ABORTO A NAPOLI…CONSIDERAZIONI

Come combattere obiezione di coscienza contro aborto

In un convegno organizzato recentemente da Laiga – Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194/78 – sono state individuate alcune proposte per garantire il diritto delle pazienti in applicazione a quanto previsto dalla legge. Per esempio, il professionista che richiede lo status di obiettore di coscienza non dovrebbe lavorare nei reparti in cui si praticano aborti. E ancora, il 50 per cento dei posti nei concorsi pubblici dovrebbe essere riservato a medici non obiettori, e ci dovrebbe essere almeno una struttura per provincia attrezzata per eseguire aborti volontari e terapeutici. Un’altra soluzione sarebbe anche l’istituzione di un albo pubblico per ogni ospedale, in cui vengano riportati i dati relativi all’obiezione di coscienza.

“Solo in questo modo si potrebbe garantire la trasparenza, perché molti obiettori si vergognano di esserlo, invece la loro posizione dovrebbe essere pubblica – chiarisce la presidentessa Silvana Agatone. – Le nostre proposte non sarebbero difficili da attuare, quello che manca è la volontà politica”.

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2 Risposte a “Aborto, obiezione di coscienza in strutture pubbliche vergognosa per due motivi”

  1. L’obiezione di coscienza è prevista, giustamente, dalla legge 194, e per questo non solo non è vergognosa, ma è vergognoso il negarla.
    Per quanto riguarda il concorso per medici non obiettori, si chiede che questi tali non possano cambiare idea. In altre parole, si chiede un annullamento della libertà individuale, che contraddistingue l’uomo dall’animale.
    In terzo luogo, mi risulta che non manchino medici non obiettori in altre strutture, e l’Ordine dei medici ha chiesto che vengano messe in atto procedure di mobilità, come accade in ogni servizio pubblico (ci sono insegnanti che devono andare dal sud al nord Italia, o viceversa, per esempio). Ma fare un concorso medico per le idee che uno ha (e non per la professione medica), mi pare assurdo. Si ritorna al giuramento del fascio per i dipendenti pubblici?

  2. Le leggi sono oggettive, regolamentano la procedura su una certa materia. Se c’è la legge sull’aborto lo stato deve garantire che si possa effettuare, non interessano i motivi per cui qualcuno richiede la procedura, ma soltanto che la procedura (protocollo) venga rispettata. Secondo me, l’ordine dei medici, nel caso che un concorso sia per la richiesta di personale che non sia obiettore di coscienza, non può contestare il concorso stesso quando i medici in servizio risultano obiettori. Se mi serve un autista chiedo un autista, non un panettiere. Nel caso in questione servivano medici non obiettori, per cui sono stati richiesti medici non obiettori. Inutile che si generalizzi un concorso per poi trovarsi con altri due medici obiettori di coscienza. Se tutti sono obiettori l’aborto chi lo pratica la paziente da sola? In alternativa si tolga la legge. ma visto che la legge lo stato deve garantire il servizio indipendentemente da quelle che sono le convinzioni personali.

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