La crisi della Finlandia è la prova definitiva del fallimento dell’Euro

I numeri e il paragone con la Svezia dicono altro: dal 2008 il Pil è crollato del 6% mentre Stoccolma ha fatto segnare un aumento dell’8%
‘Di amore non si muore” canta il grande Massimo Ranieri, nella celebre canzone ”Rose rosse”. Ma di Euro, probabilmente sì. Fino a quando tra i Paesi europei aderenti alla moneta unica, a patire la crisi sono stati i Paesi dell’area mediterranea, la cantilena che ci hanno inculcato è che la colpa fosse esclusivamente loro. Perché questi Stati hanno troppi dipendenti statali, non hanno fatto le riforme giuste, perché c’è troppa evasione fiscale, perché c’è troppa gente che non ha voglia di lavorare. Sarà anche vero, ma cosa dicono i soloni dell’economia e i perfettini paesi nordeuropei quando la crisi colpisce anche uno di loro? Uno Stato dove i servizi pubblici funzionano alla perfezione, dove tutti lavorano, dove ognuno paga le tasse. Già, perché anche la Finlandia è malata di austerity e di Euro.

LA CRISI DELLA FINLANDIA VISTA DA AUTOREVOLI ANALISTI – La Finlandia è l’unico dei tre Paesi Scandinavi ad aver aderito all’Euro. Peraltro fin da subito (primo gennaio 1999), abbandonando la propria moneta: il marco finlandese. Ed è l’unico dei tre a crescere poco, ad essere in crisi da quattro anni. A luglio il New York Times ha scritto: “La Finlandia è l’esempio perfetto del perché l’euro non funziona”.  Mentre il Telegraph un mese fa ha titolato: “L’ultimo atto d’accusa contro l’unione monetaria”. Ancora, in due post di maggio e giugno, il Nobel Paul Krugman ha scritto sul suo blog: “Il progetto della moneta unica era viziato fin dall’inizio e creerà nuove crisi, anche se in qualche modo l’Europa riuscisse a superare questa”.
PER IL WSJ NON E’ COLPA DELL’EURO– Il Pil della Finlandia è del 6% circa inferiore al 2008, la disoccupazione veleggia ormai attorno al 10% (era al 6) e un quarto del sistema industriale è passato a miglior vita. per il Wall street journal non è colpa dell’Euro ma di tre fattori principali: la crisi della Nokia, principale esportatore del Paese, finito nelle mani di Microsoft; il crollo della domanda di carta (settore fondamentale dell’export finlandese); le sanzioni alla vicina Russia. Paragonandola così ad altri paesi, che sono usciti dalla recessione, come Irlanda e Spagna.
IL PARAGONE IMBARAZZANTE CON LA VICINA SVEZIA – Ma ”la cartina di tornasole” va ricercata nel confronto con la vicina Svezia: fino al 2008 le economie delle due nazioni sono cresciute più o meno in modo simile, poi sono crollate come il resto del Mondo dopo la crisi finanziaria negli Usa, e da lì si salutano. Oggi a Stoccolma il Pil è dell’8% superiore a quello del 2008: fa una differenza di 20 punti percentuali coi cugini. La Svezia, però, non ha l’euro: tra il 2008 e il 2009 ha lasciato svalutare la corona di circa il 20% restaurando per questa via la sua competitività.
Inoltre, la stessa storia finlandese dice che il Paese ebbe la capacità di reagire in modo relativamente rapido a una crisi ancora più grave, quella di inizio anni Novanta seguita al crollo dell’Urss: come ha documentato sul suo blog nel 2014 l’economista Alberto Bagnai, all’epoca Helsinki si sganciò dallo Sme, svalutò di oltre il 25% e fece una politica fiscale aggressiva (da un surplus del 5% a un deficit del 6%) che oggi le è negata dal Patto di Stabilità Ue. La competitività fu ristabilita e il Pil crebbe a un ritmo del 4,5% l’anno fino al 2000.
Nella migliore delle ipotesi, insomma, l’euro impedisce agli Stati che lo adottano di riprendersi da uno choc esterno, nella peggiore li inguaia distruggendo i conti con l’estero (il debito privato in Finlandia ha sfondato il 200% del Pil).
CHI GOVERNA LA FINLANDIA – La Finlandia è governata da diversi anni da coalizioni di destra europeista, che hanno sempre fatto i compiti assegnatigli dalla maestra severa tedesca. Attualmente si sono spostati ancora più a destra, guidati come sono da un imprenditore, Juha Sipilae, che pur di guidare il Paese ha imbarcato anche gli euroscettici xenofobi di Perussuomalaiset (”veri finlandesi”). Il quale per uscire dalla crisi punterebbe allo smantellamento del welfare state finlandese, sostituendolo con un “reddito di cittadinanza”, o sopravvivenza, di 800 euro mensili. Che in Italia sembrerebbero tanti, ma per i finlandesi significherebbe una riduzione delle garanzie sociali.

Inoltre, il governo in carica ha calendarizzato per il prossimo anno un dibattito parlamentare sull’opportunità di restare o meno dall’Euro. E se comincia a pensarci su il ligio Paese finnico (solo 5 milioni di abitanti, quanto la sola Campania), allora vuol dire che qualcosa nell’Euro davvero non va…
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

2 Risposte a “La crisi della Finlandia è la prova definitiva del fallimento dell’Euro”

  1. angela deve essere meno invadente e cominciare a pensare al suo paese. maestre come lei non servono ne all'Europa e nemmeno all'Italia.

  2. Tutto l'articolo è orientato su una posizione anti-Euro ma nel testo scrivi che la Finlandia ha sostanzialmente obbedito alla Merkel ma allora il problema è l'Euro o la politica della Merkel?

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