CRISTIAN D’ALESSANDRO, IL NAPOLETANO ARRESTATO PER DIFENDERE L’ARTICO

ARRESTATO DALLE AUTORITA’ RUSSE IL 19 SETTEMBRE INSIEME AD ALTRI ATTIVISTI DI GREENPEACE per UN blitz di protesta contro una piattaforma di Gazprom. RISCHIA 15 ANNI DI CARCERE
Come scritto in un precedente post, l’Artico è sottoposto sempre più a militarizzazioni da parte delle superpotenze che vogliono prelevare petrolio approfittando dello scioglimento dei ghiacciai. Un fenomeno catastrofico che loro, proprio per prelevare greggio, fomentano anziché mitigare. Ma c’è chi non ci sta, come l’Organizzazione ambientalista Greenpeace, da anni in prima fila in giro per il Mondo contro le ingiustizie ambientali subite dal nostro Pianeta. Che si tratti di animali, oceani, fiumi, ghiacciai, e qualsivoglia figlio indifeso di Madre Natura. Purtroppo però il 19 settembre scorso 28 militanti di Greenpeace e due giornalisti sono stati arrestati dalle autorità russe per aver tentato di il blitz di protesta contro una piattaforma di Gazprom nell’Artico. Rischiano 15 anni di carcere. Tra loro c’è anche un napoletano: Cristian D’Alessandro.

RICORSO RESPINTO –  Il tribunale regionale di Murmansk, la città portuale dove è stata dirottata l’Artic Sunrise, ha respinto il ricorso dell’attivista italiano di Greenpeace Cristian D’Alessandro: resterà in custodia in carcere fino al 24 novembre con l’accusa di pirateria.   “Così come per gli altri casi esaminati finora, anche per Cristian il ricorso è stato respinto. Rimane per tutti l’accusa di pirateria, secondo l’articolo 227 del codice penale russo”, precisano gli avvocati dell’associazione ambientalista. “Gli attivisti rischiano fino a 15 anni di detenzione”. Non sono bastate neanche le parole di Vladimir Putin, quando ha detto che “è evidente che non si tratta di un pirata”
Intanto, sono quasi 2 milioni le firme per chiedere alle autorità russe il loro rilascio. Le diplomazie di vari Paesi si stanno muovendo, al Quirinale sono giunte già oltre 100 mila firme di sostegno all’appello della madre di Cristian perché l’Italia intervenga.
UN’INGIUSTIZIA –  In un articolo su Novaja Gazeta (il giornale dove lavorava la giornalista Anna Politkovskaja), si prova a smontare l’accusa e a spiegare gli interessi dietro la misura. Artemij Troitskj, giornalista musicale ma anche membro del direttivo di Greenpeace Russia, spiega cosa secondo lui è accaduto. In primo luogo, sostiene che l’organizzazione non ha violato la legge internazionale che impone di rimanere a 500 metri di distanza dalle piattaforme petrolifere. “La Russia ha stabilito unilateralmente un limite di tre miglia per le sue installazioni, ma la Arctic Sunrise non ha violato nemmeno questa norma”, scrive Troitskj.
Sulla nave, insiste il giornalista, non c’era nessuna arma né poteva esserci. “Le perquisizioni in corso non serviranno a trovare nulla, se non qualcosa portata dai poliziotti stessi”, avverte Troitskj.In più, la piattaforma di Gazprom non si trova nelle acque territoriali della Russia, ma nella “zona economica esclusiva”. Questo significa che solo Mosca può trivellarvi e svolgervi attività economica.“Ma l’azione di Greenpeace era forse un’attività economica? In questo campo la propaganda dello Stato non si risparmia: quelli di Greenpeace non sono degli ecologisti idealisti, ma degli agenti della concorrenza occidentale che cercano di cacciare le nostre aziende dall’Artico”, riferisce Troitskj.
Il giornalista sostiene che gli attivisti si siano avvicinati alla piattaforma di Gazprom su dei gommoni. “È come una puntura di zanzara per un dinosauro. I discorsi sul fatto che “avrebbero potuto arrecare danni” alla struttura sono ridicoli. Se invece si parlasse di danni morali e d’immagine, allora è vero che anche la puntura di una zanzara può essere fatale. Ma in questo caso i nostri dinosauri se la devono prendere solo con sé stessi”.

LA MOBILITAZIONE – Per Cristian si è interessata anche l’Eni, che ha chiesto alla Gazprom di impegnarsi affinché il ragazzo (e gli altri arrestati) fossero liberati. Ma la società ha affermato che non dipende da loro, bensì dalle autorità russe. Anche la Shell ha fatto lo stesso, mentre domenica Albano e Romina, in tour a Mosca dove sono amatissimi, pure hanno fatto un appello in tale direzione.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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