GOLFO DEL MESSICO, LA NUOVA VITTIMA DELL’ORO NERO

Ennesimo disastro ambientale provocato dal petrolio. A seguito dell’esplosione della piattaforma “Deep Water Horizon” sita nel Golfo del Messico, di proprietà della società petrolifera britannica “Bp”, avvenuta una decina di giorni fa (23 aprile scorso), si stanno riversando in acqua 8oo mila litri al giorno di greggio (5000 barili), che hanno formato una chiazza nera dalle dimensioni spaventose pari ad oltre 70 mila chilometri quadrati di estensione, e oltre un km e mezzo di profondità.
Tale macchia nera sta interessando ben 4 Stati americani: Florida, Alabama, Mississippi e Louisiana; con quest’ultimo che sembra destinato ad essere il più danneggiato, poiché basa la propria economia sul settore ittico (soprattutto nella cittadina di Venice), oltre poi per la presenza, come del resto in tutto il Golfo del Messico, di diverse specie faunistiche molto rare, soprattutto uccelli.
In particolare in Louisiana molto proficuo è il commercio di tonno, che contribuisce per un terzo a quello del pesce commercializzato in tutti gli Stati Uniti, un business da tre miliardi di dollari l’anno, e di fatti alcuni hanno già avviato una causa collettiva citando in giudizio Bp e Transocean (l’operatore che gestisce la piattaforma saltata in aria), a cui hanno chiesto cinque milioni di dollari di risarcimento, oltre ad altri indennizzi. Il Governatore della Louisiana Bob Jindal (che potrebbe essere il futuro principale concorrente di Obama alle prossime elezioni presidenziali) ha dichiarato lo stato di emergenza (come del resto hanno fatto gli altri tre Stati colpiti) e ha chiesto la mobilitazione di seimila militari della Guardia nazionale; per l’occasione, sono stati addestrati anche detenuti la cui manodopera dovrebbe servire a limitare i danni sulle coste.
In Louisiana è ancora vivo lo spettro dei danni causati dall’uragano Katrina, con l’allora amministrazione Bush che poco fece per aiutare lo Stato in emergenza (soprattutto la devastata città di New Orleans); un po’ come adesso si è mossa tardi l’amministrazione Obama.
Discutibile anche la scelta di ridurre il petrolio incendiandolo, poiché così l’oro nero finirà in parte solidificato sul fondale, e in parte disperso nell’aria sotto forma di fumo; quindi si andrà a danneggiare il fondale, ma anche ad inquinare l’aria, già divenuta irrespirabile da quelle parti.
Intanto la Casa Bianca, il cui “titolare” Barack Obama ha ottenuto molti consensi proprio per le sue promesse di una maggiore attenzione verso l’ambiente, con un maggiore investimento nella “green economy”, ha annunciato che non verranno autorizzate trivellazioni petrolifere off-shore in nuove aree fino a una valutazione del disastro nel Golfo del Messico. Meno male direi. Visto che i suoi sostenitori ambientalisti erano rimasti molto delusi dall’annuncio di Obama di volere l’avvio di nuove piattaforme petrolifere nonché un nuovo investimento nell’energia nucleare.
D’altronde, il disastro consumatosi nel Golfo del Messico, che pare poter interessare anche l’Oceano Atlantico, è il peggiore causato dall’oro nero, avendo superato infatti anche il disastro del 1989 provocato dalla Exxon Valdes in Alaska; con conseguenze che dureranno per decenni.

Inutile ribadire la necessità di investire maggiormente nelle energie rinnovabili e pulite. Il petrolio è una risorsa energetica ormai superata, il cui uso poteva essere opportuno e giustificato solo durante le fasi più prospere della grande industria, quando i macchinari producevano quantità infinite di prodotti che venivano poi “assorbite” dal mercato, e quindi richiedevano grosse quantità di energia per funzionare. Ma in una società come quella di oggi, sempre più propensa ad un’economia “virtuale”, basata sui servizi e sulle new technology, il petrolio resta un vezzo per poche multinazionali ancora intenzionate a specularci su, con ingenti danni per il nostro ecosistema, ormai sempre più compromesso. Le stesse automobili, principali consumatrici del “nettare nero” potrebbero funzionare con energia elettrica o solare; ma i prototipi giacciono da anni nei garage dei propri inventori.
Forse questa dura lezione servirà ad Obama per ricordare le promesse fatte in campagna elettorale. Ma si sa che tale disastro ambientale colpirà soprattutto le categorie più povere, quali, come detto, i pescatori della Louisiana. Oltre poi animali e vegetazione; quelle poche lasciate ancora in vita dall’essere umano.

(Fonti: http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=45929584http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201005articoli/54591girata.asphttp://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201004articoli/54580girata.asp)

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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