I FORCONI SONO DIVENTATI UNA FORCHETTA: SI SONO SPACCATI IN 3 PARTI

ALLA MANIFESTAZIONE DI MERCOLEDI’ HANNO ADERITO SOLO IN 3MILA. IL MOVIMENTO SI E’ GIA’ SPACCATO IN 3 PARTI
E alla fine i Forconi si sono trasformati in una forchetta. Dovevano bloccare l’Italia per settimane e confluire in massa a Roma come fece qualcuno quasi un secolo fa. Ma gli è andata male. A parte qualche disagio al traffico qua e là, la loro operazione non ha proferito altre sortite, mentre la manifestazione indetta per mercoledì scorso nella Capitale in quella che è la Piazza della protesta per antonomasia – Piazza del popolo – è stata un flop. Motivo? Il movimento si è spaccato già in tre parti. Del resto in Italia siamo bravi a dividerci e forse anche per questo non cambiamo mai niente. E forse, non siamo più in grado di manifestare come si deve, anestetizzati come siamo da anni di Tv e ora da internet.

LA MANIFESTAZIONE, TRA CORI ANTI-EURO E PRO-PAPA FRANCESCO – In Piazza ci sono neofascisti, ultras, disoccupati, agricoltori, imprenditori in crisi, pensionati. Ma rispetto alle previsioni è un flop per l’ala dei forconi più radicali, quelli del coordinamento 9 dicembre di Danilo Calvani, il leader maximo di Latina che qualche giorno fa arrivò in Jaguar. «Ma quale flop, per noi è un successo», ribatte prima di salire sul camioncino trasformato in palco.
La colpa è anche dei guasti ai treni, sostiene Calvani, che hanno bloccato migliaia di persone in arrivo a Roma. Un complotto? Per la pancia della piazza sì. Attorniato da una scorta fatta di militanti attenti e alcuni vestiti con la mimetica, Calvani si fa largo tra la folla che lo acclama come un vero condottiero.
«Abbiamo una classe dirigente di corrotti, parassiti, delinquenti, noi siamo molto meglio di loro», è il violento attacco di Calvani dal palco. Poi smorza i toni e chiama in causa niente di meno che il Papa: «Permettetemi di fare gli auguri al nostro Papa Francesco». E la folla scoppia in un lungo applauso e lancia un coro liberatorio: «Uno di noi, Francesco uno di noi». Ma il salvatore del popolo italiano venuto da Latina frena. «I veri violenti stanno a pochi metri da qui, stiamo calmi, oggi è una manifestazione pacifica (…) I veri infiltrati sono loro: Letta, Formigoni, Bindi», e come un mantra il coro dei manifestanti: «tutti a casa».
Quando Calvani scende dal palco, continuano gli interventi, ma la star è lui. Inseguito dai giornalisti, che cercano di farsi spazio tra chi lo protegge, ripete gli obiettivi del movimento: «La protesta va avanti, il presidio di piazzale dei Partigiani continuerà, e dopo le feste la lotta sarà ancora più dura. Non molliamo, devono andare tutti a casa questi politici».
Dal palco gli interventi si ripetono con slogan sempre uguali: fuori dall’Euro, sovranità monetaria, giornalisti falsi, tutti a casa. Parlano tutti, soprattutto imprenditori agricoli, commercianti e cittadini senza lavoro. Senza un ordine preciso.
CASAPOUND CRITICA – Sul palco vorrebbe salire chiunque. Ognuno vuole dire la sua. Una disorganizzazione che irrita i dirigenti di Casa Pound che non condivide l’andazzo della piazza. Tanto che a un certo punto si stacca e i suoi militanti si piazzano al lato della piazza creando una voragine al centro. E mentre in tanti ritornano verso casa, e si raccolgono gli striscioni, i militanti di Casa Pound formano un gruppetto di cento persone con lo striscione “Alcuni italiani non si arrendono” e le bandiere tricolore.
«E’ mancata l’organizzazione oggi», dice a “l’Espresso” Simone Di Stefano, vicepresidente di Casa Pound, condannato tre giorni fa per il furto della bandiera europea in segno di protesta contro le politiche dell’Unione. «Noi volevamo esserci, e dimostrare che non sarebbe volata una mosca, ed eccoci qui, ora ritorniamo in maniera ordinata a Casa Pound», prosegue Di Stefano, che aggiunge: «Purtroppo è mancata una piattaforma di rivendicazioni serie da proporre. Dal palco hanno parlato in maniera confusa, e ognuno ha detto un po’ quello che voleva».
Insomma Casa Pound boccia il leader Calvani. E l’organizzazione della giornata di protesta di piazza del Popolo. I “fascisti del terzo millennio” lasciano così la piazza, ordinati, come un piccolo esercito deluso. Pochi passi più in là, invece, un militante del movimento di Calvani, mostra una microspia ad alcuni cronisti e allo stesso leader: «l’abbiamo trovata stamattina nel presidio di piazzale dei partigiani». L’ultima scintilla di una giornata non troppo brillante per i forconi 2.0 che vogliono liberare l’Italia «dal cappio dell’Euro».
GLI ALTRI 2 LEADER SI DISTACCANO DA CALVANI – Grandi assenti, dunque, gli altri 2 leader dei Forconi: il siciliano Mariano Ferro e il veneto Luciano Chiavegato. I due hanno firmato tanto di documento per non parteciparvi. E Ferro lancia anche un segnale al governo: “Se ha delle soluzioni ce le dia. Credo che non ce ne siano, ma non voglio dare adito a Letta per fargli dire che siamo solo dei facinorosi. Voglio sedermi col governo, poi si decide. E se non ha soluzioni, allora non c’è nessun motivo per restare”, ha spiegato nel pomeriggio ribadendo che “sarà meglio evitare la manifestazione di mercoledì prossimo a Roma: c’è il rischio di infiltrazioni e l’aria che si respira nella capitale è diventata pesante”..
Ferro ha riferito anche di essere stato “contattato dal sottosegretario ai Lavori Pubblici, Rocco Girlanda. Ma finora non gli ho mai parlato. In merito alla spaccatura con Danilo Calvani, ha commentato: “C’è divergenza. Se pensa che io voglia fondare un partito è fuori strada. Temiamo che possano esserci degli ‘infiltrati’ – ha sottolineato Ferro – e che la manifestazione da pacifica si trasformi in qualcosa di lontano dalle nostre intenzioni. Siamo convinti da quello che sta accadendo nelle ultime ore che organizzazioni trasversali potrebbero creare disordini. Noi – ha ribadito il leader siciliano – non possiamo rischiare di farci coinvolgere in situazioni simili e anche un presidio potrebbe essere una miccia pericolosa. C’è una destra in questo Paese che vorrebbe strumentalizzare la protesta e noi non possiamo permetterlo né alla destra né alla sinistra. Non vogliamo essere coinvolti da chi cerca lo scontro con la polizia – ha concluso Mariano Ferro – abbiamo deciso di non venire a Roma?, tira una brutta aria. Ciò non vuol dire tirarsi indietro ma volevamo portare in piazza le famiglie, ma non c’è il clima giusto”.
La protesta è appena cominciata ma…è già finita, a quanto pare. Il Comitato 9 dicembre si è dato appuntamento al 7 gennaio. Ora deve pensare a passare le festività natalizie.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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