MENTRE IL MINISTRO BRAY FA LE GITE, CROLLA ANCHE LA REGGIA DI CASERTA

OLTRE A POMPEI, ANCHE LA REGGIA DI CASERTA COMINCIA A PERDERE PEZZI. IL SUO CV E’ DI CHIARA IMPRONTA POLITICA
La pioggia copiosa di qualche giorno fa ha fatto cadere l’ennesimo pezzo di Pompei. Una sorta di benvenuto al nuovo Ambasciatore Emanuele Filiberto. Ma questa, purtroppo ormai non è più una notizia. Lo è invece la chiusura del parco della Reggia di Caserta, mentre il Palazzo reale voluto da Carlo di Borbone nel 1765 è mortificato da impalcature e calcinacci. Le promesse del Ministro della cultura Massimo Bray, durante alcuni blitz nelle vesti di semplice turista, sono rimaste tali. Un galoppino di D’Alema beneficiario di varie prebende politiche.

LA REGGIA DI CASERTA TRA CROLLI E SQUALLORE – Dopo il cedimento in ottobre di un fregio ornamentale da un soffitto interno, due domeniche una forte raffica ha spalancato uno dei finestroni nella Sala Ellittica della reggia, rovesciando all’interno tutto il materiale sedimentatosi negli anni sul davanzale: pietre, detriti, qualche calcinaccio. Un imprevisto che ha immediatamente costretto la soprintendente Paola Raffaella David a chiudere l’area al pubblico. Una beffa se si considera che in questo mese si celebra il “Presepe borbonico” del diciottesimo secolo, custodito nella sala. Un colpo che si aggiunge al già forte calo di visite del 2013, che ha toccato l’apice la scorsa Pasqua con oltre il trenta per cento di turisti in meno.
Ma nella Reggia non è soltanto il marmo a scricchiolare. L’assenza di una manutenzione ordinaria al monumento che va avanti ormai da anni per mancanza fondi, non risparmia nemmeno il parco, “chiuso fino a data da destinarsi”, come si legge anche negli avvisi sul sito ufficiale. La tempesta di domenica ha infatti recato danni ingenti agli oltre 130 ettari di bosco monumentale del palazzo, arrivando, secondo fonti interne, a sradicare addirittura 50 alberi,  molti dei quali secolari.
Eppure lo scorso giugno il ministro Massimo Bray, che aveva già visitato la Reggia di Caserta proprio all’indomani della sua investitura, aveva annunciato un decreto (convertito in legge ad ottobre) per la nascita della Soprintendenza di Napoli e Caserta, il polo musale per le residenze borboniche, che comprende anche il Museo di Capodimonte e altri spettacolari siti reali.
Oltre ai crolli, nella Reggia bisogna fare i conti anche con lo squallore generale in cui versa.
LE PROMESSE DEL MINISTRO – Nuovi fondi (si è parlato di oltre 90 milioni di euro) e nuovi progetti, tutti rivolti al restauro e alla manutenzione di questi monumenti (gran parte di questi rivolti proprio a Caserta). Ma al momento non si è mosso nulla ancora. Bray con le parole è bravo e bada molto all’immagine. Lo si è visto più volte apparire in qualche sito culturale nei panni di semplice turista in bicicletta. Non solo a Caserta, ma anche a Pompei e nel Parco dei templi di Agrigento. Però a parte le gite, ha fatto poc’altro.
UN CURRICULUM AMBIGUO – Chi è Massimo Bray? Nato a Lecce nel 1959, ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia nel 1984. Nel 1991 entra nell’Istituto della Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, come redattore responsabile della sezione di Storia moderna e nel 1994 ne diviene direttore editoriale.
Come e perché sia stato reclutato in veste di storico dalla Treccani, non è dato sapere. La biografia ufficiale nel sito del governo è avara di dati concreti, mentre largheggia in fronzoli. Non si capisce, per esempio, se sia laureato nel ramo storico o abbia approfondito la materia in studi successivi, così da giustificare l’assunzione. Neanche si afferra cosa abbia combinato dalla laurea nell’84 al primo impiego nel ’91. La biografia parla per questi sette anni di «un itinerario da borsista», espressione mondan-turistica che evoca l’immagine di un chierico vagante per le strade d’Europa. Secondo il sito, ha usufruito di borse di studio a Napoli, Venezia, Parigi e Simancas. Per cosa e conto di chi è un mistero.
Le borse di studio, che si sappia, si ottengono da università, Cnr e simili istituzioni culturali. Chi le ha date a Bray per consentirgli di trotterellare a lungo prima di guadagnarsi da vivere con un normale lavoro? Ha per caso messo a frutto le ricerche con libri, saggi, articoli? Vattelapesca. Solo il soggiorno a Simancas, villaggio castigliano di tremila abitanti, ci dà una traccia. Costà ha sede, infatti, l’Archivio di Stato spagnolo che, ovviamente, ha attinenza con la Storia.
Massimo è tuttora dipendente della Treccani, dove ha collaborato alla digitalizzazione delle enciclopedie treccanesche. Quale sia stato, in quest’ambito, il suo reale contributo è, al solito, indecifrabile. Secondo la nota scheda, «ha seguito l’apertura al web con grande entusiasmo». Significa che ha materialmente fatto qualcosa o si è limitato a gridolini e salti di gioia? Vai a saperlo.
ALTRI INCARICHI AVUTI DAL DUO D’ALEMA-AMATO – Si è invece dimesso da un’altra curiosa prebenda ottenuta grazie al milieu pugliese di D’Alema: la presidenza de «La Notte della Taranta», fondazione che organizza nella Grecìa salentina un danaroso Festival di musica popolare, dedicato – nientemeno – che al recupero della pizzica. A dargli l’incarico anni fa furono i cacicchi locali di Baffino – Sergio Blasi e Salvatore Capone -, gli stessi che in febbraio lo hanno catapultato in Parlamento, per poi farlo Ministro.
Alla Treccani il forse storico ha frequentato Giuliano Amato, che presiedeva l’Istituto fino a una settimana fa quando è passato alla Consulta. Amato era anche socio della fondazione di D’Alema, Italianieuropei. Così, con la doppia protezione di Max e Giuliano, Massimo è diventato anche direttore dell’omonima rivista. Poi, come una ciliegia tira l’altra, Lucia Annunziata – che avendo in D’Alema il proprio faro, pensava di fargli cosa grata – ha offerto a Bray una rubrica sull’Huffington Post, il giornale digitale, affiliato alla catena dell’Espresso debenedettiano, che dirige. Collaborazione che Massimo ha proseguito imperterrito dopo la nomina ai Beni Culturali. Quindi, oggi abbiamo un ministro schierato con un gruppo editoriale e, se non scrive gratis, a libro paga del medesimo.
Quando questo Paese dalle inestimabili risorse culturali avrà un Ministro dei beni culturali all’altezza? Forse mai, perché sarebbe scomodo e incontrollabile.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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