Dopo Irma ecco Norma e Maria: perché uragani hanno nomi femminili

I cambiamenti climatici stanno facendo sentire i propri effetti sempre con maggiore violenza. Soprattutto ai Paesi che affacciano sugli oceani, alle prese con alluvioni ed uragani di potenza di volta in volta più pericolosa. A dimostrazione che gli allarmi lanciati negli anni ‘80, quando si cominciò a parlare di buco nell’ozono e di ambiente minacciato dall’inquinamento, erano fondati. Lo scioglimento dei ghiacciai fu la prima conseguenza tangibile e si parlava di orso bianco in pericolo. Poi via via il futuro è diventato presente. E forse è troppo tardi. Sebbene sia anche vero che l’innalzamento delle temperature sia anche un normale processo naturale e l’inquinamento, per quanto faccia male all’organismo umano, incida relativamente.

In questi giorni gli Stati Uniti hanno fatto i conti con l’ennesimo uragano di una certa portata: Irma. Che ha causato 22 vittime e 50 miliardi di dollari di danni, specie in Florida. Irma va così ad affiancarsi ad altri uragani spaventosi degli ultimi anni. In tanti ricordiamo Katrina del 2005, mentre Emily che ha preceduto di qualche settimana Irma, non ha provocato vittime. Facendo una precisazione terminologica, la parola uragano viene usata per riferirsi ai cicloni tropicali che si verificano nelle zone dei Caraibi, degli Stati Uniti e dell’Australia. Per i fenomeni che si registrano tra l’oceano Indiano e il Mar Cinese si usa il termine tifoni. Ma ciò che incuriosisce soprattutto a livello terminologico è il perché questi fenomeni abbiano sempre nomi femminili. Lo scopriamo di seguito.

Perché uragani hanno nomi femminili: inizialmente non era così

uragani nomi donnaCome riporta Freemedia, per un secolo e mezzo la scelta della nomenclatura è stata caratterizzata da “razzismo e sessismo, preferenze personali e vendette”. Inizialmente si prendeva l’ispirazione dai nomi di luoghi particolari, mogli, fidanzate e personaggi politici non amati. O del santo patrono del giorno in cui si presentava l’uragano – come fecero gli abitanti dei Caraibi con San Filipe the First e San Filipe the Second, due cicloni che si abbatterono su Porto Rico rispettivamente nel 1876 e nel 1928. Poi, con la Seconda Guerra Mondiale le cose cambiano. Si opta per nomi più corti e facili da comunicare via radio. L’utilizzo dell’alfabeto greco, che era la proposta di fine diciannovesimo secolo del meteorologo Clement Wragge, viene quindi presa in considerazione. Ma dura poco tempo.

Negli anni ’50, si definisce un primo sistema di nomenclature per le tempeste dell’Atlantico, che usa i nomi dell’alfabeto fonetico britannico e americano della Seconda Guerra Mondiale: Able, Baker, Charlie, Dog, Easy, e così via. Ma finisce per generare confusione: erano termini comunemente utilizzati per fare lo spelling di parole e per comporre i numeri di identificazione degli aerei.

Perchè uragani hanno nomi donna: quando è iniziato il fenomeno

Nella stagione del 1953, dunque, il National Hurricane Center decide di utilizzare esclusivamente nomi femminili di lingua inglese. Ma perché associare agli uragani i nomi femminili? Una motivazione chiara ancora non c’è, ma un articolo del New York Times riporta diverse possibili spiegazioni. Senz’altro, un ruolo fondamentale ha avuto la tradizione di molte culture – americana compresa – di riferirsi al mare in termini femminili. E di dare nomi di donna alle navi. Poi, viene citata l’eventualità che una certa influenza l’abbia avuta Storm, un libro di George R. Stewart, particolarmente popolare al tempo. La vicenda narrata è quella della distruzione dovuta a un terribile uragano dal nome femminile: Maria. In ultimo, un’altra tesi altrettanto probabile è quella per cui i nomi fossero un omaggio che i meteorologi facevano alle proprie compagne.

In ogni caso, questa tendenza è durata fino a quando, negli anni ’70, le donne hanno fatto il loro ingresso nella meteorologia. E hanno cominciato a mettere in luce questo comportamento sessista. Perché la scelta di usare soltanto nomi femminili ha inaugurato un modo di riferirsi a questi fenomeni – alimentato dai meteorologi del tempo, per la maggior parte uomini – con molti cliché sessisti sulle donne. Gli uragani si trovavano dunque a “flirtare con la costa” o avere un comportamento “lunatico ed instabile”. Tenace combattente di questa battaglia è stata Roxcy Bolton, femminista e attivista per i diritti della donne, morta a maggio di quest’anno.

Perché uragani hanno nomi femminili: la svolta del 1978

La posizione di Bolton è molto chiara. E forte di questa convinzione, ha sostenuto le campagne grazie alle quali nel 1978 si è deciso di includere anche nomi maschili nel sistema del National Hurricane Center. L’anno successivo, il secondo uragano è stato chiamato Bob. Una vera conquista se si pensa che in molti protestarono, sostenendo che un nome di un uomo non avrebbe intimorito abbastanza le persone. Di recente, ad esempio, abbiamo sentito parlare di Isaac, nel 2012, e Matthew, nel 2016.

Perché uragani hanno nomi femminili: un fatto controproducente

Al di là di mere questioni sessiste, dare nomi femminili agli uragani è comunque controproducente. Secondo recenti studi infatti, gli stereotipi di genere inducono le persone a sottovalutare la minaccia dei cicloni che hanno un nome di donna. Addirittura, un team di ricercatori è arrivato a scrivere, nella rivista dell’Accademia americana delle scienze Pnas, che “a quanto pare, gli uragani con un nome femminile causano più morti perché vengono percepiti come meno pericolosi” e di conseguenza, ci si prepara più superficialmente al loro arrivo. Il sessismo c’entra ancora dunque, anche se ci sono detti popolari che dipingono la donna come un pericolo. Si pensi al detto “donna al volante, pericolo costante”. Oppure “Se dici donna, dici danno”.

Intanto arrivano Norma e Maria

Neanche il tempo di contare i danni dell’uragano Irma, che ecco arrivarne un altro. Sempre dal nome femminile. Trattasi di Norma. Come riporta l’Ansa, la tempesta tropicale Norma si è rafforzata ed è ora un uragano sull’oceano Pacifico, mentre si muove su un itinerario che dovrebbe portarlo verso lo stato messicano della Bassa California del sud entro la giornata di oggi. Il Centro nazionale uragani (Nhc) statunitense afferma che l’occhio di Norma è ora a circa 435 km a sud della località di Cabo San Lucas; l’uragano ha venti che soffiano a 120 km orari e si sposta verso nord-nordovest a 4 km all’ora.

Ma non solo. Come riporta Il Corriere della sera,il National Hurricane Center del Noaa americano ha già emesso un preavviso uragano per l’arrivo di Maria tra lunedì sera e martedì mattina (ora italiana) per le isole Vergini, St. Kitts, Nevis, Saba, Anguilla, Barbuda, Guadalupa, St. Martin, solo di tempesta tropicale per le Piccole Antille. La tempesta Maria è seguita dal Noaa già da una decina di giorni, da quando si è formata al largo delle coste africane di Capo Verde mentre gli Stati Uniti erano colpiti dall’uragano Irma

Dietro Maria, si sta formando un’altra perturbazione potenzialmente pericolosa, che è stata chiamata Lee. Al momento si trova ancora nel mezzo dell’oceano. Mentre più a nord l’uragano Jose non dovrebbe rappresentare un problema per le coste atlantiche americane, che potrebbero essere interessate solo marginalmente.

 

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