Quando a perseguitare sono i buddisti: cosa fanno in Birmania alla minoranza musulmana

IL PAESE PER MEZZO SECOLO E’ STATO VITTIMA DI SOPRUSI DA PARTE DEI CINESI, COME IL TIBET. MA TRATTA ALLO STESSO MODO L’ETNIA rohingya
Il prossimo novembre si svolgeranno in Birmania le prime elezioni democratiche, dopo che per mezzo secolo il Paese asiatico è stato vittima della dittatura comunista filo-cinese fino al 2011. Un po’ quanto avviene anche in altri Stati, come il Tibet. Le elezioni sono una vittoria del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, che ha vissuto per decenni in esilio. Ma la cui candidatura è impedita da una norma costituzionale, la 59F, che i generali birmani cucirono su misura della loro acerrima oppositrice quando diedero alla luce la carta nel 2008: il comma esclude infatti la candidatura per quanti hanno mariti o figli stranieri, come, appunto, Aung San Suu Kyi, la cui famiglia è di cittadinanza britannica. Ma a parte ciò, nella pacifica Birmania si sta consumando un’altra, più grave ingiustizia: le persecuzioni nei confronti della minoranza etnica musulmana dei rohingya.

UN AUTENTICO APARTHEID –  Sittwe, la capitale dello Stato di Rakhine del Myanmar, ex Birmania, è divisa in due. Da un lato la popolazione della maggioranza etnica rakhine gode di piena libertà: può viaggiare dove vuole, sposarsi, lavorare e andare in qualsiasi cerimonia religiosa. Dall’altro lato però, quasi 150 mila musulmani dell’etnia rohingya non sono riconosciuti tra le 134 etnie che ufficialmente compongono il paese, vivono stipati in una dozzina di campi e sono privati dei loro diritti fondamentali: non possono lasciare il paese, è necessario un permesso speciale per sposarsi, le nascite sono controllate, e non hanno nessuna fonte di reddito.
Questa differenza è dovuta all’”Apartheid” che ha imposto il governo birmano dopo l’esplosione di violenza del 28 maggio 2012, racconta il quotidiano El Pais. Quel giorno, secondo la versione ufficiale che è stata smentita da diversi testimoni, tre uomini rohingya hanno violentato e ucciso una giovane buddista, lasciando il suo corpo in strada. Il buddismo è la  religione che professa l’89% dei 55 milioni di birmani. Per vendetta dieci musulmani sono stati picchiati a morte. Migliaia di case sono state ridotte in cenere, e oltre 200 persone sono state uccise in scontri che hanno scatenato il conflitto, che contrappone buddisti e musulmani a prescindere dal gruppo etnico di appartenenza.
LE INGIUSTIZIE NEI CONFRONTI DEI MUSULMANI – Ashin Wirathu, monaco buddista, leader spirituale del movimento anti-islamico in Birmania ha detto che è deciso a fare una pulizia etnica, e il presidente della Birmania Thein Sein, ha detto di essere d’accordo. Questo scontro sta minacciando di destabilizzare il paese in un momento estremamente delicato, la Birmania infatti si prepara alle prime elezioni democratiche dal 1990. Il  conflitto risale al periodo coloniale britannico, quando i rohingya sono arrivati in Birmania, impiegati dalle forze delle Indie orientali. Oggi questo gruppo ammonta a 700 mila persone su 3,8 milioni di abitanti dello Stato: sono considerati fondamentalisti violenti e si vorrebbe restituirli al Bangladesh.
Aungmingalar, un quartiere centrale di Sittwe, è diventato un ghetto per i rohingya: ci vivono circa 4 mila persone, la situazione è ancora più disperata, l’unico modo per uscire dal quartiere è corrompendo i militare, che però chiedono cifre esorbitanti. La situazione è disperata, ci sono piccole cliniche a cui gli sfollati si rivolgono, ma non ci sono i farmaci, le donne che partoriscono non hanno assistenza medica e i neonati non hanno vestiti. Nessuno cura gli anziani, bacini con urina e vomito sono sparsi sul terreno, molti sacchi di siero sono appesi in ganci arrugginiti. Le infrastrutture sono come quelle di un campo di concentramento, e i medici, tutti di etnia rivale (rakhine), non sembrano molto interessati a fare il loro lavoro e questo sta provocando un genocidio silenzioso. In questo scenario, non è sorprendente che la tratta di esseri umani sia diventata l’unica attività nei campi di sfollati.
La situazione in Birmania è davvero preoccupante, per questo le ong avvertono che l’arrivo della stagione delle piogge può causare epidemie per le quali le autorità non sono preparate, e pensano che se la comunità internazionale non viene coinvolta, la tragedia umanitaria continuerà.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

2 Risposte a “Quando a perseguitare sono i buddisti: cosa fanno in Birmania alla minoranza musulmana”

  1. Interessante se religioni diverse si distruggono a vicenda! Forse non c'è più spazio per tutte? Agli storici l'ardua sentenza.

  2. In fondo le religioni sono tutte uguali. Il loro denominatore comune è rappresentato dal "fanatico". Non a caso il termine viene da "fanum" che significa "tempio". Il fanatico è dunque semplicemente "il fedele". Di questa o quella religione, non ha importanza.

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