Revenant, oltre Di Caprio c’è poco di più: trama e recensione

FILM DEL REGISTA MESSICANO ALEJANDRO INARRITU, CHE SI DISCOSTA MOLTO DALLA SUA FILMOGRAFIA
Che anche il messicano Alejandro Inarritu sia rimasto inghiottito dal cinema genuflesso alle ragioni commerciali? Speriamo proprio di no e che questo film sia solo una parentesi nella sua filmografia fino ad oggi toccante, umile, minimalista, interiore, anteposta alla pomposità di Hollywood. Si pensi a Biutiful o Bird, tanto per citarne due. Già, perchè Revenant ha tutte quelle caratteristiche tipiche del cinema sfarzoso americano: piacione, compiacente, narcisista.

TRAMA – Scritto dallo stesso Iñárritu e da Mark L. Smith, Revenant si basa sull’omonimo romanzo del 2003 ed è parzialmente ispirato alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento. Nel film Glass è interpretato da Leonardo Di Caprio, nella sua più difficile e riuscita interpretazione. L’attore si misura con prove fisiche estreme, ben trasposte da mimiche facciali e sguardi intensi dipinti dai suoi occhi color ghiaccio. Quel ghiaccio che sfida per tutto il film, tra indiani che cercano di difendere il proprio territorio, compagni di spedizione traditori e animali selvatici.
Proprio uno di questi, un orso, lo ridurrà inerte e quasi privo di vita. Mentre l’avido John Fitzgerald, interpretato dal magistrale Tom Hardy, cercherà di sbarazzarsi di lui tradendo la promessa di vegliare sul suo corpo fino all’ultimo respiro. Fitzgerald arriverà ad uccidere il figlio Hawk metà indiano che Glass porta sempre con sé e ciò darà la forza a quest’ultimo di rialzarsi.

RECENSIONE – A parte la succitata magistrale interpretazione di Di Caprio, la potenza delle immagini della natura e le inquadrature mobili che permettono allo spettatore di entrare appieno nella prospettiva dei protagonisti (due scene sono particolarmente straordinarie: lo scontro indiani-cacciatori di pelli e la fuga di Glass nella cascata), del film si può salvare poco altro. La prima ora è toccante e credibile, ma dalla morte di Hawke in poi è una costante caduta verso l’inverosimilità, con il protagonista che le passa di tutti i colori ma resta sempre in piedi. Fino al finale che è il colpo decisivo inflitto a quanti, come me, si sono recati al cinema sperando in un capolavoro. 
5,0 / 5
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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