TERREMOTO AL CENTRO-NORD, ANCHE LA VAL PADANA DAL 2003 E’ ZONA SISMICA

I VARI EVENTI SISMICI, INTENSIFICATISI NEGLI ULTIMI MESI, FANNO RIENTRARE DI DIRITTO ANCHE QUELL’ARIA TRA LE ZONE A RISCHIO
Fino a qualche anno fa la Val Padana non era considerata una zona sismica. Certo in passato vi erano stati fenomeni, anche di una certa intensità sebbene molto remoti; ma negli ultimi anni, specie con la tragedia di qualche giorno fa, i sismologhi annoverano anche il Centro-Nord come area a rischio medio-basso.
A dirlo in un’intervista al Corriere della sera il sismologo Massimo Cocco, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Riportiamola di seguito.


IL PERCHE’ DEL SISMA – È il frutto dello scontro tra le placche della crosta terrestre, l’africana contro quella europea. Questo in generale. In particolare è la conseguenza della compressione tra nord e sud che si crea fra le due zolle del pianeta. La spinta degli Appennini, al di sopra della microplacca Adriatica, ieri ha prodotto una faglia lunga una quarantina di chilometri tagliando la Val Padana tra est e ovest, fra Ferrara e Modena, scuotendola vigorosamente. Nell’arco della giornata si è registrato oltre un centinaio di sismi di varia magnitudo ma alcuni con livelli tra 4 e 5 della scala Richter, quindi rilevanti e in grado provocare seri danni, disastri e purtroppo vittime.
La compressione fra le due placche che ha generato la faglia deve liberare l’energia accumulata. E questo può avvenire in tre maniere. La prima in un breve arco di ore, come sembra stia avvenendo in questo caso, con movimenti tellurici di media intensità superiori al quinto grado della scala Richter; la seconda con piccoli sismi che si distribuiscono in qualche giorno; il terzo modo è invece un rilascio di energia lento e lieve al punto da non fare nemmeno sussultare i pennini dei sismografi e quindi nessuno se ne accorge. I geofisici non possono sapere che cosa sia realmente accaduto nel sottosuolo e come le rocce, nella loro diversa natura, reagiranno alle pressioni.
VAL PADANA ZONA SISMICA – Fino al 2003, quando si è compilata l’ultima carta del pericolo sismico, non era nemmeno considerata. Non essendo stati fino ad allora raccolti dati strumentali non era classificata e quindi giudicata a bassa sismicità. Altrettanto successe a San Giuliano di Puglia. Ma gli eventi accaduti hanno costretto a una revisione ponendola all’improvviso nella classifica del pericolo nella terza categoria; vale a dire medio-bassa. L’Aquila, per fare un confronto, è in prima categoria. Negli anni precedenti si erano verificati episodi consistenti. Ad esempio il terremoto di Cento (5.4 della scala Richter) nel 1987 e di Rovigo (4.7) del 2011. Nei mesi più recenti i fenomeni si sono intensificati scuotendo l’intera regione. Dal gennaio 2012 la zona appenninica di Reggio Emilia e Parma venne colpita da terremoti di magnitudo 4.9 e 5.4, a distanza di pochissimi giorni. I due sismi di gennaio, pur avvenuti a profondità molto diverse (30 e 60 km) rispetto ai 6-8 km di quelli di ieri, sono anch’essi legati ai movimenti della stessa «microplacca adriatica», che negli ultimi tempi ha avuto un’attività piuttosto intensa.
GLI EPISODI DEL PASSATO – Nessuna sorpresa, sottolineano i geofisici. Tutto rientrava nel quadro conosciuto del territorio e anche un sisma lievemente superiore al passato, intorno a 6 gradi della scala Richter, era ritenuto nella norma, prevedibile. Ed è quello che è accaduto. Storicamente il caso più violento di cui si abbia traccia risale al 1570 riguardante un terremoto a Ferrara con una magnitudo di 5.5 della scala Richter. Un altro evento studiato di recente è quello avvenuto nel 1639 con epicentro nei pressi di Finale Emilia dove produsse danni analoghi a quelli di ieri. Gli effetti, poi, dipendono anche dalla profondità dell’ipocentro del sisma e più sono superficiali più si fanno sentire. Quelli di ieri erano tutti inferiori ai dieci chilometri di profondità e infatti le onde si sono trasmesse rapidamente in modo ampio facendo scattare i sismometri nell’intera Italia settentrionale, dal Friuli, al Trentino, alla Liguria, e verso Sud, fino all’Italia centrale. C’è da aggiungere che la Pianura Padana è ricoperta da uno spesso strato di sedimenti e questo tipo di suolo genera degli effetti di amplificazione che si distribuiscono nel territorio.
QUELLO CHE PUO’ SUCCEDERE – La Pianura Padana è prevedibile che continuerà a sussultare come ha fatto negli ultimi tempi. E quindi terremoti intorno al quinto grado della scala Richter è verosimile che possano ancora verificarsi. Troppo spesso dimentichiamo che viviamo in un Paese altamente sismico. Ora i sismologi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia compiranno una campagna di indagini nell’area coinvolta e installeranno nuove apparecchiature per analizzare più in dettaglio i movimenti che il suolo manifesterà al fine di approfondirne la conoscenza e di decifrare meglio eventuali comportamenti.
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

0 Risposte a “TERREMOTO AL CENTRO-NORD, ANCHE LA VAL PADANA DAL 2003 E’ ZONA SISMICA”

  1. ormai le placche si stanno spostando sempre di più, le catastrofi peggiori sono in arrivo… si salvi chi può!Optimus

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