Muro di Berlino: motivi del crollo e conseguenze

Trent’anni fa accadeva l’evento destinato a cambiare le sorti politico-economiche del Mondo: la caduta del Muro di Berlino. Tale avvenimento segna la tappa fondamentale di quel processo basato sulla distensione sul piano dei rapporti internazionali tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica, da ormai trent’anni in piena Guerra Fredda.
Un conflitto definito in tale modo poiché due blocchi contrapposti, capeggiati rispettivamente da queste due grandi potenze militari, divisi convenzionalmente secondo la loro posizione geografica, in Ovest (USA, Paesi NATO ed altri Stati filo-americani non membri della NATO) ed Est (URSS, Paesi firmatari del Patto di Varsavia e altri stati filo-sovietici non rientranti in quest’ultimo), diedero vita ad una tensione basata non su una guerra disputata in modo convenzionale, ossia con le armi, ma a colpi di conquiste geografiche, appoggi militari a piccoli Stati impegnati in conflitti qua e là nel Globo, acquisizioni o produzioni di armi sofisticate e ad alto potenziale distruttivo, nonché ricerche [sta_anchor id=”muro”]scientifiche[/sta_anchor].

Crollo Muro di Berlino motivi

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La svolta che favorì la distensione e il crollo del muro di Berlino è stata individuata da molti storici e politologi nella nomina a Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), di Mikail Gorbaciov, l’11 marzo del 1985, succeduto ad un altro storico Segretario, Leonid Brežnev, il quale durante il suo incarico, portò l’Impero Sovietico alla stagnazione economica e ad aspri rapporti con gli USA.
Gorbaciov, infatti, durante il suo mandato, avviò alcune riforme che portarono lentamente l’Impero sovietico alla sua democratizzazione (ciò gli valse il premio Nobel per la pace nel 1990); riforme riguardanti sia il sistema economico che mediatico.
Altro duro colpo al regime fu la crescente spinta nazionalista ed indipendentista di alcuni Stati federali facenti parte dell’Impero Sovietico, i quali presero coraggio nel contrastare, almeno politicamente, lo Stato centrista; iniziarono l’Estonia, la Lituania e la Lettonia, poi l’Ucraina, la Georgia e l’Azerbaijan.
Un accenno va però dedicato anche a ciò che accadde durante gli anni ’80, alla parte convenzionalmente ritenuta avversa agli URSS, ossia gli Stati Uniti D’America.
Nella prima metà degli anni ’80, guardando chi era alla guida rispettiva dei due Paesi, nessuno forse avrebbe scommesso sul disgelo tra USA e URSS. Se infatti quest’ultimo era guidato da Brežnev, un conservatore che come detto portò il Paese alla stagnazione economica e all’inasprimento dei rapporti con gli americani, nel primo le elezioni presidenziali del 1981 furono vinte dall’ex attore Ronald Reagan, repubblicano, dalle idee antistataliste e liberiste (e quindi è facile immaginare quanto lontane da quelle sovietiche).
Quando Regan entrò in carica, gli USA versavano in un momento economico difficilissimo, Egli così decise di mettere in pratica le teorie liberiste in cui credeva (tra cui la “curva di Laffer”, nonché seguendo la scia di ciò che in Gran Bretagna stava facendo il Primo Ministro liberista Margaret Thatcher), convinto che le tasse americane fossero troppo alte, e una loro diminuzione avrebbe portato ad una crescita delle entrate e a maggiori investimenti, con un effetto benefico per l’economia.
Comunque, la diminuzione delle tasse aumentò i consumi, e contribuì ad invertire la congiuntura economica, e dal 1982 al 1990, gli USA conobbero un periodo di crescita economica ininterrotto. Il tutto facilitato dal conflitto tra Iran e Iraq, che scatenò una sorta di crisi petrolifera alla rovescia, poiché le due nazioni cominciarono a svendere sempre più oro nero per finanziare la propria guerra.
Per quanto riguarda la politica estera (che ci riguarda più da vicino ai fini del ragionamento condotto in quest’opera), Reagan inizialmente inasprì fortemente i rapporti con l’Unione Sovietica, da lui definita, nel 1983, come “Impero del Male”; anche con altre potenze europee i rapporti non erano certo facili, in virtù del modo unilaterale da lui scelto per agire nelle questioni internazionali. Di contro, migliorarono molto i rapporti con la Cina, un alleato che Reagan ritenne strategico nella Guerra Fredda contro i sovietici.
Tuttavia, i rapporti con l’URSS migliorarono dopo la nomina di Gorbaciov a Premier, più aperto come detto al mercato e ai rapporti internazionali. Reagan è anche ritenuto il principale fautore della svolta epocale costituita dalla fine del Regime sovietico.

Muro di Berlino perché fu costruito

berlino foto

Chissà quanto di vero ci sia in ciò; certo è che senza una forte volontà al cambiamento, interna alla stessa URSS, le cose difficilmente sarebbero cambiate. E’ un po’ come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina.
E’ comunque parere diffuso che l’inizio della fine del Regime Sovietico sia da attribuire al crollo del muro di Berlino, avvenuto il 9 novembre 1989. Prima di parlare della sua fine, è giusto descriverne l’origine.
Innanzitutto, bisogna dire che il muro fu costruito per impedire la fuga di persone dalla Germania Est comunista. La Germania, infatti, in seguito al Congresso di Yalta poco prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, fu divisa in 4 aree amministrate dai Paesi ritenuti vincitori della guerra, che così potevano rivalersi sulla Germania ritenuta principale responsabile del conflitto, sotto la guida nazista: Unione Sovietica, Stati Uniti d’America, Regno Unito e Francia (il primo controllava tutta la Germania Est, gli altri la Germania Ovest).
Il settore sovietico di Berlino era però di gran lunga il più esteso, e occupava la maggior parte della metà orientale della città, tant’è che Berlino Ovest (amministrata appunto da USA, Francia e Regno Unito) era in effetti completamente circondata dalla zona destinata ai sovietici.
Inizialmente però, le persone site su territorio tedesco potevano circolare liberamente da una zona all’altra; tuttavia, man mano che la Guerra Fredda entrava nel vivo, ma soprattutto in virtù di un’emigrazione di massa dalla Germania Est a quella Ovest (quest’ultima più ricca e prospera della prima), la Repubblica democratica tedesca (in sintesi, la Germania Est), innalzò una barriera di filo spinato per dividere anche fisicamente la città di Berlino in due parti, nella notte tra il 12 e il 13 agosto del ’61; ma già dal 15 agosto cominciò a prendere forma un vero e proprio muro di cemento e pietra.
Negli anni seguirono costruzioni sempre più imponenti, fino ad arrivare al 1975, anno in cui oltre al muro vi erano recinzioni, trincee anticarro, oltre 300 torri di guardia con cecchini armati, trenta bunker e una strada illuminata per il pattugliamento lunga 177Km.

Come avvenne il crollo del Muro di Berlino

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La vera svolta politica che mise in discussione il muro, non fu la politica interna ed internazionale di Gorbaciov bensì fu un altro avvenimento: il 23 agosto 1989, l‘Ungheria rimosse le sue restrizioni al confine con l’Austria, e ciò permise nel mese successivo a ben 13.000 tedeschi dell’Est, di scappare
attraverso l’Ungheria, e agli occhi del Mondo, la Germania Est non poteva più nascondere l’insofferenza del suo popolo.
Ma la vera goccia che fece traboccare il vaso, nell’autunno seguente, fu un errore di comunicazione da parte del Governo della Repubblica democratica tedesca, nel concedere permessi per viaggiare nella Germania dell’Ovest; di fatti, alle persone fu detto di poter raggiungere l’altra parte del muro, senza che però i vertici stessi specificassero ancora le restrizioni, le eccezioni, e soprattutto, preparassero al tutto le guardie messe di piantone nei pressi del muro. Così, decine di migliaia di berlinesi dell’Est, avendo visto l’annuncio di Schabowski, Ministro della Propaganda, in diretta alla televisione, si precipitarono inondando i checkpoint e chiedendo di entrare in Berlino Ovest.
Le guardie di confine, sorprese, iniziarono a tempestare di telefonate i loro superiori, ma era ormai chiaro che non era più possibile rimandare indietro tale enorme folla vista la mancanza di equipaggiamenti atti a sedare un movimento di tali proporzioni; così si videro costrette ad aprire i checkpoint e far passare i berlinesi dell’Est, che in festa, si abbracciarono con quelli dell’Ovest. Siamo nel 9 novembre 1989, che di fatto, è considerata la data che sancisce il crollo del muro di Berlino.
Il muro fu dapprima lentamente fatto a pezzi dai Berlinesi stessi e dagli stranieri accorsi lì per portarsi a casa un pezzo di souvenir storico, nei giorni e settimane successive a quell’episodio. Ma ufficialmente il suo abbattimento iniziò il 13 giugno 1990, anche se non è stato abbattuto del tutto, utilizzando alcune parti come luoghi turistici e di memoria.

Crollo Muro di Berlino conseguenze

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La Germania fu ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990 (divenuto di fatto il “Giorno della riunificazione”), quando i cinque stati federali (Brandeburgo, Meclenburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia), già esistenti nella Repubblica Democratica Tedesca ma aboliti e trasformati in Province, si ricostituirono e aderirono formalmente alla Repubblica Federale di Germania (Germania Ovest). Dal momento in cui i nuovi cinque Länder entrarono nella Repubblica Federale, l’area di applicazione del Grundgesetz (Legge fondamentale, l’equivalente tedesco della nostra Costituzione) fu semplicemente ampliata ad essi includendoli.
Il crollo del Muro ebbe un significato non solo fondamentale per la storia politica, culturale, sociale ed economica della Germania, che così poteva ritornare unita e libera dopo quarant’anni di divisione e oppressione comunista (almeno nella parte Est, che di fatto, al momento della riunificazione, si mostrò più arretrata economicamente della parte Ovest), ma anche un significato non certo positivo, come invece fu per la Germania, per la stessa Unione Sovietica, poiché in questo modo, perdeva un simbolo di grande prestigio ed influenza sul piano dei rapporti internazionali.
Ai fini della dissoluzione dell’URSS, oltre ai fatti di politica estera ed economica prima menzionati, ad essere decisivi furono ovviamente i fatti di politica interna; in particolare, un uomo politico su tutti: Boris Eltsin.
La sua carriera politica interna al PCUS è stata caratterizzata dagli scontri con l’ala conservatrice del partito, essendo lui un fervente sostenitore dell’ala radicale riformatrice; la sua linea ferma e intransigente gli permise di diventare deputato al Congresso del popolo della Federazione nel marzo 1990, e il 29 maggio dello stesso anno divenne Presidente del Parlamento; nominato poi, il 12 giugno del 1991, Presidente della Federazione russa, eletto a suffragio universale con il 57% dei voti.
Nonostante la sua contrapposizione con Gorbaciov, paradossalmente, fu egli stesso determinante nella difesa della figura di quest’ultimo, nei giorni del tentato colpo di stato del 19-21 agosto 1991, quando si schierò apertamente contro i conservatori golpisti, e chiese il ritorno di Gorbaciov, prigioniero nella sua dacia in Crimea da 3 giorni. L’episodio però fu utilizzato da Eltsin per sottolineare la debolezza della figura di Gorbaciov23 (che infatti si dimise a fine dicembre ’91), e la necessità di porre fine all’Unione Sovietica, nonché aumentare i consensi in proprio favore.
L’8 dicembre 1991, i Presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono a Belavezha il trattato che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico, e di fatto, la nascita della Comunità degli Stati Indipendenti, cui aderirono altri 8 Stati dell’ex URSS il 21 dicembre dello stesso anno; mentre la Georgia (Stato che si era proclamato indipendente nell’aprile di quell’anno), solo nel ’94. In realtà, la CSI, vista da molti come speranza per un futuro di pace, nonché di prosperità socio-economica per gli stessi Paesi membri (i quali, dopo il crollo della “maschera” dell’URSS, si erano rivelati allo sguardo dell’opinione pubblica in una situazione molto critica da quel punto di vista), mostrò invece la sua debolezza politica, nonché un sostanziale controllo ed ingerenza della Russia nei confronti degli stati ex membri dell’URSS.
Insomma, da questo punto di vista non c’era stata alcuna svolta.
Del resto, oltre alle difficoltà economiche prima accennate, l’iniziale allentamento di un controllo politico-militare forte a livello centrale, aveva disvelato i vari conflitti etnici tra le popolazioni occupanti quei vastissimi territori collocati tra Europa e Asia: basti pensare alle guerre civili in Georgia, Moldavia, Tagikistan, nella regione del Caucaso, al conflitto tra Armenia e l’Azerbaigian, e forse il più aspro e noto di tutti, al conflitto russo-ceceno.
Il crollo dell’URSS ebbe un effetto domino sugli altri regimi comunisti dell’Est europeo. Ad anticipare il crollo dell’URSS, ci pensarono gli altri Paesi comunisti del Patto di Varsavia, ossia quel trattato elaborato dal Segretario generale sovietico Nikita Krushev.

Paesi dell’est oggi

polonia foto

Il primo Paese a rovesciare i comunisti al potere, fu forse quello più travagliato dalle dittature nel corso del ‘900, avendo subito le oppressioni sia naziste, che comuniste: la Polonia; poi toccò all’Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria
Diverso il rovesciamento del regime comunista in Romania, dove Ceausescu, al potere dal 1965, riusciva ancora in quegli anni, a mantenere un certo controllo sul popolo. Poi, il 25 dicembre sempre dell’89, dopo una rivolta popolare in seguito all’arresto di un vescovo, il dittatore e sua moglie furono consegnati dalla polizia all’esercito, e dopo un processo sommario durato meno di un’ora da parte di un tribunale militare improvvisato, la coppia fu condannata a morte e fucilata, da altrettanti improvvisati esecutori.
Tragica fu anche la rivolta in Albania, dove il regime comunista svelò tutti i limiti e i problemi socioeconomici albanesi, tant’è che tra il ’90 e il ’91, e successivamente nel ’97, seguitarono emigrazioni di massa verso l’Italia (in Puglia, ricorderete i barconi carichi di disperati), e la vicina Grecia.
Ultimo atto importante del crollo dell’URSS fu lo scioglimento del Patto di Varsavia; con il rovesciamento dei regimi comunisti in tutti i suoi Stati membri, il Patto di Varsavia non aveva più ragion d’essere. Di fatto, il 1º luglio 1991, ne fu firmato a Praga il protocollo ufficiale di scioglimento, e, come segno dei tempi che cambiavano, alcuni anni dopo, ossia il 12 marzo 1999, alcuni ex membri del Patto di Varsavia aderirono alla NATO: Repubblica Ceca (ex Cecoslovacchia), Ungheria e Polonia, quelli che più di tutti, avevano sofferto la repressione sovietica.

Mondo migliore dopo crollo del Muro di Berlino?

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Con il crollo del Muro di Berlino, molti credevano che il Mondo avrebbe vissuto decenni e decenni di pace. Nei fatti, invece, è stato il contrario, visto che tale evento ha “scongelato” e fatto emergere i contrasti tra gli Stati prima subordinati sotto una stessa egemonia (come in Jugoslavia o URSS), oltre poi ad aver fatto perdere agli USA quel contrappeso che ne frenava le operazioni militari, ovvero l’URSS. Giusto per citare qualche conflitto: le due guerre in Iraq, nell’ex Jugoslavia, l’intifada tra Israele e Palestina, il conflitto in Afghanistan, in Cecenia…
Infine, da diversi sondaggi agli abitanti dell’ex Germania est e dalle ultime votazioni presidenziali in Germania, pare proprio che una parte dei tedeschi una volta subordinati all’ex URSS, quasi rimpiangono quegli anni. Stessa cosa dicasi per la Romania.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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