Censimento Rom, un’idea giusta attuata anche dalla sinistra

I media mainstream si abituino a leader politici che fanno o vogliono fare ciò che dicono in campagna elettorale. Ci sta provando Donald Trump con alterne fortune (dalla lotta all’immigrazione messicana e mediorientale ai dazi contro i prodotti asiatici fino alla rivisitazione degli accordi su clima e commercio con Ue e Canada). E ci sta provando anche Matteo Salvini, che dopo aver chiusi i porti alla nave Ong Aquarius, costringendo il resto d’Europa finalmente a prenderci sul serio, in queste ore ha posto l’accento su un altro cavallo di battaglia della sua campagna elettorale: la guerra ai campi rom.

Non ha ancora parlato di ruspe, bensì di censimento nei campi rom. Ossia capire chi c’è, cosa fanno. Lo aveva anticipato a Telelombardia, usando anche parole pesanti: “I rom italiani purtroppo dobbiamo tenerli”. La “ricognizione”, spiega il capo del Viminale, riguarderà di tutti i Rom per “vedere chi, come, quanti” sono. Un censimento al quale il Viminale sta iniziando a lavorare preparando un dossier. In pratica sarà una schedatura. Salvini aveva detto nel primo pomeriggio che “dopo Maroni non si è fatto più nulla ed è il caos“. Riferendosi al tentativo di 10 anni fa del suo predecessore al Ministero degli interni nonché compagno di partito. Poi fallito.

Contro questa eventualità c’è stata la solita levata di scudi della sinistra o di quello che ne resta. Nonché delle associazioni vicine al mondo nomade. Si parla di razzismo, si evoca quanto fatto dai nazisti contro gli ebrei. Nonché dai fascisti nel ‘38, preludio ai campi di sterminio. Ovviamente si esagera, un censimento rom sarebbe in fondo giusto, nonché già attuato dalla sinistra.

Censimento rom, Salvini smorza i toni

Dopo la boutade della mattina a Telelombardia, Salvini ha comunque abbassato i toni nel tardo pomeriggio. Intervenendo per ribadire che con il premier c’è “massima intesa” e che le prime azioni da fare sono altre:

“Questa del censimento nei campi rom, non è una priorità, quella è la sicurezza, i migranti”, ha detto. “Ad ogni modo lavoreremo in futuro con i sindaci, sapendo che questo tipo di controlli esistono da anni, ovunque, portati avanti da amministrazioni di tutti i colori politici”.

Non solo, Salvini ha anche mediato sulle modalità di intervento che si prefigura:

“Vorrei sottolineare che non sono di carattere etnico: la razza non m’interessa. Nei campi possono vivere anche esquimesi, finlandesi, controllerei lo stesso che siano in regola, che portino i figli a scuola”. A chi gli ha fatto notare che il “censimento” non è nel contratto di governo, ha replicato: “Lo so anch’io. Ma credo che il rispetto del codice penale e civile da parte di tutti sia più importante del contratto di governo”.

Imbarazzato ancora una volta il Movimento cinque stelle, costretto sovente a rincorrere l’effervescenza del proprio alleato. Nelle scorse ore Luigi Di Maio si era limitato a dire: “Bene la smentita, sarebbe stato incostituzionale”. Oggi ha scelto la stessa strategia: il silenzio per tutto il giorno, poi il sostegno pubblico al passo indietro: “Non si possono fare i censimenti su base razziale”, ha detto stasera a Porta a porta.

Censimento rom, i precedenti a sinistra

Majorino

Ad attuare per primo un censimento rom è stato proprio il centrosinistra, nel Comune di Milano. Quel comune strappato miracolosamente al centrodestra, ma che Pisapia non esitò a governare talvolta col pugno di ferro. Come quando sgomberò alcuni centri sociali, o appunto, censì i campi rom nel 2012.

Come riporta Il Fatto quotidiano, nel merito gli ha risposto l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino:

“Salvini ci ha beccato: dice che nel 2012 anche noi a Milano facevamo il censimento dei Rom. Certo, per individuare i bambini presenti nei campi e farli andare a scuola. Cosa che continueremo a fare. Noi lo facevamo per fare rispettare le regole nelle aree autorizzate. Cosa su cui si deve sempre insistere con intransigenza. Il che non c’entra nulla con un censimento globale per schedare la popolazione rom su base etnica al di là di dove e come vivano le persone. Questo porta solo all’odio”.

Infatti, Salvini aveva proprio risposto a questa differenziazione tra destra e sinistra quando si prendono certi provvedimenti:

“Censimento dei rom e controllo dei soldi pubblici spesi. Se lo propone la sinistra va bene, se lo propongo io è razzismo. Io non mollo e vado dritto. Prima gli italiani e la loro sicurezza”.

Poi, sempre sui social network, ha rilanciato le foto della demolizione di una casa abusiva in un campo Sinti non autorizzato a Carmagnola (Torino): “Dalle parole ai fatti”, ha scritto. Quindi, si vede anche qualche ruspa. Quelle che ha orgogliosamente mostrato sulle sue proverbiali felpe dal 2014, quando è diventato segretario della Lega Nord.

Ma c’è anche un altro precedente a sinistra, quello di Pavia, dove la giunta con Sindaco del Partito democratico ha attuato un censimento su due campi rom. A ricordarlo è stato il Ministro delle politiche agricole Centinaio, sempre della Lega Nord. Al quale però gli ha risposto il senatore Pd Alan Ferrari, dell’ufficio di presidenza dem a Palazzo Madama:

Il ministro Centinaio è poco informato sulla sua città. A Pavia l’amministrazione comunale non fa alcun censimento periodico sui campi rom. Intanto i campi sono abitati da cittadini sinti, residenti nel Comune. E per organizzare al meglio i servizi sociali, vengono effettuate, con la loro attiva collaborazione, rilevazioni per aggiornare i domicili di residenza”.

Anche a Rimini c’è già stato un censimento dei campi rom. E la città che adoro è sempre a guida Partito democratico. Come riporta Buongiorno Rimini, il Comune ha applicato la massima secondo la quale prima di deliberare bisogna conoscere. E così ha mandato servizi sociali e vigili urbani (operatori e scorta) in via Islanda. Si legge nella delibera: “A seguito del censimento effettuato da operatori della Direzione Protezione Sociale, congiuntamente con la Polizia Municipale, in data 23 febbraio 2016 è emersa la situazione riportata nel grafico”.

Il censimento ha distinto gli attuali inquilini di via Islanda fra appartenenti all’etnia Sinti e cittadini di nazionalità rumena. Distinzione molto importante perché solo i Sinti hanno diritto alle casette nelle microaree, mentre i rumeni si dovranno accontentare di un intervento sociale di emergenza, destinato poi a chiudersi. Il Comune di Rimini – stando alle reazioni di quanti si sono scagliati contro Salvini – ha quindi discriminato, in senso oggettivo, fra due categorie di cittadini sulla base di un criterio etnico.

Bisogna poi riconoscere che il censimento del Comune di Rimini non è stato, per così dire, spannometrico, ma è entrato nel dettaglio.

“Delle 77 persone presenti, – si legge nella delibera – 61 risultavano residenti nel Comune di Rimini, mentre è interessante rilevare che delle restanti 16 non residenti, 3 risultavano residenti in altri comuni d’Italia mentre 13 erano privi di residenza anagrafica. Per quanto concerne i restanti dati che interessano i servizi sociali è opportuno precisare che il censimento ha rilevato la presenza di 23 minori, 5 anziani, 2 disabili, 10 persone con problemi di salute e 1 ex detenuto; il presente dato è stato utilizzato per ipotizzare e in alcuni casi realizzare percorsi di valutazione e presa in carico da parte dei servizi specialistici territoriali”.

Rom in Italia, quanti sono e dove vivono

rom

Quotidiano.net riporta i dati Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Associazione 21 luglio sono tra 120 e 180mila, 26mila dei quali vivono in emergenza abitativa in baraccopoli formali (insediamenti gestiti dalle amministrazioni locali) e informali (‘campi abusivi’) o nei centri di raccolta monoetnici.

Le baraccopoli formali sono 148, distribuite in 87 comuni di 16 regioni da Nord a Sud, per un totale di circa 16.400 abitanti, mentre 9.600 è il numero di presenze stimato all’interno di insediamenti informali. Dei rom e sinti residenti nelle baraccopoli formali si stima che il 43% abbia la cittadinanza italiana mentre sono 9.600 i rom originari dell’ex Jugoslavia di cui circa il 30% – pari a 3 mila – è a rischio apolidia. Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti vivono nell’86% dei casi cittadini di origine romena.

A vivere sulla propria pelle le tragiche conseguenze della segregazione abitativa sono molti minori, il 55% secondo le stime di Associazione 21 luglio “con gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica e sul loro percorso educativo e scolastico”. A incidere sui livelli di scolarizzazione contribuiscono in modo significativo sia le condizioni abitative sia la forte catena di vulnerabilità perpetrata dalle operazioni di sgombero forzato attuate in assenza delle garanzie procedurali previste dai diversi Comitati delle Nazioni Unite.

Associazione 21 luglio ha registrato in tutto il 2017 un totale di 230 operazioni: 96 nel Nord, 91 al Centro (di cui 33 nella città di Roma) e 43 nel Sud. Proprio Roma detiene il triste primato del maggior numero di insediamenti presenti, 17 in totale di cui 6 formali e 11 cosiddetti “tollerati”.

“Nella capitale – denuncia il rapporto – nonostante le aspettative create a fine 2016 con la Memoria di Giunta e il ‘Progetto di Inclusione Rom’ presentato dalla sindaca Raggi che aveva come obiettivo il graduale superamento dei ‘campi’ presenti all’interno della città, nel 2017 non è stato di fatto avviato alcun processo di inclusione”.

Il giudizio degli Enti internazionali ed europei di monitoraggio sui diritti umani appare impietoso: anche nel 2017 l’Italia ha continuato a essere il “Paese dei campi”, “perseverando nell’utilizzo di politiche discriminatorie e segreganti nei confronti delle popolazioni rom e sinti presenti sul territorio nazionale oltre che nelle persistenti operazioni di sgombero forzato“.

In effetti in Spagna e Francia rom e sinti sono molti di più, sebbene in Italia ci sia una maggiore percezione della loro presenza in quanto vivono nelle periferie e sono scarsamente integrati. Dedicandosi così spesso ad attività di accattonaggio o furti. Dunque visti come un problema. Ma l’emergenza casa riguarda anche i cittadini italiani stessi, con tanti nuovi poveri costretti a vivere in auto o in dormitori. Dunque si verifica la solita guerra tra poveri.

Perchè Censimento rom non è sbagliato

campi rom foto

A mio avviso, comunque, un censimento rom non è di per sé una idea sbagliata. Da quando esistono gli Stati-Nazione, ossia dal 1800, è impensabile che certe persone vivano ancora all’interno di confini nazionali senza sapere nulla di essi. Spesso senza documenti e controlli. Non a caso, sono tantissimi i bambini che non vanno a scuola, mentre gli adulti si ritrovano spesso a dedicarsi alla delinquenza o all’accattonaggio ai danni dei bambini stessi e delle donne per guadagnare. Infatti, il censimento del Comune di Milano aveva come obiettivo proprio quello di portare i bambini a scuola. Oltre che mettere in atto efficaci politiche di welfare.

Inoltre, i campi rom sono spesso utilizzati per smaltire rifiuti dando vita a dannosi rifiuti tossici. Per non parlare delle critiche condizioni sanitarie in cui vive chi vi è insediato.

Nel 2018 è assurdo che si viva ancora di nomadismo. Chi vuole essere apolide lo faccia pure. Ma si faccia registrare dallo Stato in cui vive in momentaneamente e non danneggi i minori. Costretti come sono a vivere tra topi, aria inquinata, privi di istruzione, a rubare o a chiedere l’elemosina. Viviamo in uno Stato di diritto, burocratizzato ed informatizzato. Chi invece non vuole combattere la clandestinità e l’accattonaggio ha già ottenuto la sua risposta elettorale di recente.

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