Il piccolo Charlie Gard è morto: quando la Giustizia decide vita o morte di una persona

Charlie Gard non ce l’ha fatta. La sua così giovane (avrebbe compiuto un anno il prossimo 4 agosto) e tormentata vita si è spenta definitivamente ieri. Dopo un lungo braccio di ferro tra i genitori che volevano tentare altre cure e la giustizia inglese che ha dato ragione ai medici che dallo scorso marzo volevano staccargli la spinga. Ma può la Giustizia decidere la vita o la morte di una persona? A quanto pare sì. Se in Italia ti obbligano a recarti in Svizzera se vuoi farla finita, perché magari affetto da un male incurabile che ti tiene tutto il giorno a letto senza possibilità neanche di esprimerti, nel Regno Unito, invece, decide che un bimbo di un anno debba morire. Nonostante il fatto che i genitori vogliano tentare altre cure. In entrambi i casi si parlerà di accanimento terapeutico, ma a decidere devono essere i malati o, dove essi non possono, i parenti più stretti. Riporto di seguito la triste storia di Charlie Gard

Di cosa era malato Charlie Gard

charlie gard

Come detto, Charlie Gard è nato il 4 agosto 2016, ma dopo un mese gli è stata diagnosticata la sindrome da deplezione mitocondriale. Cos’è la deplezione mitocondriale? Come riporta LaRepubblica, trattasi di una malattia molto rara e degenerativa che colpisce i geni causando un progressivo deperimento muscolare. Patologia di cui si conoscono solo 16 casi in tutto il mondo, bambini che sono destinati a perdere la vita. Non si tratta di una sola patologia, ma di un gruppo di malattie genetiche caratterizzate da una forte diminuzione del contenuto di Dna mitocondriale nelle cellule. I mitocondri sono gli organelli che forniscono alla cellula l’energia necessaria per il suo funzionamento.

La decisione molto discussa di medici ed Alta corte

charlie malattia

Come riporta Il Corriere della sera, Charlie a ottobre viene ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra, dove i macchinari lo tengono in vita. Il 3 marzo 2017 i medici lo dichiarano incurabile e vogliono «staccare la spina». Il giudice Nicholas Francis comincia ad analizzare il caso in un’udienza della divisione dell’High Court di Londra e, l’11 aprile, stabilisce che i medici possono interrompere il sostegno vitale. Il 3 maggio: i genitori di Charlie si rivolgono alla Corte d’Appello, che il 25 respinge l’istanza della famiglia. L’8 giugno i genitori di Charlie perdono anche davanti alla Corte Suprema, mentre è del 27 giugno la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di non intervenire.

Per Charlie si sono impegnati anche Trump e Papa Francesco

charlie

Siamo a luglio: il 3 Papa Francesco e il presidente degli Usa Donald Trump offrono un intervento. Il 7 luglio l’ospedale Great Ormond Street si rivolge all’Alta Corte. Il giudice Francis si dice aperto a esaminare «fatti nuovi», cioè la disponibilità dell’ospedale Bambin Gesù di Roma di curare Charlie: «ci sono evidenze» in laboratorio che il protocollo dell’ospedale italiano può funzionare, scrive l’ospedale in una lettera inviata ai colleghi inglesi. Il 10 luglio i genitori di Charlie tornano all’Alta Corte per chiedere il riesame del caso. Il 17 luglio il professor Michio Hirano, neurologo alla Columbia University di New York, visita il bambino. Con lui il professor Enrico Silvio Bertini del Bambin Gesù. Il 19 il Congresso degli Stati Uniti vuole dare la cittadinanza al bambino per consentirne le cure nel Paese. Il 21 luglio il Great Ormond Street rende noto che gli esami mostrano risultati «tristi». Tre giorni dopo, il 24 luglio, i genitori si arrendono: non c’è più tempo per le cure. Il 26 luglio il giudice Francis impone ai genitori e al rappresentante dell’ospedale di trovare un accordo su dove portare Charlie per le ultime ore: «Altrimenti deciderò io. Luogo e ora dovranno restare segreti: chiunque pubblichi questi dettagli infrange la legge».

Giovedì 27 luglio il piccolo viene trasferito in una struttura per malati terminali. Qui, il 28 luglio, Charlie viene estubato e muore. A Charlie è stato negato anche il diritto di morire a casa sua.

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