CLARBRUNO VEDRUCCIO INVENTA LA MACCHINA CHE SVELA I TUMORI, MA L’ITALIA GLI VOLTA LE SPALLE

Clarbruno Vedruccio è un ricercatore italiano, 54 anni, laureato in fisica e in ingegneria elettronica negli Stati Uniti, già collaboratore dell’Istituto di fisica dell’atmosfera del Cnr a Bologna, docente di metodologia della ricerca all’Università di Urbino e alto ufficiale della Marina Militare italiana; ma soprattutto, è inventore di Trim Probe, un macchinario dalla forma cilindrica stretta e lungo 30 cm, che permette di scoprire i tumori non appena cominciano a formarsi. Trattasi di una sonda elettromagnetica che vede qualsiasi infiammazione dei tessuti attraverso un esame che dura appena 2-3 minutinon è invasivo, non provoca dolore o disagi al paziente, e fornisce immediatamente la risposta che si cerca. E soprattutto un test innocuo, ripetibile all’infinito; senza contare che ha una precisione diagnostica come minimo del 70% ma, se eseguito da mani esperte, può arrivare anche al 100% di attendibilità.
Uno strumento rivoluzionario insomma, poco ingombrante, portatile, che si può usare ovunque e che non necessita di mezzi di contrasto radioattivi, lastre fotografiche o altro materiale di consumo. Un’apparecchiatura che costa  43 mila euro più Iva, contro i 3-4 milioni di euro di una macchina per la risonanza magnetica, i 2 milioni di una Pet e il milione e mezzo di una Tac, per di più tutti e tre con costi di gestione elevatissimi. Un macchinario inserito dal ministero della Salute nel repertorio dei dispositivi medici del Servizio sanitario nazionale ed è stato sperimentato nell’Istituto europeo di oncologia di Milano dal professor Umberto Veronesi con ottimi risultati.
A tale macchinario ci è arrivato per caso, come succede sovente per le grandi invenzioni: Vedruccio stava lavorando a un radar che sentisse la presenza delle persone su un territorio, in particolare su una scogliera, quando si è accorto che il tipo di radiazioni che usava interagiva bene anche con i tessuti e ne vedeva le infiammazioni. Studi quelli utili in campo militare.
Autore di cotanta invenzione, Vedruccio avrebbe meritato i premi Nobel per la fisica e la medicina, e invece è costretto a prosciugare il conto in banca per tutelare il copyright della sua invenzione; macchinario che di fatti viene usato in Italia in solo 50 ospedali nonostante il suo esiguo costo.
Perché? La Galileo avionica (società del colosso Finmeccanica ) inizialmente, quando nel 2000 aveva la licenza di sfruttamento del brevetto, ha iniziato dei protocolli con grandi ospedali per la validazione scientifica dalla macchina. Questi erano pagati dallo sponsor (l’Avionica) al centro di ricerca definendo un protocollo di sperimentazione utile per accertare la validità della macchina soprattutto nell’acquisizione di un determinato tipo di patologia. Poi però non se n’è fatto più nulla, giacché è un esame che costa poco, e quindi disturba gli interessi di molti.
La macchina era stata messa in commercio a 42mila euro, a fronte di un macchinario che in genere costa dai 30mila fino ai 150mila euro. Oggetti che però non hanno a che fare uno con l’altro e che creano un giro d’affari e lavoro. Ad esempio: se si fa un’ecografia, l’ecografo fa vedere un immagine ma ha bisogno di un ecografista esperto che riconosca la malattia; sulla base di questa e delle immagini che riconosce come patologiche vede il nodulo e presumibilmente stabilisce una diagnosi. Ma solo grazie all’immagine. A questo punto bisogna fare una biopsia e caratterizzare la massa e il tessuto. Il bioscanner invece non fa vedere l’immagine del tessuto, bensì serve per andare sulla lesione e caratterizzarla in termini di infiammazione o tumore, facendolo istantaneamente.
Il professore però ci tiene a sottolineare che la favola del bioscanner che manderebbe in soffitta altri esami è solo uno spauracchio, mentre il vero problema è che il sistema diagnostico è spartito tra le varie corporazioni che fabbricano il macchinario e quindi non vogliono altri incomodi.
Infine, il danno e la beffa. Trim Probe si trova in Giappone, Brasile, Malesia, Turchia, Iran, Regno Unito, Francia, Belgio. Ma da quando la Galileo Avionica ha smesso di produrlo, Vedruccio si  ritrova a pagare le spese per il mantenimento del brevetto internazionale dalla Cina al Sudafrica, dall’India al Canada. Ovviamente si tratta di costi largamente superiori al suo stipendio.

La conclusione non può che essere amara. Lo Stato italiano non tutela i suoi ricercatori, anche quelli che inventano un macchinario poco costoso, immediato nei risultati, esportato all’estero, e che potrebbe, fattore più importante, salvare anzitempo milioni di vite umane. Invece, per meri calcoli opportunistici e affaristici, fatti sulla nostra pelle, si abbandona a loro stessi tali piccoli eroi, costringendoli altresì a difendere le proprie invenzioni di tasca propria, senza ricevere alcun riconoscimento, per non parlare dei compensi da parte dello Stato di cui sono cittadini. Almeno all’anagrafe.

(Fonte: Affari italiani)

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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