CON TEODORO BUONTEMPO SI SPEGNE UNA DELLE ULTIME FIAMME DELLA DESTRA ITALIANA

RICOVERATO IN UNA CLINICA ROMANA PER UNA GRAVE MALATTIA, SI E’ SPENTO A 67 ANNI. ERA PRESIDENTE DE LA DESTRA, IN POLITICA SIN DA GIOVANE
Sebbene venisse chiamato nell’ambiente “Er Pecora” per i suoi modi spicci e le origini abruzzesi, veniva considerato un leone. Teodoro Buontempo si è spento mercoledì notte a 67 anni in una clinica romana presso cui era ricoverato per una grave malattia. Nato a Carunchio (in provincia di Chieti), Buontempo ha cominciato l’attività politica sin da giovane. A Ortona a mare, sempre in Abruzzo, ha mosso i primi passi dirigendo le organizzazioni giovanili dell’Msi. A 22 anni si è trasferito a Roma dove ha partecipato alle lotte studentesche; erano gli anni ’70 e di botte ne ha date e ne ha prese.

LA CARRIERA – Dirigente della Giovane Italia, nel 1970 è diventato il primo segretario del Fronte della Gioventù di Roma. È stato deputato in cinque legislature, sempre nelle file di Alleanza nazionale e poi della Destra, nonché per sedici anni (dal 1981 al 1997) consigliere comunale di Roma. Dal dicembre 1993 al settembre 1994 ha ricoperto anche l’incarico di presidente del consiglio comunale. Nonostante la vicinanza a Gianfranco Fini, di cui in passato fu braccio destro, il 26 luglio 2007 ha annunciato la rottura con Alleanza Nazionale per partecipare con Francesco Storace alla fondazione della Destra di cui è presidente. Nel 2008 è stato candidato alla presidenza della provincia di Roma, di cui però poi divenne solo consigliere. Dal 2010, invece, è stato assessore alle politiche per la casa durante la Giunta guidata da Renata Polverini in Regione Lazio.
GLI ANEDDOTI – “La politica – disse molto tempo fa durante la presentazione di un suo libro sui sedici anni di vita politica in Campidoglio – per valere deve lasciare un segno tangibile, da consegnare alla storia”. E Buontempo, di segni tangibili, ne ha lasciati tanti con le sue battaglie politiche. Come quando, nell’estate del 1994 durante la Giunta guidata da Francesco Rutelli, tenne un discorso di 28 ore filate in consiglio comunale durante una seduta sull’assestamento al bilancio. Er pecora – così era soprannominato – parlò ininterrottamente dalle 10 del venerdì alle 14:30 del giorno successivo, intervenendo su ogni singolo emendamento: quel giorno ne erano in programma 335. “Per la voce mangio acciughe”, informava i cronisti stupiti della sua maratona oratoria. O nel 1993 quando si rifiutò di lasciare l’Aula dopo l’ennesima espulsione. Uscito dall’emiciclo si ancorò all’orologio a pendolo nel settore della stampa. Nel 1991, quando era segretario provinciale dell’Msi, aiutato da altri missini staccò nottetempo la targa stradale di Palmiro Togliatti a Cinecittà, sostituendola con una con scritto “viale vittime del comunismo”. Da deputato, nel 1995 conquistò il maggior numero di giorni di sospensione dall’attività parlamentare, quindici, per aver occupato l’emiciclo. Nel 2008, insieme a Daniela Santanchè, si fece chiudere dentro per protestare con Romano Prodi dopo le dimissioni di Clemente Mastella da ministro della Giustizia.
“Per fare politica – amava ricordare Buontempo – venni a Roma e vivevo in una 500”. La politica vera, quella di base, tra la gente e nelle sezioni. Per questo era stimato da tutti, “camerati” o “compagni”, amici o detrattori. Era considerato un “pezzo” di politica romana, un uomo di valore capace di coniugare la passione e l’onestà. Un politico d’altri tempi ma sempre pronto a cogliere i tempi che cambiavano.
Un politico d’altri tempi, leale e combattivo. Come ormai è sempre più raro trovarne, tanto a destra quanto a sinistra. Dopo Pino Rauti, si spegne un’altra fiamma della destra italiana.
(Fonte: Il Giornale)
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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