DEGRADO DEI BENI CULTURALI ANCHE AL NORD, IL CASO DELLA VILLA REALE DI MONZA

In Italia, l’abbandono dei beni culturali non è una patologia patita solo a Napoli e nel Sud in generale, ma anche al centro-nord vi sono esempi di siti monumentali in stato di degrado per la solita mancanza di fondi pubblici destinati alla cultura.

Su La Stampa ho trovato un interessantissimo servizio di  Maarten Veeger dedicato alla Villa Reale di Monza, con tanto di video-intervista al responsabile di “Italia nostra Monza”, Maurizio Oliva, e al Sindaco Marco Mariani. Il primo denuncia lo stato di abbandono in cui versa la villa austriaca del ‘700 nonostante gli sforzi di tenerla “viva” mediante mostre ed esposizioni; il secondo denuncia le difficoltà di tenerla in uno stato decente, soprattutto perché la politica della Regione Lombardia è da sempre stata Milanocentrica, affidando ai piccoli Comuni della brianza solo uno ruolo industriale. Pertanto, si ricorrerà alla gestione privata tramite un bando di livello internazionale con uno stanziamento pari a 26 milioni di euro complessivi (di cui 19 pubblici e 7 privati) per un periodo totale di 30 anni. Gli oppositori a tale bando hanno raccolto migliaia di firme, denunciandone una possibile privatizzazione.
Aiutandoci con Wikipedia, ripercorriamo la storia della Villa. A fine post il video del servizio.

STORIA – Maria Teresa d’Austria decise la costruzione della Villa Arciducale quando stabilì di assegnare al figlio Ferdinando d’Asburgo-Este la carica di Governatore Generale della Lombardia austriaca. La scelta di Monza fu dovuta alla salubrità dell’aria e all’amenità del paese, ma esprimeva anche un forte simbolo di legame tra Vienna e Milano, trovandosi il luogo sulla strada per la capitale imperiale.
L’incarico della costruzione, conferito nel 1777 all’architetto imperiale Giuseppe Piermarini, fu portato a termine in soli tre anni. Successivamente il giovane arciduca Ferdinando fece apportare aggiunte al complesso, sempre ad opera del Piermarini e usò la Villa come propria residenza di campagna fino all’arrivo delle armate napoleoniche nel 1796.
Eugenio di Beauharnais, nel 1805 nominato viceré del nuovo Regno d’Italia, fissò la sua residenza principale nella Villa che quindi in questa occasione assunse il nome di Villa Reale. Tra il 1806 e il 1808 per suo volere al complesso della Villa e dei suoi Giardini fu affiancato il Parco, recintato e vasto 750 ettari, destinato a tenuta agricola e riserva di caccia.
Dopo la caduta di Napoleone (1815) vi fu il ritorno degli austriaci fino alla seconda guerra di indipendenza (1859) quando la Villa Reale diventò patrimonio di Casa Savoia. La Villa fu specialmente cara al Re Umberto I che amava risiedervi e che la volle trasformata in molti ambienti dagli architetti Achille Majnoni d’Intignano e Luigi Tarantola.
Nel 1900 Umberto fu assassinato proprio a Monza da Gaetano Bresci mentre assisteva ad una manifestazione sportiva; in seguito al luttuoso evento il nuovo Re Vittorio Emanuele III non volle più utilizzare la Villa Reale, facendola chiudere e trasferire al Quirinale gran parte degli arredi.
Nel 1934 con Regio Decreto Vittorio Emanuele III fece dono della Villa ai Comuni di Monza e di Milano. Le vicende dell’immediato dopoguerra della Seconda Guerra Mondiale provocarono occupazioni, ulteriori spoliazioni e decadimento del monumento.
Oggi la Villa Reale è amministrata congiuntamente dai comuni di Monza e Milano.

DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA – Piermarini realizza un edificio esemplare della razionalità neoclassica adattata alle esigenze di una realtà suburbana. I tre corpi principali, disposti a U, delimitano un’ampia corte d’onore chiusa all’estremità dai due volumi cubici della Cappella e della Cavallerizza, da cui partono le ali più basse dei fabbricati di servizio: si definisce in tal modo uno spazio razionale, costituito dall’ordinata disposizione dei volumi che si intersecano ortogonalmente e che, progressivamente, si sviluppano in altezza. Come nella reggia di Caserta di Vanvitelli e prima ancora a Versailles, nella Villa reale di Monza si sottolinea un percorso che, attraverso un viale principale, collega la villa al centro del potere.
La decorazione delle facciate, rinunciando a timpani, colonnati e riquadri a rilievo, si presenta estremamente rigorosa, segnando le superfici di sottili gradazioni. L’essenzialità stilistica dell’edificio è dovuta, oltre che a precise scelte di gusto, anche a ragioni politiche: la corte illuminata di Vienna preferiva evitare un’eccessiva ostentazione di ricchezza e potere in un paese occupato. Anche gli interni si accordano al principio di razionalità e semplicità che caratterizza l’intero progetto. In particolare appare curata la loro funzionalità: i corridoi ad esempio sono tagliati in modo da servire indipendentemente varie sale adibite ad usi diversi.
Il complesso della Villa comprende la Cappella Reale, la Cavallerizza, la Rotonda dell’Appiani, il Teatrino di Corte, l’Orangerie. Nel primo piano nobile sono le sale di rappresentanza, gli appartamenti di Umberto I e della Regina Margherita. La fronte della Villa rivolta ad est si apre sui Giardini all’inglese progettati dal Piermarini.

Video del servizio:

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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