ECCO CHI POTREBBE SUCCEDERE A RATZINGER

QUATTRO I NOMI PIU’ PROBABILI, TRA CUI L’ITALIANO SCOLA
Le dimissioni di Papa Benedetto XVI hanno sorpreso tutti. Nei mesi precedenti non è mai trapelato nulla, mentre lo scorso anno due giornali avevano profetizzato questa incredibile decisione, incassando però solo l’indifferenza e direi anche lo scherno degli altri media e della gente comune: prima il Foglio, con un articolo proprio del direttore Giuliano Ferrara; poi Il Fatto quotidiano, che aveva addirittura parlato di pericoli per la sua incolumità; infine Antonio Socci su Libero. Le sue dimissioni vanno al di là del semplice fattore legato all’età. Egli si è ritrovato davanti inimicizie, protagonismi, lotta fra correnti, buchi di bilancio, faide economiche con risvolti giudiziari che sembra aver pesato più di quanto si immaginasse sulle spalle infragilite di Benedetto XVI. È come se avesse interiorizzato la «malattia» della crisi vaticana di credibilità, irrisolta e apparentemente irrisolvibile. Conferma il ministro Andrea Riccardi, che lo conosce bene: «Ha trovato difficoltà e resistenze più grandi di quelle che crediamo. E non ha trovato più la forza per contrastarle e portare il peso del suo ministero. Bisogna chiedersi perché». Rispetto a Wojtyla – che si ritrovò davanti sfide internazionali ben più gravi, affrontandole con forza e uscendone vincitore – non se l’è sentita di andate avanti ed è sceso dalla croce.

Subito sono partiti i confronti con i precedenti Papi dimissionari e, soprattutto, il Toto successore.

I PRECEDENTI – Tanti ritengono che il primo Papa a dimettersi sia stato Celestino V, di cui Dante parla nel terzo girone dell’Inferno, degradandolo nel girone degli Ignavi per aver abdicato e lasciato il posto a un Papa dispotico come Bonifacio VIII. Prima di lui ci sono però già 4 precedenti, anche se dimissionari forzatamente per ragioni politiche.
Clemente I, Papa della Chiesa cattolica dall’ 88 al 97. Venne esiliato nel 97 dopo Cristo e, non potendo continuare a dirigere la Chiesa, diede le dimissioni.
Papa Ponziano (in carica dal 230 al 235 Dc), che come Papa Clemente I rinunciò perchè mandato in esilio. Gli successe Papa Antero.
Papa Silverio (in carica dal 536 al 537 Dc) fu costretto ad abdicare in favore di Papa Vigilio.
Esiste poi il caso di Papa Benedetto IX, che dapprima rinuciò a favore di Silvestro III. In seguito riprese la carica per poi venderla a Gregorio VI, che venne accusato di averla acquisita illegalmente rinunciando a sua volta.
Celebre il caso già citato di Celestino V, detto il Papa del gran rifiuto. Fu il 192º Pontefice della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294. Eletto il 5 luglio 1294, fu incoronato a L’Aquila il 29 agosto nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sepolto. Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione Celestino V, nel corso di un concistoro, diede lettura di una bolla, nella quale si contemplava la possibilità di un’abdicazione del Pontefice per gravi motivi.
L’ultimo Papa dimissionario di cui si ha memoria è Papa Gregorio XII in carica dal 1406 al 1415. Era il periodo del cosidetto scisma d’occidente, regnavano contemporaneamente tre Papi: Gregorio XII, Papa di Roma; Benedetto XIII, Papa di Avignone e l’antipapa Giovanni XXIII. Nel Concilio di Costanza, presieduto dall’Imperatore Sigismondo, convocato per tentare di rimettere ordine nel papato fu chiesto ai tre Pontefici di abdicare: solo Gregorio XII accettò la rinuncia.
I SUCCESSORI PIU’ ACCREDITATI– Sarà italiano o straniero? E se la sede di Pietro non tornerà all’Italia, sarà la volta del primo Papa nero? O del primo Papa americano? Quale settore della chiesa esprimerà? Sarà conservatore o progressista? Quale priorità avrà, il prossimo Pontefice? La nuova evangelizzazione e il secolarismo o la pedofilia del clero e i problemi dello Ior? La frontiera della bioetica e delle nozze gay o il dramma della povertà in aumento e dei milioni di immigrati? Il calo delle vocazioni in Occidente, la fronda dei preti ribelli in Europa, o la crescita del cattolicesimo in Africa e Asia? Avrà un profilo più pastorale o più ideologico? Sono le domande che rimbalzano in queste ore in Vaticano e in tutte le arcidiocesi del mondo. Domande a cui di fatto nessu­no è in grado di rispondere oggi, compresi i 117 cardinali che tra il 15 e il 20 marzo, più probabilmente entro il 15, entreranno in conclave.
A bocce ferme va detto che ci sono anzitutto i quattro «ratzingeriani » fra i tanti papabili alla successione di Benedetto XVI. Cresciuti teologicamente assieme a Ratzinger nella rivista «Communio » fondata da Hans Urs Von Balthasar, l’arcivesco­vo di Milano Angelo Scola, il canadese prefetto dei Vescovi Marc Ouellet, l’ungherese arcivescovo di Budapet Péter Erdo e l’austriaco arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn sono quattro dei nomi in più accredi­tati per prendere voti.
GLI ALTRI ITALIANI – Oltre a Scola fra gli italiani c’è anche l’outsider Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, allievo del cardinale Camillo Ruini e grande figura spirituale. Egli gode di consenso sia fra i conserva­tori, che fra quelli di area più li­beral. Poi c’è il patriarca di Venezia Francesco Muraglia, leader dei conservatori e del cosid­detto partito romano di curia. Ma fra gli italiani spiccano anche i nomi del cardinale Mauro Piacenza, prefetto della congre­gazione per il Clero, del governatore del Vaticano Giuseppe Bertello, di Angelo Bagnasco capo dei vescovi e del «Papa rosso », il prefetto di Propaganda fide Fernando Filoni.
GLI AMERICANI – Tra gli altri europei, oltre agli italiani c’è solo uno spagnolo: Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona, conservatore, battagliò con Zapatero contro le riforme laiciste.
Venendo alla lunga lista degli extra-europei, fra questi spicca quello del religioso cappuccino arcivescovo di Boston Sean O’Malley, che a Boston ha risollevato una situazione resa assai drammatica non solo da­gli abusi sessuali commessi dai preti ma anche dagli insabbiamenti del suo predecessore Bernard Law. Nelle scorse settimane fra l’altro Benedetto XVI ha chiamato a Roma come promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fe­de, competente per questi casi, proprio il «braccio destro» di O’Malley, padre Robert Oliver. Ma dagli Stati Uniti prende corpo anche l’ipotesi del cardi­nale Tomothy Dolan, capo della conferenza episcopale. Carismatico, amante dei media e dei social media, sarebbe una ventata di giovinezza ed ener­gia, quella forza nuova che lo stesso Benedetto XVI ha evoca­to ieri dichiarando la decisione di dimettersi.
I SUDAMERICANI – Allo scorso conclave con Ratzinger «duellò» Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. E non è escluso che anche all’imminente conclave la fazione sudamericana non rie­sc­a a esprimere un propri candi­dato. Fra i ladinos due i nomi più spendibili: il brasiliano di origini tedesche Odilo Pedro Scherer, l’argentino Leonardo Sandri. Ma i
L’America latina, il subcontinente più cattolico del mondo, avrebbe anche le carte in regola per vedere un proprio rappresentante eletto come vicario di Cristo. Due brasiliani, in particolare, sono mol­to citati in vista del prossimo conclave: Odilo Pedro Scherer, arcivescovo della megalopoli San Paolo, e Joao Braz de Aviz, focolarino alla guida, da non molti mesi, della congregazio­ne per i Religiosi. Da Cuba vie­ne Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo dell’Havana molto stimato in Vaticano per essere il protagonista che sta traghettando la Chiesa cubana verso il dopo-Castro.
Metà sud­americano e metà italiano (trentino per l’esattezza) è poi il cardinale Leonardo Sandri, una carriera nella diplomazia vaticana, uomo di peso nel pon­tificato di Wojtyla, oggi a capo della congregazione delle Chiese orientali, che lo mette in con­tatto con molti episcopati asiati­ci.
Sarebbe una sorpresa, ma neanche tanto, che il prossimo Papa provenisse da uno dei paesi emergenti.
GLI AFRICANI – Tre i cardinali africani «papabili», i curiali Peter Kodwo Appiah Turkson, ghanese alla testa del pontificio consiglio Giustizia e pace, e il guinea­no Robert Sarah, a capo di «Cor Unum» , il salvadanaio vaticano per le opere caritatevoli. É entrato in Conclave con l’ultimo concistoro di Ratzinger anche l’arcivescovo nigeriano di John Olorunfemi Onaiyekan.
GLI ASIATICI – Con lui ha ricevuto la berretta cardinalizia un altro astro na­scente della chiesa cattolica mondiale, il filippino Luis Anto­nio Tagle, arcivescovo di Manila molto legato al Concilio vaticano II. In Asia spicca poi il no­me di Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay. Dall’Australia poi entrerà in Conclave l’arcivescovo di Sidney George Pell.

AUSPICI – Per quanto mi riguarda, spero che il prossimo Papa sia nero o cinese. Nel primo caso, si darebbe un bel messaggio in chiave anti-razzista. Nel secondo, si contribuirebbe al disfacimento di un regime anacronistico e infame come quello ancora vigente in Cina (e nei Paesi orbita), che tra le altre cose, si rende ancora protagonista di atteggiamenti crudeli nei confronti del popolo tibetano. Chiedere l’elezione di Don Gallo sarebbe troppo (anche perchè non è Arcivescovo).

In attesa degli scrutini che inizieranno a metà marzo, è curioso come Nanni Moretti abbia previsto le dimissioni del Papa nel suo ultimo film: Habemus Papam. Ecco la scena finale della rinuncia del Papa francese neoeletto, interpretato da Michel Piccoli.

(Fonte: MSN, Il Giornale)
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

0 Risposte a “ECCO CHI POTREBBE SUCCEDERE A RATZINGER”

  1. bell'articolo come sempre, grande Luca… per quanto mi riguarda, se oltre al Papa se n'andasse a quell'Inferno tutta la casta, sarebbe cosa buona e giusta. :DOptimus

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