FCA e Peugeot si fondono: cosa cambia e quali rischi per lavoratori

Quali sono i dettagli dell’accordo tra FCA e PSA? Cosa cambia dopo accordo tra FCA e PSA? Cosa rischiano i lavoratori dopo accordo tra FCA e PSA? Quali nuove auto saranno prodotte con accordo FCA e PSA?

Sono queste ed altre le domande che gli appassionati di automobili e gli investitori, oltre che i dipendenti dei due grossi gruppi automobilistici, si stanno ponendo dopo l’accordo di giovedì 31 ottobre scorso.

Il settore automobilistico è in profondo e continuo cambiamento dagli anni ‘90, quando il crollo dei regimi comunisti nell’Est Europa e l’apertura ai mercati occidentali dei produttori asiatici, ha creato maggiore concorrenza. Pertanto, soprattutto gli storici produttori di auto, sono stati costretti a fusioni e spostare la propria produzione laddove la manodopera è più conveniente.

Quanto al nostro Paese, sono ormai lontani i tempi di quando gran parte degli italiani era fidelizzata alle auto prodotte dal gruppo FIAT. Certo, in strada si vedono ancora tante Panda, Punto, Lancia Y e qualche Alfa. Ma la concorrenza straniera – soprattutto coreana – è sempre più incalzante. Non male anche quella tedesca (Volkswagen e Opel), francese (Citroen e Peugeout) e americana (Ford).

La stessa Fiat già da anni è diventata FCA sotto la gestione di Sergio Marchionne, che è riuscito nell’impresa di salvare un’azienda malandata, coinvolgendo un’altra nobile decaduta oltreoceano: la Chrysler. Di italiano ormai la Fiat non ha più niente, visto che parte della produzione è stata spostata in paesi più convenienti come Serbia e Polonia. Nonché la propria sede legale ad Amsterdam e la propria sede fiscale a Londra.

Ora arriva un altro passaggio: l’accordo col gruppo PSA che ingloba Peugeout, Citroen e Opel. Ma anche DS, Vauxhall Motors e Faurecia. Vediamo cosa cambia con questo accordo e cosa rischiano i [sta_anchor id=”fca”]lavoratori[/sta_anchor].

FCA e PSA dettagli accordo

fca psa

Come riporta Qui Finanza, l’operazione creerebbe il 4° costruttore automobilistico al mondo in termini di unità vendute (8,7 milioni di veicoli), con ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro ed un utile operativo corrente di oltre 11 miliardi di euro, sulla base dell’aggregazione dei risultati del 2018 ed escludendo Magneti Marelli e Faurecia.

La creazione di valore è stimata in circa 3,7 miliardi di euro in sinergie annuali a breve termine e si prevede che l’80% delle sinergie siano raggiunte dopo 4 anni. La fusione inoltre non prevede alcuna chiusura di stabilimenti. E’ previsto un costo una tantum per raggiungere tali sinergie di 2,8 miliardi di euro.

FCA prevede di distribuire ai suoi azionisti un dividendo speciale di 5,5 miliardi di euro e la propria partecipazione in Comau, mentre Peugeot distribuirà ai propri azionisti la partecipazione del 46% detenuta in Faurecia.

Ciò consentirebbe agli azionisti del gruppo risultante dalla fusione di condividere equamente le sinergie e i benefici derivanti da una fusione, riconoscendo nel contempo il valore significativo della piattaforma differenziata di FCA in Nord America e la sua forte posizione in America Latina, compresi i suoi margini ai vertici del settore in quelle regioni.

Ciò rifletterebbe anche il valore aggiunto che i marchi globali di fascia alta di FCA, Alfa Romeo e Maserati, apporterebbero grazie al loro notevole potenziale di sviluppo.

L’operazione verrebbe effettuata in forma di fusione sotto una capogruppo olandese, quotata su Euronext (Parigi), Borsa Italiana (Milano) ed al New York Stock Exchange, e continuerebbe a mantenere una importante presenza nelle attuali sedi operative centrali in Francia, Italia e negli Stati Uniti.

La struttura di governance della nuova società sarebbe bilanciata tra gli azionisti, con una maggioranza di consiglieri indipendenti. Il consiglio di amministrazione sarebbe composto da 11 membri (5 in quota FCA incluso John Elkann in qualità di Presidente e 5 di PSA incluso il Senior Independent Director e il Vice Presidente).

Il numero di PSA Carlos Tavares sarà Chief Executive Officer, oltre che membro del Consiglio di Amministrazione, per un mandato iniziale di cinque anni.

Lo statuto della nuova società risultante dalla fusione dovrebbe prevedere che il sistema di loyalty voting operi in modo tale da non assegnare a alcun azionista voti in Assemblea in misura eccedente il 30% del totale voti espressi. Si prevede inoltre che non ci sia alcun trasferimento dei diritti di doppio voto esistenti, ma che i nuovi diritti di doppio voto speciale maturino dopo un periodo di detenzione delle azioni di tre anni dal perfezionamento della fusione.

Un periodo di standstill di 7 anni a partire dal perfezionamento della fusione troverebbe applicazione in relazione alle partecipazioni azionarie di EXOR, Bpifrance Participations, DFG e la famiglia Peugeot. EXOR, Bpifrance Participations e la famiglia Peugeot sarebbero inoltre soggetti ad un periodo di lock-up di 3 anni in relazione alle rispettive partecipazioni.

Unica eccezione, alla famiglia Peugeot sarebbe concesso di aumentare del 2,5% la propria partecipazione nella società risultante dalla fusione nei primi 3 anni successivi al closing, esclusivamente acquisendo azioni da Bpifrance Participations e DFG.

Ma per analisti è Peugeot a comprare FCA

peugeot foto

Come riporta Il Corriere della sera, non hanno dubbi gli analisti finanziari sul fatto che siano i francesi a comprare gli italiani. Che ieri hanno subito fatto i conti dell’annunciata fusione tra Fca e Peugeot che darà vita al quarto gruppo mondiale dell’auto. È per questo che giovedì in Borsa i due titoli si sono mossi in maniera divaricata: Fca è schizzata dell’8,2%, mentre Psa ha perso il 12,8% (nella giornata di venerdì, nel frattempo Fca allunga il passo in Borsa e guadagna ancora, +1,88%, mentre Psa guadagna il 3,26%).

Eppure l’operazione è stata annunciata alla pari, con lo stesso peso, il 50% ciascuno, per gli attuali azionariati di Fca e Psa nella nuova società post-fusione. Il fatto è che non sono i valori di partenza. Psa martedì sera valeva 22,6 miliardi di euro, e Fca 18,5 miliardi.

Per arrivare a un accordo paritetico, Psa (con Mediobanca advisor) ha riconosciuto a Fca (assistita da Goldman Sachs) un premio di 6,7 miliardi, secondo i calcoli di Kepler Chevreux. Inoltre ai propri soci Fca assegna un maxi-dividendo straordinario di 5,5 miliardi e la Comau (la società di robotica per la catena di montaggio), che viene scissa dal gruppo. Solo a Exor, la holding della famiglia Agnelli che ha il 28,7% di Fiat Chrysler, andranno 1,6 miliardi di euro. Non a caso giovedì il suo titolo in Borsa è salito del 5,69%.

Dalla vecchia Fiat, Exor ha ottenuto quote già dai precedenti spin-off come Cnh, Ferrari, Rcs, Iveco, che hanno liberato miliardi di valore. Psa invece distribuisce ai propri soci il 46% che possiede nel gioiellino della componentistica di Faurecia, pari a circa 2,7 miliardi di euro.

Anche Equita parla esplicitamente di «vendita»: i francesi pagano un premio del 30% per avere il controllo del consiglio, 6 su 11 compreso il ceo, che sarà l’attuale ceo del gruppo francese Carlos Tavares, mentre presidente sarà il numero uno di Fca, John Elkann.

Della nuova società — con sede in Olanda e quotazione a Parigi, Milano e New York — Exor avrà il 14,2% mentre i tre attuali azionisti di Psa, la famiglia Peugeot, lo Stato francese e i cinesi di Dongfeng deterranno ciascuno il 5,9%. Si tratterà di vedere in futuro come si svilupperanno gli equilibri tra i soci. Per tre anni in ogni caso non potranno vendere (lock up).

Accordo FCA e PSA, quali auto saranno prodotte e soppresse

come evitare scosse portiera auto

Quali auto saranno prodotte dopo accordo FCA e PSA? Il sito Motor1 fa il punto della situazione:

Segmento A (le citycar)

È il più problematico perché è quello a redditività più bassa. Praticamente impossibile elettrificarlo, ma Fiat sta preparando una nuova piattaforma BEV per la 500 elettrica, ha la Panda e la 500 che sono mattatrici autentiche e per le loro eredi la piattaforma dovrebbe essere già in lavorazione.

PSA, dopo aver abbandonato l’accordo con Toyota per la 108 e la C1 stava meditando sul da farsi, anche per Opel che si è disfatta di Agila e Karl e anche l’Adam è ai titoli di coda. Con il nuovo accordo tutti i marchi del nuovo gruppo potranno pensare di mantenere una piccola in gamma. E gli stabilimenti italiani potrebbero pensarci per tutti.

Segmento B (le utilitarie)

PSA ha una piattaforma nuovissima e flessibile come la CMP. In questo caso, la Punto potrà avere l’erede più volte messa in discussione, ma bisognerà trovarle uno spazio. Qui, più degli ingegneri, dovranno lavorare gli uomini del marketing. Trovare alla nuova Punto il giusto posizionamento tra Peugeot 208, Citroen C3 e Opel Corsa non sarà facile.

Con ogni probabilità, la valutazione sarà fatta in base anche alle diverse aree geografiche di interesse come il Sudamerica. Ironia della sorte, Corsa e Punto – se tornerà a vivere – si ritroveranno a condividere la stessa piattaforma dato che l’italiana sfrutta ancora quella sviluppata a suo tempo con General Motors.

I modelli di segmento B SUV

Peugeot 2008, Citroen C3 Aircross, Opel Grandland X, Grandland X da una parte, dall’altra la Fiat 500X e la Jeep Renegade. Anche qui la piattaforma CMP farà da supporto al versante italo-americano che ha nello stabilimento di Melfi la sua base.

Qui non sembrano esserci problemi di posizionamento anche per la nuova Mokka X che si annuncia più compatta e sportiveggiante. Anche in questo caso, la piattaforma CMP offre tutte le soluzioni del caso, anche per l’elettrificazione. Ne potrebbe trarre spunto l’Alfa Romeo per un nuovo modello in sostituzione dell’Alfa Romeo MiTo.

Segmento C (le compatte)

Anche qui le possibilità di sinergia e di differenziazione sono notevoli. Peugeot 308 e Citroen C4 Cactus sono già ben distanti per caratteristiche. La Fiat aveva la Tipo, ora ha solo la Palio: la prima potrebbe rivivere, magari in forma di crossover, la seconda presidiare la zona bassa e “utilitaristica” del listino con un occhio ai mercati emergenti.

Citroen ha nella C4 Elysee qualcosa di simile, ma solo nella variante 3 volumi. Più complicate le decisioni per la Giulietta e l’Astra. Nel primo caso bisogna aggiustare il tiro (presto) e vedere che cosa fare per sfruttare al meglio l’impianto di Cassino, nel secondo caso c’è un po’ più di tempo per decidere cosa fare dello stabilimento britannico di Ellesmere Port.

Segmento C-Suv

Peugeot 3008/5008, C4 Aircross, Grandland X e DS7 Crossback devono trovare la quadra con la Compass e la Tonale, che è praticamente pronta. La Jeep sfrutta la Small Wide nata per auto di segmento B, meglio sicuramente la EMP2 che è pronta anche per auto di segmento D e per l’elettrificazione, ma non è predisposta per la trazione integrale meccanica. Lo stesso problema si pone per la 500X e soprattutto per la Renegade. Bisognerà dunque fare alcune valutazioni, industriali e di mercato.

Segmento C-MPV (le multispazio)

La Citroen C4 Spacetourer e la Opel Meriva sono fra le ultime superstiti di un segmento stritolato dai Suv e dai van. Ma proprio per questo almeno una di loro potrebbe sopravvivere nella sua forma attuale oppure dirottare questo ruolo alla Fiat che ha perso prima la Multipla e poi la Freemont, di derivazione americana.

Citroen e Opel potrebbero invece virare verso i crossover, in particolare quest’ultima. Ma nello sviluppare le sinergie in questa fascia gli strateghi del gruppo dovranno tenere in maggiore considerazione le esigenze dei mercati americani e orientali.

Segmento D (le berline classiche)

La Insignia è la Opel più fresca e la 508 lo è altrettanto per la Peugeot, ma è chiaro che la tedesca sfrutterà la base della francese diventando un’auto diversa oppure mantenendo una opportuna differenziazione: più grande e classica rispetto alla 508 più coupè e stilosa.

Ovviamente con l’ibrido plug-in. Ben più impegnativa la decisione che riguarda la Giulia che sfrutta la piattaforma Giorgio a motore longitudinale e trazione posteriore. Anche qui saranno considerazioni sull’intero marchio Alfa Romeo a risultare decisive per il futuro. La Chrysler e la Dodge hanno abbandonato questo segmento sin dai tempi della 200 e della Dart.

Segmento D-Suv

La Cherokee e la Stelvio sono auto profondamente diverse e sfruttano piattaforme diverse. Anche in questo caso entrano in gioco le considerazioni che riguardano il brand Alfa e le esigenze di mercati diversi da quello europeo.

Senza contare che è in arrivo una Maserati di queste dimensioni. Qui non si pongono problemi di posizionamento, ma industriali e di sinergie. Potrebbe essere una buona occasione per Opel per rispolverare la propria tradizione offroad rappresentata dalla Frontera, senza andare a disturbare la Wrangler.

Segmento E, berline, monovolume e Suv

Alfa Romeo attende ancora la sua ammiraglia, se arriverà. In America bisognerà vedere che cosa fare di modelli come la 300C e dei van Pacifica e Voyager oppure puntare direttamente dritto sulla Jeep Commander. La Grand Cherokee e la Dodge Durango potrebbero sfruttare le stesse piattaforme di Alfa Romeo e Maserati, ma c’è un problema di costi che va affrontato così come quello di veicoli di nicchia come RCZ, 4C e 124 per non parlare di muscle car dome le Dodge Charger e Challenger. La Maserati Quattroporte vivrà di vita propria.

I pick-up e i commerciali

In questo caso è tutto molto facile. FCA e PSA sono stati partner per decenni e lo sono ancora con l’accordo Sevel Sud che riguarda lo stabilimento di Atessa (Chieti) e rinnovato fino al 2023. PSA aveva già pensato allo stabilimento di Gliwice in Polonia per potenziare i suoi volumi produttivi e potrebbero essere questi due i poli anche per il futuro che riguarda gli LCV per i marchi Citroen, Fiat, Peugeot, Opel e anche Ram in Nordamerica che è anche specialista nei pick-up, ma troppo grandi per il mercato europeo.

Fiat ha il Fullback di origine Mitsubishi nel segmento da 1 tonnellata, importantissimo a livello globale. Dunque è da valutare se è meglio stabilire un accordo con terzi o farsene uno in casa, da costruire magari in Cina o, meglio ancora, in India per aggirare i dazi USA.

I sistemi di propulsione

C’è da decidere quali motori far sopravvivere. Se la questione non si pone dai motori V6 in su, per altri sarà vita o morte. FCA ha i suoi nuovi 3 e 4 cilindri della famiglia FireFly, PSA ha i suoi Puretech: bisognerà prendere decisioni drastiche anche se potrebbero convivere per un lasso di tempo, visto che quelli italiani sono stati sviluppati anche pensando ai mercati sudamericani e a bruciare anche etanolo. Nella decisione peseranno tre fattori: il loro grado di predisposizione all’elettrificazione, gli investimenti già effettuati e quelli già preventivati per il loro sviluppo futuro.

Quanto ai motori elettrici, quelli che sta impiegando PSA sono prodotti da fornitori esterni e nel medio termine è improbabile una soluzione differente. Del resto la componente strategica sono le batterie e da questo punto di vista il Gruppo francese si è fatto promotore di un consorzio franco-tedesco in stile Airbus per creare un industria europea per la produzione di batterie. Grazie alla fusione, FCA vi rientrerebbe a pieno titolo con potenziali ricadute positive per l’indotto italiano.

Nel campo dei motori a gasolio, la sorte dello storico 1.248 cc sembra segnata e, per ragioni diverse, anche quella dell’1.6 e del 2,1 litri italiani. Gli 1,5 e 2 litri francesi appaiono più moderni e più adatti ai tempi. Non c’è storia invece per l’elettrificazione: PSA è partita prima, soprattutto per quanto riguarda le batterie, anzi è stata tra le promotrici del grande consorzio che dovrebbe nascere in Europa per contrastare lo strapotere di cinesi, giapponesi e coreani.

Accordo FCA e PSA, cosa rischiano lavoratori

foxconn

Cosa rischiano lavoratori dopo accordo FCA e PSA? I due gruppi affermano che nessun stabilimento verrà chiuso. Quanto sarà vero? Ce lo dirà il tempo. Solitamente, le fusioni tra multinazionali provocano sempre un bagno di sangue tra i dipendenti. Con immancabili esuberi che emergono nel giro di qualche anno (talvolta anche dopo qualche mese se non giorno).

Certo, come visto, le auto prodotte dai due gruppi si intersecano abbastanza bene insieme. Tuttavia, questo settore patisce una continua trasformazione dovuta alla succitata concorrenza spietata. E il fatto che grandi colossi siano costretti a mettersi insieme la dice tutta sullo stato dell’arte.

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