Gattuso e Spalletti, due modi opposti di essere allenatori e uomini

Il campionato di Serie A è giunto al termine. Ed ogni volta ti sembra che sia passato velocemente, che sia iniziato giusto ieri.

A vincerlo, come da facile pronostico, la Juventus. Ma realmente insidiata dal Napoli. L’acquisto di Cristiano Ronaldo ha dato un’arma in più ad una squadra già rodata. Sebbene dal portoghese ci si aspettava qualcosa in più. Soprattutto in Champions. Competizione attesa a Torino da 23 anni e nella quale i bianconeri hanno pure fatto peggio degli ultimi anni.

I partenopei sono finiti ancora una volta secondi, malgrado la presenza di Carlo Ancelotti. Il quale rispetto all’amatissimo Maurizio Sarri ha dato qualcosa in più in Europa, ma qualche punto in meno in campionato (sebbene abbia fatto gli stessi punti del tecnico attualmente al Chelsea alla sua prima esperienza a Napoli).

Terza la sorprendente Atalanta, autrice di un campionato entusiasmante e di una cavalcata pazzesca. In un crescendo rossiniano alimentato dai risultati disastrosi delle Big.

Quarta l’Inter, dopo un campionato trascorso interamente al terzo posto. La squadra ha avuto un rendimento al girone di ritorno da settimo posto. Complici le spaccature di cui parlerò in seguito. In primis fomentate da Spalletti.

Quinto il Milan, che si è giocato la qualificazione fino alla fine malgrado il mai sopito scetticismo nei confronti di Gattuso e il caos societario.

Sesta la Roma, che ha dato il suo addio (in malo modo) a Daniele De Rossi. Non riesce quindi l’impresa all’allenatore-tifoso Claudio Ranieri.

L’altra romana, la Lazio, vince invece la Coppa Italia e finisce in Europa league.

In Serie B ci vanno Chievo, Frosinone ed Empoli. Mentre Fiorentina e Genoa si sono salvate con un pareggio che sa di “pastetta”.

Ma torniamo alle milanesi. E alla situazione delle rispettive panchine. Una situazione diametralmente opposta quella tra Gattuso e Spalletti, che evidenzia i valori dei due [sta_anchor id=”spalletti”]allenatori[/sta_anchor].

Gattuso motivo dimissioni

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«Decidere di lasciare la panchina del Milan non è semplice. Ma è una decisione che dovevo prendere. Non c’è stato un momento preciso in cui l’ho maturata: è stata la somma di questi diciotto mesi da allenatore di una squadra che per me non sarà mai come le altre. Mesi che ho vissuto con grande passione, mesi indimenticabili. La mia è una scelta sofferta, ma ponderata. Rinuncio a due anni di contratto? Sì, perché la mia storia col Milan non potrà mai essere una questione di soldi».

Con queste parole, Gennaro Gattuso lascia a sorpresa il Milan. L’allenatore calabrese sa di non aver mai goduto della piena fiducia dell’ambiente, così come della stampa. Continuamente messo in discussione per la sua poca esperienza e per il suo modo di preparare la squadra. Tutta grinta e poca tecnica. Al Milan, si sa, sono di bocca buona.

Gennaro Gattuso rinuncia così a 2 anni di contratto. Perché non ne fa una questione di soldi, ma di cuore. Il Milan lo ha accolto semi-sconosciuto e lo ha reso un campione d’Italia, d’Europa, del Mondo. E lui gli sarà sempre grato.

Con lui se ne va il suo alter ego, Leonardo. Col quale “Ringhio” non è mai andato d’accordo. Probabile ritorno al Paris Sant Germain per il brasiliano. Anche Maldini sembra in bilico. Per una società, quella rossonera, tutta da riscrivere. Per l’ennesima volta, dopo l’addio di Berlusconi. A gestirla è, come noto, il fondo piglia-tutto Elliott. Dopo il pacco cinese.

Per la panchina in testa c’è Giampaolo, allenatore stimato e in rotta con la Sampdoria. Si parla anche di Simone Inzaghi (forse però destinato alla Juve se non arriverà un big), Jardim o Di Francesco.

Spalletti attende licenziamento ma è sfiduciato da tempo

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Diversa la situazione sull’altra sponda calcistica meneghina. Luciano Spalletti attende il licenziamento da parte della società. Che prenderà Antonio Conte. Eppure, da mesi è stato sfiduciato da società, squadra, tifosi, addetti stampa.

La società sta corteggiando Conte da inizio anno e ha pure provato a farlo arrivare a campionato in corso. Incassando un rimando da parte dell’allenatore leccese.

La squadra è spaccata da tempo, pare, in particolare Icardi e Perisic. I quali avrebbero avuto un acceso diverbio. L’argentino ha segnato poco, giocato altrettanto e perso pure la fascia di capitano. La moglie-manager Wanda Nara ha continuamente lanciato frecciatine su Instagram (tra succinti costumi bianco neri, palloncini dello stesso colore e foto di zebre durante un Safari). Almeno fino a quando non è scoppiata la grana e si è data una calmata.

L’Inter non ha espresso più un gioco, è apparsa scorata, svogliata, quasi disinteressata. Rischiando di finire anche fuori dalla qualificazione Champions.

I tifosi, poi, criticano l’allenatore toscano da tempo. Vessandolo in ogni dove. La stampa, poi, non gli ha risparmiato critiche. Del resto, Giovanni Trapattoni ha definito Milano “una centrifuga”. Che ha stravolto Spalletti.

Nonostante tutto, ha aspettato che fosse la società a mandarlo via. A preferito restare nel tritacarne, attendere che fosse essa a fare la prima mossa. La dirigenza cinese avrebbe potuto optare per una soluzione interna (Cambiasso o l’allenatore della primavera), per un traghettamento da febbraio fino alla fine del campionato. Siglando un patto nello spogliatoio per chiudere dignitosamente la stagione.

In fondo, il Napoli è apparso sempre irraggiungibile, mentre dietro il Milan e le romane hanno fatto peggio. Solo la sorpresa Atalanta è riuscita ad insidiare la qualificazione. Quindi, fare peggio dell’allenatore di Certaldo era molto difficile.

Comunque, il licenziamento è stato solo rinviato per la morte del fratello Marcello, a 66 anni. Davanti alla morte ogni decisione si deve fermare. Anche se nel calcio, ormai, sembra si stia perdendo anche questa ultima sana abitudine.

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