La dittatura dei giornalisti in Italia: quanti ce ne sono in Parlamento

L’Italia è l’unico Paese nel quale esiste l’Ordine dei giornalisti. Istituito durante il Fascismo per controllare questa professione dal punto di vista deontologico, non è mai stato rimosso dai tanti governi della “democratica” Repubblica susseguitisi successivamente. Solo il Governo Monti provò a rimuovere l’ordine dei giornalisti pubblicisti, ma non se ne fece niente. Sarebbe stata cosa buona e giusta. Esso serve soprattutto a tanti siti web e giornali locali che sfruttano tanti giovani con la scusa di fargli avere poi il famigerato, e spesso inutile, tesserino (ma di questo tema ne ho parlato approfonditamente qui).

Il legame giornalismo-politica in Italia è molto forte. La politica influenza pesantemente il giornalismo e la libertà di stampa. Basta vedere come è messa da sempre la Rai (con un peggioramento, come vedremo, dovuto alla Legge Gasparri) e come i giornali percepiscano fondi pubblici per restare in piedi. Altrimenti morirebbero tutti o quasi. Ma anche i giornalisti sono molto influenti nella politica, basta vedere quanti ce ne sono nel Parlamento italiano.

Nel Parlamento italiano oltre il 12% sono giornalisti

Un’interessante articolo su Media e potere della dottoressa Tina Bettels effettua una disamina dello stretto intreccio tra giornalismo e politica. Riprendendo uno studio di Antonio Ciaglia. Orbene, l’indagine mette a confronto tre diverse nazioni: Regno Unito, Germania ed Italia. Nella britannica House of Commons oltre un quarto dei parlamentari sono politici ‘professionisti’, personalità che perseguono esclusivamente la loro carriera politica. Il 22% dei parlamentari è manager, il 12% avvocati, il 6,5% giornalisti. Nel parlamento tedesco solo il 9,5% è composto da politici di professione: la maggioranza dei membri del parlamento di Berlino è infatti composta da avvocati (21%) e dirigenti (19%). I giornalisti sono rappresentati con uno scarso 4%.

In Italia invece troviamo nell’attuale Parlamento una massiccia presenza di giornalisti e avvocati, ciascun gruppo con il 12,4%. Ciò significa che 118 parlamentari sono allo stesso tempo anche membri dell’Ordine dei giornalisti. Alcuni deputati, inoltre, continuano a lavorare in parallelo presso una testata. Solo l’11% dei parlamentari sono imprenditori, mentre i manager si avvicinano al 10%. Per Ciaglia l’Italia ha un organo radiotelevisivo pubblico molto politicizzato, al contempo il sistema politico di questo paese è fortemente influenzato dai media. Il legame tra i media e la politica rimane ancorato con forza nella società italiana e, anche senza il magnate dei media Silvio Berlusconi, sarà difficile allentarlo.

L’influenza politica sulle emittenti televisive pubbliche

Lo stesso confronto riguarda l’influenza della politica sulle emittenti televisive pubbliche. In Gran Bretagna, nel Bbc Trust, siedono undici membri definiti trustee, nominati dalla regina su raccomandazione del governo in carica. Gli aspiranti trustee devono precedentemente aver inoltrato la loro candidatura ed essersi sottoposti ad un processo di selezione. Solo dopo un colloquio personale, la commissione, composta da un rappresentante del Ministero della cultura e dei media, dal presidente del Bbc Trust e da un esperto indipendente, raccomanda al governo i candidati ritenuti adatti alla carica.

Nel Consiglio d’Amministrazione (CdA) della Rai tutti e nove i membri fanno riferimento ad un partito politico. Secondo Ciaglia, dall’introduzione della Legge Gasparri, “la radio e televisione pubblica sono state ulteriormente politicizzate, perché da allora la composizione del CdA rispecchia il numero di seggi assegnati a ciascun partito in parlamento”.

In Germania, al contrario, nelle emittenti pubbliche Ard e Zdf non siedono esclusivamente politici, ma il potere viene spartito tra numerosi soggetti socialmente illustri. Il Consiglio della Zdf è composto da 77 membri, rappresentanti di varie istituzioni tra cui il governo federale, i 16 Länder, le municipalità locali, i sindacati, le diverse chiese, le associazioni dei giornalisti e i gruppi ambientalisti. I governatori dei 16 Länder nominano i membri del consiglio della Zdf seguendo le raccomandazioni delle varie associazioni e delle organizzazioni. Il contratto tra la televisione pubblica e lo Stato sancisce quali associazioni e organizzazioni debbano essere rappresentate all’interno del consiglio dell’emittente pubblica.

Circa la metà dei membri hanno chiari legami con la politica e a onor del vero siedono nel consiglio della Zdf un numero maggiore di politici di quello che sembrerebbe a prima vista, visto che molti rappresentati di associazioni e organizzazioni sono vicini ad un particolare partito o addirittura ne fanno parte. Ciaglia, però, sottolinea che, a differenza della Rai, nella Zdf il potere decisionale non è esclusivamente nella mani dei partiti politici. Per questo l’autore pone l’emittente pubblico tedesco nella categoria delle cosiddette reti “a misura di cittadino”, mentre la Rai viene definita “a modello di governo”.

Raccomandati Rai, la lunga lista fondata su albero genealogico

Italia al 77° posto per la libertà di stampa

come iscriversi all'ordine dei giornalisti pubblicistiUn altro post su Forum dac, ci dà invece altri dati interessanti: in Italia, dati aggiornati al 2013, i giornalisti iscritti all’ordine sono 100.000, dei quali 1.373 in RAI. Eppure pochi comunicatori – su Internet, via radio o giornali locali – informano molto più e molto meglio. Non a caso siamo al 77°  posto della classifica mondiale sulla “libertà di stampa”. Significa che siamo un Paese in cui regnano censure, bugie, omissioni, chiacchiere, inganni semantici e di altro tipo. Lo possiamo verificare ogni giorno, comparando le notizie di giornali, radio e TV con la realtà locale, nazionale ed internazionale. E pensare che al 2013, anno del post, eravamo 61°. Ciò significa che siamo scivolati in 3 anni ulteriormente di ben 16 posizioni. Dunque la situazione è peggiorata ancora di più.

Fin quando esisterà un ordine dei giornalisti e un forte intreccio tra politica e questa professione, non rialzeremo mai la china. Anzi, più le dittature al mondo cadranno, più sprofonderemo verso gli ultimi posti. Se a tutto ciò aggiungiamo che ormai si pubblicano notizie puntando soprattutto al sensazionalismo con titoli acchiappa-click, allora possiamo dire che il giornalismo in Italia sia morto o comunque sia in grave agonia.

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