I PARTITI CHE SOSTENGONO MONTI SI SPARTISCONO LE AUTHORITY

LA SOLITA TRISTE PRASSI TRA I PARTITI DI MAGGIORANZA
Pdl, Pd e Udc – come noto i partiti maggiori che sostengono il Governo Monti – si dividono la torta delle Authority, ignorando ben 90 curriculum giunti in Parlamento. Questa tradizionale quanto triste spartizione, insieme al salvataggio del Senatore De Gregorio da un imminente arresto, ha caratterizzato la giornata politica di mercoledì. La quale ha dimostrato che la mazzata generale inflitta alla Casta nelle recenti amministrative non è servita a nulla. Frutto, denunciano Idv, Grillo, sinistra e molti parlamentari delusi del Pd, di logiche spartitorie in purissimo stile prima Repubblica.
Vediamo questi indegni incarichi assegnati.

LA SPARTIZIONE ALLA CAMERA – La Camera dei deputati ha eletto all’Agcom Maurizio Decina, ordinario al Politecnico di Milano e Antonio Martusciello, ex sottosegretario con Berlusconi. Alla Privacy vanno invece Giovanna Bianchi Clerici in quota Lega-Pdl e Antonello Soro, ex presidente dei deputati del Pd molto vicino al capogruppo Dario Franceschini. Il nuovo componente del Consiglio superiore della giustizia amministrativa è Giuseppe Lauricella, eletto da Montecitorio con 322 voti.
QUELLA AL SENATO – Al Senato, una votazione analoga ha scatenato analoghe proteste. Senza alcun patema d’animo entrano all’Agcom Francesco Posteraro, vicesegretario alla Camera e Antonio Preto, che era il capo di Gabinetto di Antonio Tajani in Europa. Per la Privacy, senza smentire gli annunci della vigilia, ce l’hanno fatta Augusta Iannini, capo dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia (nonché moglie di Bruno Vespa) e Licia Califano, che insegna Diritto costituzionale a Urbino.
L’accordo tra Pd, Pdl e Terzo polo ha retto, spazzando via giuristi del calibro di Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida e Stefano Rodotà – proposti dall’associazione Articolo 21 per l’Agcom – e nomi di professori meno noti ma molto titolati, sponsorizzati dal web. Stefano Quintarelli, che aveva lanciato sulla Rete la sua candidatura, si è fermato a 15 voti.
LE CRITICHE – Molti parlamentari hanno disertato l’Aula per protesta. I radicali non hanno votato. Antonio Di Pietro parla di «pagina buia per la democrazia» e attacca il Pd per il «metodo pilatesco» e la «lottizzazione» dei posti. Arturo Parisi è furioso, ritiene «irresponsabile» aver scelto i membri delle Autorità di garanzia «secondo il principio della spartizione» e denuncia un «attacco alle istituzioni che parte dal cuore delle istituzioni». Nel Pd la ferita brucia. I deputati parlano apertamente di «bluff», «sceneggiata», «truffa», «scandalo». Ma Franceschini difende il metodo, spiega che non c’è altro modo di votare in Parlamento e si sfoga: «Quale spartizione, quale manuale Cencelli! Abbiamo eletto otto persone i cui curriculum facevano parte dei 90 arrivati…». È vero. Peccato che il nome dell’onorevole dermatologo Soro circolasse da settimane come uno dei candidati blindati.
Benedetto Della Vedova, Fabio Granata ed Enzo Raisi di Fli si smarcano, lamentando «logiche partitiche» e mancanza di qualità nelle nomine. E anche sul web monta l’indignazione. Beppe Grillo parla di Agcom come di «una presa per i fondelli», Roberto Saviano denuncia su Twitter la mancanza di trasparenza. E adesso il caso Authority rischia di incrinare i rapporti, già non idilliaci, tra Bersani, Di Pietro e Vendola. Se il leader dell’Idv arriva a mettere in forse l’alleanza con il Pd, Nichi Vendola bolla le nomine come «una pagina nera, che può pesare moltissimo sulla scena politica».
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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