Pier Luigi Ighina, chi era l’uomo che inventò la macchina della pioggia

Pier Luigi Ighina, chi era l’uomo che inventò la macchina della pioggia

In questi giorni, un amico ha condiviso il video di una puntata di Report degli anni ‘90, nella quale viene intervistato Pier Luigi Ighina. Tecnico in elettronica e radioelettronica di Milano poi trasferitosi stabilmente a Imola, il quale nel corso dell’intervista mostra la sua straordinaria invenzione: una macchina capace di spostare le nuvole. Ovvero, farle diradare se il cielo è nuvoloso, o, di contro, far piovere se è limpido.

Nel servizio Pier Luigi Ighina dà dimostrazione del suo macchinario. Ed in effetti sembra proprio incredibilmente funzionare. Quando gli viene chiesto perché non la si utilizza in Africa, egli afferma di averci provato. Ma di aver trovato ostruzionismo da parte di chi con la siccità nel Continente africano ci guadagna.

Ma sono anche altre le invenzioni di Ighina, considerate Pseudoscienza dalla comunità scientifica. Tra le quali una invenzione per ridurre la potenza del terremoto.

Ighina sostiene anche di aver collaborato con Guglielmo Marconi, ma nell’ombra. Di fatto, non ci sono prove di ciò. Anzi, egli ritiene che Marconi sia morto proprio durante un esperimento finito male per la sua essenza.

Vediamo di seguito chi era Pier Luigi Ighina, quali furono i suoi rapporti con Guglielmo Marconi e quali furono le sue invenzioni. Infine, anche il video del servizio di Report dove mostra la sua invenzione per spostare le [sta_anchor id=”ighina”]nuvole[/sta_anchor].

Chi è Pier Luigi Ighina

Come riporta Wikipedia (Milano, 23 giugno 1908 – Imola, 8 gennaio 2004), da giovane si interessò allo studio della natura, delle forze motrici e dell’elettromagnetismo. Studiò a Milano, diventando tecnico in elettronica e radioelettronica.

Trovò lavoro come collaudatore prima alla Magneti Marelli, poi alla CGE (Compagnia Generale di Elettricità) e successivamente alla Ansaldo Lorenz di Genova. Dopo un corso di specializzazione in sistemi radiotelevisivi, nel 1926 scelse di arruolarsi come volontario nella Marina Militare come telegrafista.

Quali sono le teorie di Pier Luigi Ighina

In questo periodo, le sue ricerche lo portarono a delineare il concetto di ritmo magnetico Sole-Terra, un’ipotesi che restò priva di riscontri scientifici.

Ighina basava tutte le sue invenzioni sulla “filosofia della spirale“. Questa filosofia, che egli riconduceva alla filomazia, sostiene lo studio e le applicazioni della lettera simbolica pi contenente il numero aureo e quindi il principio che tutta la materia sia pervasa di frattali in stretto collegamento psicofisico tra loro. Ighina riteneva che tramite l’applicazione di questo ipotetico “principio filomatico” si sarebbe potuta migliorare la vita dell’uomo attraverso la costruzione di “artefatti elettromagnetici“.

Durante i suoi studi Ighina dichiarò nel suo libro di aver scoperto ed osservato l’ “atomo magnetico” tramite un particolare microscopio di sua invenzione, e di averlo diviso in monopoli magnetici: il monopolo positivo sarebbe l’energia solare, che arriva alla terra in forma spiraliforme e riscalda tramite frizione, mentre dalla terra partirebbe il monopolo negativo che si ricondurrebbe al sole tramite un ciclo a spirale contraria. Lo scontro tra queste due ipotetiche particelle pulsanti creerebbe la vita e la materia, ognuna caratterizzata da un proprio ritmo.

Sempre secondo Ighina, al centro del sole vi sarebbe un cuore magnetico che pulsa al ritmo del cuore umano.

I rapporti tra Pier Luigi Ighina e Guglielmo Marconi

Come detto, Ighina sostiene di aver lavorato con Guglielmo Marconi, dopo averlo conosciuto per caso, grazie ad un conte di Imola lontano parente di entrambi, e di essere in seguito diventato suo assistente, coadiuvandolo in numerose scoperte pur rimanendo nell’ombra.

Ighina frequentava spesso la Fondazione Guglielmo Marconi, ma nessuna delle affermazioni sul suo lavoro con lo scienziato risulta comprovata dalla documentazione di Marconi o della Fondazione, e queste sono riconducibili ad Ighina stesso.

Ighina sostenne anche che la morte improvvisa di Marconi fosse dovuta ad un esperimento sull’ “atomo magnetico” condotto da Marconi senza la sua supervisione e conclusosi con un disastro.

Quali sono le invenzioni di Pier Luigi Ighina

Nel 1937, il medesimo anno della morte di Marconi, Ighina ritornò a Imola, andando a vivere presso il marito della sorella. Ad Imola fondò il “Centro internazionale di studi magnetici” in viale Romeo Galli 4, che nonostante il nome prese la forma di una associazione senza fini accademici.

Ighina sosteneva, grazie alle invenzioni da lui rivendicate, di poter rigenerare cellule morte, allontanare terremoti e allontanare o avvicinare nuvole.

Soffermiamoci su quest’ultima, ribattezzata la “macchina della pioggia“. Come riporta Vice, essa dovrebbe essere composta da un’elica di elicottero rivolta verso l’alto e da gruppi di tubi posizionati in superficie e sottoterra forniti di polvere di alluminio che si “caricherebbero con l’energia solare“. Se caricati con energia positiva produrrebbero l’allontanamento delle nuvole. Rilasciando, invece, energia di polarità “negativa” si attrarebbero le nuvole. Il tutto seguendo il principio per il quale le nuvole avrebbero “polarità positiva” essendo caricate dal Sole.

Il Blog Bruxdal spiega come funziona così:

Il sole fa evaporare piccole particelle di materia (ossigeno, idrogeno, azoto, calcio, fosforo, ecc.). Queste particelle salendo verso il cielo vengono caricate di energia magnetica positiva solare luminosa che in esse diventa energia statica quando tali particelle si ossidano. L’energia contenuta in queste particelle di materia ha un peso che serve ad arrestare ad una data altezza le particelle a seconda del contenuto più o meno grande di energia statica. L’unione di queste particelle forma le nubi.”

Su Curiositybox, invece, il suo reale funzionamento viene confutato:

L’elica è composta da 7 tubi di alluminio riempiti di polvere di alluminio (e non di vari metalli); sotto l’elica ci sono diversi tubi di alluminio (riempiti di polvere di alluminio) disposti a spirale in senso orario; nel terreno dove è posta l’elica sono stati interrati tanti tubi di alluminio quanti sono quelli in senso orario, questa volta però disposti in senso antiorario. Fatte queste precisazioni bisogna aggiungere che l’elica non funziona senza il monopolo magnetico positivo o negativo. Per capire meglio a circa 50 metri dall’elica, dentro la stanza di un laboratorio, era situata la macchina che produceva i monopoli magnetici. Tale macchina era costituita da una elettrocalamita pesante 30 Kg ed alimentata da 10 batterie da 12V da 50Ah. Il funzionamento della macchina prevedeva che l’elettrocalamita ruotasse e che si dovessero utilizzare impulsi intermittenti di corrente mentre ruotava: ripetiamo.. senza il monopolo magnetico l’elica non funziona!”.

Come funziona la macchina che allontana i terremoti di Ighina

Un’altra invenzione eclatante è quella capace di ridurre la potenza e allontanare terremoti: la ”valvola antisismica”. La spiega bene il sito Queryonline.

La prima valvola è stata installata ad Imola, nella casa dell’inventore. Un sito riporta come prova della sua efficacia:

Basti pensare al 2 gennaio 1996. La notizia del giorno riguardava un terremoto con due epicentri che aveva colpito Faenza e Modena, saltando letteralmente Imola, che si trova in mezzo a queste due città.

Ma cosa è successo davvero? Il 31 dicembre 1995 si verificarono alcune leggere scosse nel modenese. Lo stesso Ighina, in un filmato, mostra un giornale in cui si vede indicato l’epicentro tra Modena e Reggio Emilia e si riportano i sismi avvenuti in precedenza a Macerata e in Lunigiana. Ighina poi cita un epicentro, non indicato nel giornale, a Faenza. Quindi la valvola avrebbe evitato un sisma ad Imola, proteggendo la zona per un raggio dichiarato di efficacia di una cinquantina di km. Ma pure a Bologna, nonostante l’assenza di valvole antisismiche, non abbiamo avuto scosse. In realtà i sismi erano eventi indipendenti, generati da faglie distanti nello spazio e nel tempo che non ha senso mettere in relazione tra di loro, e non c’era nessun motivo per aspettarsi un epicentro anche ad Imola in quella particolare occasione.

Un’altra valvola è stata istallata a marzo 2014 in località Pian di Pieca, nelle Marche, 50 km a nord di Amatrice. Il proprietario del terreno dichiara che

sembrerebbe che l’intensità del sisma fosse stata molto contenuta rispetto alle zone circostanti. Inoltre si noterebbe un effetto attenuante fino a 1,5 Km.

Inoltre località più distanti dall’epicentro risulterebbero maggiormente colpiti. Ma, ancora, non c’è nessuna ragione per aspettarsi un calo regolare dell’intensità delle scosse con la distanza. Si ricorda infatti che l’energia di un terremoto può essere stimata attraverso il calcolo della Magnitudo, che è indipendente dalla distanza a cui viene misurata.

Differente è l’intensità di un terremoto (misurata dalla scala Mercalli-Cancani-Sieberg) che misura i danni che causa e che è sostanzialmente funzione della qualità degli edifici su cui impatta indipendentemente dall’energia del terremoto stesso (un terremoto ML=6.0 come quello del 24 agosto se fosse avvenuto nel deserto avrebbe avuto una Intensità MCS = 0, in centro a Tokio MCS = 4-5, ad Accumuli MCS= 10-11 – Si ricorda che con MCS = 6 iniziano le lesioni agli edifici e con MCS = 8 si hanno le prime vittime).

Inoltre durante il passaggio di un’onda sismica si possono avere i cosiddetti fenomeni di amplificazione locale. L’energia dell’onda sismica è infatti direttamente proporzionale alla sua velocità e ampiezza. Generalmente i modelli crostali dell’Appennino prevedono una velocità dell’onda P di circa 3,5 km/s.

Quando l’onda sismica passa da un mezzo rigido (roccia con Vp=3,5 km/s) a un mezzo non rigido (sedimenti fluviali/lacustri con Vp di 200-300 m/s) si ha una drastica diminuzione della velocità dell’onda la quale, per il principio di conservazione dell’energia, aumenta la sua ampiezza facendo così aumentare i potenziali danni (e per questo motivo il sisma è stato avvertito anche a Siena, Arezzo e Firenze, a centinaia di chilometri dalla zona epicentrale)

L’effetto di un sisma dipende quindi fortemente dal tipo di terreno, dalla conformazione del sottosuolo, e naturalmente dalla qualità degli edifici. Danni a “macchie di leopardo” sono la norma, in questi casi, e naturalmente esistono anche numerose zone più vicine all’epicentro che hanno riportato danni minori di quelli osservati vicino alla valvola.

Secondo la teoria di funzionamento della valvola, inoltre, questa non potrebbe limitare i danni, in quanto dovrebbe ridurre l’energia complessiva del sisma, che è quella che è stata indipendentemente dalla distanza. Infine colpisce la riduzione dell’efficacia, dai 50 km dichiarati da Ighina a meno di 2 km, e il cambiamento dell’effetto (dall’evitare la scossa a limitarne i danni).

Si può riportare in un grafico la distanza dalla valvola degli epicentri dei terremoti, segnalati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), prima e dopo la sua installazione. E si nota come non cambi assolutamente nulla: se non ci fosse il colore differente ad evidenziarlo non sarebbe possibile capire quando questa sia avvenuta.

Analoghe considerazioni si possono fare per una valvola installata a Brisighella (RA), vicino a Faenza. Nonostante i promotori dell’iniziativa dichiarino una riduzione del 50% degli eventi sismici entro un raggio di 25 km, e del 100% entro 15 km, si vede che dopo un picco di attività nel 2010 e 2011 la frequenza delle scosse si è ridotta, ma non è variata a metà 2013, quando è stata installata la valvola. Una riduzione del numero degli eventi, intorno al 2014, è puramente casuale, avvenuta anche in precedenza, e dal 2015 l’attività è uguale a quella antecedente l’installazione, anche a meno di 15 km di distanza.

Ma siccome è difficile vedere effetti diretti, i seguaci dell’inventore propongono di misurarne l’efficacia usando un pendolino da radiestesia: la valvola infatti emetterebbe radiazioni “sottili”, sconosciute alla scienza e rilevabili solo con questi strumenti. Ma il rabdomante sa benissimo che cosa deve trovare, e inconsciamente non può che confermare queste aspettative. E non è stato mai fatto un controllo in cui il rabdomante non sappia se la valvola sia presente o meno.

Si ritrovano quindi tutte le classiche strategie per adattare la realtà alle proprie aspettative: selezione dei dati a conferma ignorando quelli a sfavore, esagerazione delle “prove” a favore, mancanza di un controllo (succede lo stesso altrove?), enfasi sulle impressioni soggettive, e infine drastica riduzione delle aspettative stesse (da 50 a soli 2 km di raggio efficace, riduzione dei danni invece della riduzione dell’energia liberata dal sisma).

In altre parole, conclude il sito, qualsiasi cosa succeda la valvola “funziona” sempre; anche se fosse stata piazzata nella piazza centrale di Amatrice si sarebbe potuto dire che in sua assenza i danni sarebbero stati maggiori.

Puntata Report sulla macchina della pioggia

Riguardo la macchina della pioggia, c’è un’interessante servizio di Report. A proposito della “macchina della pioggia” Ighina disse:

«Ho mandato questa idea in Africa. Sa cosa mi hanno detto? Se la prenda e la porti via perché noi guadagniamo sulla mancanza di acqua».

Ha inoltre dichiarato di non voler brevettare alcuna delle sue invenzioni, perché

«il sapere è una cosa comune ed è giusto che venga utilizzato da tutti».

Al filmato seguivano le dichiarazioni di Giuliano Preparata, che allora era docente di fisica alla Statale di Milano, intervistato da Milena Gabanelli che chiede se si trattano di ciarlatani:

Non hanno nessun aspetto della ciarlataneria. Sono persone che probabilmente hanno scoperto delle cose nuove, incomprensibili all’interno della visione generalmente accettata della fisica, e che dovrebbero essere guardate con grande interesse e grande simpatia perché potrebbero aprire degli scenari nuovi”

Lo stesso Preparata era sensibile all’argomento ‘ricercatori che vengono snobbati dalle accademie‘ date le sue ricerche indipendenti sulla fusione a freddo.

Come giudicare le invenzioni di Ighina? Luigi Fanton, collaboratore di Ighina, sostiene che questi, dopo aver dichiarato che l’esperimento era riuscito, rifiutava di dimostrarlo di fronte ad altri, sostenendo di aver smontato i macchinari per costruirne altri. Ighina sosteneva di temere per la sua vita a causa di quella che riteneva la “scomodità” delle sue invenzioni: in un’intervista a Report affermò:

“Se mi prendono mi fanno fuori”.

Sta di fatto che egli ha comunque lasciato il segno. Ed oggi, nel mondo della facile diffusione sul web di ogni genere di teoria, le sue invenzioni circolano con forza tra gli appassionati di pseudoscienze e nell’ambiente del complottismo. Pur non avendo ottenute prove di funzionamento pratico e non essendo riconducibili alle conoscenze scientifiche assodate. In fondo, Ighina non voleva vendere nulla, né imporre le proprie convinzioni. Come invece fanno solitamente ciarlatani e truffatori.

Del resto, il Mondo lo hanno cambiato i folli e coloro che sono andati controcorrente. E chi sa che un giorno, soprattutto per la risoluzione del problema idrico in Africa, anche egli possa essere annoverato tra questi.

Ecco la puntata di Report con Pier Luigi Ighina, giudicate voi:


Questo è il commento di Preparata:

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

2 Risposte a “Pier Luigi Ighina, chi era l’uomo che inventò la macchina della pioggia”

  1. questo genio Ighina devono conoscerlo tutto il mondo perche le sue conosciense aiuterebbero tante persone del mondo

  2. Strano pensare come i più grandi geni, spesso siano messi in sordina. Costui ai più è semisconosciuto . Si ricorda Edison ma non allo stesso modo colui che gli procuro la fortuna, il vero inventore della lampadina, Tesla.

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