IL TURKMENISTAN E LA SUA DITTATURA BISLACCA

DATA ULTIMO AGGIORNAMENTO: 18 Febbraio 2019

Un regime dittatoriale si sa, tende a trasformare una Nazione a immagine e somiglianza di chi la instaura: ma il caso del Turkmenistan è alquanto estremo e bislacco.
Il Turkmenistan è uno Stato dell’Asia centrale confinante con l’Afghanistan, l’Iran, il Kazakhstan e l’Uzbekistan, e fino al 1991 ha fatto parte dell’Unione Sovietica.
Dopo il crollo dell’URSS, nel Paese è stata instaurata una dittatura monopartitica fortemente personalistica, fondata come per gli altri paesi dell’area, dall’ex capo locale del sistema sovietico Saparmyrat Nyýazow, che ha detenuto la carica vitalizia di Presidente assoluto fino alla sua morte, avvenuta per infarto il 21 dicembre 2006.

In base alla costituzione il Capo di Stato e di Governo è vitalizio e detiene poteri esecutivi, legislativi e giudiziari diretti. L’unico partito esistente è il Partito Democratico del Turkmenistan, che raccoglie politicamente tutto il popolo turkmeno. Ma qui viene il [sta_anchor id=”turk”]bello[/sta_anchor].
La Dittatura Turkmena è caratterizzata da un’impronta peculiarmente filosofica, basata sul Ruhnama, il Libro d’Oro, ove Niyazow scrisse le proprie teorie filosofiche e politiche, il cui studio è obbligatorio per accedere a qualsivoglia carica pubblica. In base a detti precetti, il Popolo Turkmeno (Turcomanno) deve preservare al massimo i propri costumi da eventuali corruzioni esterne. Da ciò derivano le leggi che vietano le acconciature di capelli e barbe non tipiche del Turkmenistan, le norme che vietano la diffusione di musiche e libri non turkmeni (tra cui l’opera lirica) e tante altre prescrizioni specifiche. Il culto della personalità del Presidente è coltivato in modo massiccio, attraverso varie iniziative pubbliche.
Tra queste: la costruzione in ogni città del Paese di statue d’oro raffiguranti il capo che indica il sole (attraverso congegni ad orologeria le statue sono in grado di seguire i movimenti solari); la modifica del calendario utilizzando nuovi nomi per giorni e mesi, tratti dai nomi della famiglia e della corte del Presidente; la diffusione capillare e iperbolica di immagini raffiguranti il Capo; l’esaltazione dei concetti di famiglia e clan del Presidente, anche attraverso l’inaugurazione di una politica matrimoniale (matrimoni d’alleanza) tra famiglie di alto rango dell’area.
Insomma, una dittatura più pittoresca di tante altre esistenti; ma con un elemento in comune con queste ultime: chi è al potere ammalia e lascia nella povertà il popolo, nonostante il Paese goda di risorse naturali abbondanti, come il tanto agognato gas.
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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