Inps, chi è il nuovo Presidente Tridico: anti-Lega e contro la Flat Tax

Chi è il nuovo Presidente Inps? Tanto tuonò che piovve. Anche sotto il cielo dell’Inps, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Come noto, ente preposto al pagamento di varie forme pensionistiche e assistenziali. Il cui bilancio piange da un po’ di anni, malgrado riforme varie ed eventuali che hanno di volta in volta peggiorato la situazione dei lavoratori. I quali hanno visto sempre più allontanare l’approdo al fatidico e tanto agognato giorno del pensionamento. Oltre che ridurre l’assegno mensile.

Il tutto è iniziato con la Riforma Dini del 1995, che introduceva un principio innovatore. Ossia, l’introduzione della rivalutazione dei contributi con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita per la determinazione della pensione di vecchiaia. Sistema che permette un abbattimento degli importi delle pensioni con il conseguente aumento della stabilità finanziaria degli enti previdenziali gestiti con il sistema della gestione a ripartizione.

Orbene, l’Inps ha un nuovo Presidente: Pasquale Tridico. Che sostituisce così Tito Boeri, in contrasto con le previsioni e le politiche dell’attuale Governo Conte. Ritenendole insostenibili.

Certo, resta il fatto che questa nomina è alquanto curiosa. Visto che Pasquale Tridico ha avuto spesso parole pesanti nei confronti della Lega. Arrivando ad auspicare perfino un’alleanza del Movimento cinque stelle con il Pd piuttosto che coi “barbari” padani. Ma non finisce qui. Sono anche altre le esternazioni anti-Lega di [sta_anchor id=”inps”]Tridico[/sta_anchor].

Pasquale Tridico Presidente Inps contro la Lega

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Come riporta Il Giornale, il 28 marzo 2018, tanto per dirne una, il professore di Economia politica all’Università di Roma Tre sentenziava tranchant: “La Flat Tax non è realizzabile“. Un mese dopo rispondeva così sull’ipotesi di un accordo del M5s con il Pd o con la Lega:

“Non posso rispondere e la mia opinione, essendo io un tecnico, conta meno di zero. Io comunque per formazione culturale sono vicino al lavoro e chi soffre per il lavoro, quindi culturalmente sono a sinistra, l’ho già detto e non ho difficoltà a ripeterlo”.

Il 26 aprile poi Tridico rincarava la dose e auspicava un accordo del M5s con i dem: “

Giustamente spetta ai capi designati, a Martina da una parte e a Luigi Di Maio dall’altro, sono loro che andranno a negoziare quello che c’è da negoziare, si parte da due programmi diversi, però sinceramente se c’è l’intenzione e la volontà di pensare a una convergenza, questa ci può essere”.

Passa neanche un mese e l’idiosincrasia di Tridico, all’epoca ministro del Lavoro in pectore del M5S, nei confronti della Lega si palesa forte e cristallina:

“Ho lasciato quando ho visto che si profilava l’accordo con la Lega. Dal mio punto di vista di uomo di sinistra un’alleanza di questo tipo è un problema. La mia figura avrebbe creato conflitti. Non ce l’avrei fatta né a fare un governo con la Lega né ad accettare che dei cavalli di battaglia del Movimento, come restituire la dignità ai lavoratori, non fossero nel programma”.

Poi l’attacco ancora più diretto alla Lega:

“Nel contratto non c’è nessuna misura per risolvere i problemi del mercato del lavoro. Non c’è nulla sul patto per la produttività e soprattutto nulla sul Sud. Nel reddito di cittadinanza viene scritto che è solo “per gli italiani”, mentre nella proposta di legge del M5S si parlava anche degli stranieri residenti da due anni in Italia. Anche il pacchetto di welfare per le famiglie è solo “per gli italiani” Non va bene: puoi imporre il requisito di residenza, non di italianità”.

Bordate pure sulla flat tax:

“È inaccettabile. È l’ultima cosa che si dovrebbe fare in un Paese dove sono aumentate le diseguaglianze. Al massimo serve aumentare le tasse ai redditi alti, non certo ridurle, cosa che invece fa la flat tax”.

Eppure, su alcuni temi invece, il “padre” del reddito di cittadinanza non sembrava poi così distante dalla Lega. Basti pensare al Jobs Act e alla riforma Fornero, entrambe da superare per il cosentino 43enne.

Ma è difficile inquadrare politicamente il tecnico Tridico. Un esempio su tutti? Quando nel marzo dell’anno scorso propose di ridurre l’orario di lavoro fu l’esponente del Pd Stefano Pedica a rispondergli paragonandolo a Cetto La Qualunque: “Dopo il reddito di cittadinanza, il M5s passa alla riduzione dell’orario di lavoro. Oramai manca solo “più pilu per tutti“.

E’ da un po’ che la presidenza Inps fa parlare di sé, oltre che per le continue sforbiciate alle pensioni a colpi di riforme. Basti pensare al pluri-poltronista Mastrapasqua o al contestato dall’asse giallo-verde Boeri.

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