LA NECESSITA’ DI RIAPRIRE LE CASE CHIUSE

LA PROSTITUZIONE CLANDESTINA LUNGO LE STRADE E’ ORMAI UN FENOMENO ANCHE DIURNO. TANTI SONO I SOLDI SOTTRATTI AL FISCO, PER NON PARLARE DEI RISCHI CHE INCORRONO LE PROSTITUTE STESSE E I CLIENTI
Si dice che la Prostituzione sia il mestiere più antico del Mondo, e che per secoli abbia perfino ricoperto nelle popolazioni una sorta di “funzione sociale”, tanto da essere tollerata e regolamentata dai governanti. Ma una legge del 1958, che prende il nome della sua fautrice – La legge Merlin – l’ha resa clandestina, con la ratio di dover dare dignità alle donne. Ma in quel modo non solo non si è posto fine al fenomeno, bensì lo si è reso più pericoloso e squallido, giacché la prostituzione si è riversata subito per strada e oggi è alimentata dall’arrivo di donne nigeriane e dell’est europeo. Per non parlare del traffico di organi a cui esso da vita.

LA PROSTITUZIONE IN ITALIA – In Italia la prostituzione è stata regolamentata dallo Stato fin dai tempi antichi. Nel Regno delle Due Sicilie, già nel 1432, era stata rilasciata una reale patente per l’apertura di un lupanare pubblico; e anche nella Serenissima Repubblica di Venezia esistevano numerose case di prostituzione. Case di tolleranza erano presenti anche nello Stato pontificio. Il Regno di Sardegna introdusse il meretricio di stato (pensato, voluto e realizzato da Cavour), anche e soprattutto per motivi igienici, lungo il percorso delle truppe di Napoleone III nella seconda guerra di indipendenza italiana, sul modello di quanto già esisteva in Francia dai tempi del primo Napoleone.
Con l’unità d’Italia, una legge del 1860 estendeva questa pratica a tutto il paese, dove peraltro esisteva già una ricca tradizione di tolleranza in varie regioni. Lo Stato italiano si faceva carico di fissare anche i prezzi degli incontri a seconda della categoria dei bordelli, adeguandoli al tasso di inflazione. Ampi consensi popolari erano andati, ad esempio, al ministro degli Interni Giovanni Nicotera quando, nel 1891, aveva dimezzato il prezzo di un semplice trattenimento in una casa di terza classe, con ulteriori sconti per soldati e sottufficiali, mentre Urbano Rattazzi, anni prima, aveva persino stabilito con un decreto ministeriale che una prestazione basilare doveva durare venti minuti.
Il regime fascista, con il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1931, aveva imposto misure restrittive nei confronti delle prostitute, obbligate a essere schedate dalle autorità di pubblica sicurezza e sottoposte a esami medici obbligatori. La frequentazione di case di tolleranza era, prima della loro chiusura, una pratica abbastanza consueta presso la popolazione maschile, mentre le donne che entravano a far parte della schiera delle prostitute avevano poche possibilità di affrancarsi da un mestiere che spesso era fonte di malattie veneree e quindi di una minore aspettativa di vita.
Anche dopo la fine della seconda guerra mondiale l’opinione pubblica era in buona parte favorevole alla prostituzione legalizzata, sia per ragioni di igiene pubblica, sia per la volontà di porre un divario con le ragazze destinate a diventare spose e madri e per garantire alla popolazione maschile una valvola di sfogo per i propri istinti sessuali.
LA LEGGE MERLIN – La tenacia di Lina Merlin nel portare avanti, fin dal momento della sua elezione, la propria lotta al lenocinio (favoreggiamento) inteso come sfruttamento di prostitute (e, di fatto, quindi decretare l’illegalizzazione della prostituzione) portò all’approvazione dell’omonima e ampiamente discussa legge. Il suo primo atto parlamentare era stato quello di depositare un progetto di legge contro il sesso in compravendita e l’uso statale di riscuotere la tassa di esercizio. Un incentivo alla sua azione legislativa venne dall’adesione dell’Italia all’ONU. In virtù di questo evento, il governo dovette sottoscrivere diverse convenzioni internazionali tra cui la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (del 1948) che, tra l’altro, faceva obbligo agli Stati firmatari di porre in atto “la repressione della tratta degli esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione”.
Il PSI di allora intendeva, come deriva della ratifica di questi trattati, abolire le case di tolleranza gestite dallo Stato. Tuttavia, l’allora ministro degli Interni Mario Scelba aveva smesso di rilasciare licenze di polizia per l’apertura di nuove case già dal 1948.
La proposta di legge presentata dalla Merlin fu l’unica al riguardo. Merlin ribadì nel dibattito parlamentare come l’articolo 3 della Costituzione italiana sancisse l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e l’articolo 32 annoverasse la salute come fondamentale diritto dell’individuo; veniva citato inoltre il secondo comma dell’articolo 41 che stabilisce come un’attività economica non possa essere svolta in modo da arrecare danno alla dignità umana. A detta della senatrice, le leggi che fino ad allora avevano regolamentato la prostituzione potevano e dovevano essere abolite, senza che a esse venisse sostituito alcun controllo o permesso di esercitarla in luogo pubblico.
Occorsero nove anni perché la sua proposta di legge percorresse l’intero iter legislativo. Nonostante avesse dalla propria parte una maggioranza di consensi, la legge incontrò ostacoli di diverso genere durante il dibattito nelle aule parlamentari, dovendo essere ripresentata allo scadere di ogni legislatura e ricominciare i dibattiti tanto in aula quanto in commissione.
La legge prescriveva anche la costituzione del primo corpo di Polizia femminile, che da allora in poi si sarebbe occupata della prevenzione e della repressione dei reati contro il buon costume e della lotta alla delinquenza minorile.
UN VANTAGGIO ANCHE ECONOMICO OLTRE CHE SOCIALE – Così Indro Montanelli commentò, in un breve pamphlet del 1956, la chiusura delle Case di tolleranza: « … in Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia… », perché tutto iniziava e si concludeva in quegli edifici. Una nuova regolamentazione della Prostituzione si rende quanto meno degna di un serio dibattito politico, visto che genera in Italia un notevole indotto: 50000-70000 prostitute coinvolte, 9 milioni di clienti, 19-25 miliardi di euro il giro d’affari stimato sottratto all’imposizione fiscale. Per non parlare dei fenomeni negativi di cui sopra a cui si porrebbe fine o quanto meno maggiore controllo. 
In fondo, i politici bigotti benpensanti che oggi si oppongono anche ad iniziare una seria discussione nelle aule competenti, sono poi quelli che organizzano festini o incontri con escort e trans.

SONDAGGIO

Il dato curioso del risultato finale è che proprio le donne siano molto favorevoli, più degli uomini: quasi 8 su 10.

(Fonte: Wikipedia)
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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