LA SPERANZA PER GLI ULTIMI, IL CINEMA DI FRANK CAPRA

I SUOI FILM SONO FAVOLE MODERNE A LIETO FINE CHE TRASMETTONO SPERANZA E OTTIMISMO
In tempi grigi e pessimisti come quelli in cui viviamo, il suo Cinema può ritrovare un ruolo fondamentale; la sua funzione può tornare in auge. Parlo dei film di Frank Capra, regista americano di origini siciliane, autore di molti film che possono essere visti come autentiche favole moderne e di nuovo attuali, aventi come protagoniste persone umili e bistrattate da una società cinica, ma che poi alla fine ottengono giustizia e riscatto. L’apice della sua carriera sono senza dubbio gli anni ’30, sebbene il suo film più famoso sia La vita è meravigliosa del 1946. Quando uscì il film però andò malissimo, al punto da sancire il fallimento – assieme all’insuccesso commerciale de Lo stato dell’Unione (1948) – della società cinematografica fondata insieme all’ex produttore capo della Columbia Samuel Biskin e ai colleghi registi William Wyler e George Stevens: la Liberty films. I tempi erano cambiati. L’America si sentiva già in ascesa economica, dunque i suoi film basati su storie malinconiche e difficili, seppur a lieto fine, non avevano più spazio.


ORIGINI ED ESORDIO – Capra nacque a Bisacquino, in provincia di Palermo, il 18 maggio 1897. Emigra con la famiglia, a soli sei anni, dalla natia Sicilia a Los Angeles. Compie studi di ingegneria chimica al Throop Institute (futuro California Institute of Technology). L’incontro con il mondo del cinema è piuttosto fortuito. Nel 1922, a San Francisco, dopo aver compiuto limitate esperienze di aiuto-regia non accreditate, si propone come regista a Walter Montague, produttore dei Fireside Studios, e dirige il cortometraggio Fultah Fisher’s Boarding House.
Negli anni successivi ricopre il ruolo di tuttofare del set (“jack-of-all-the-trades”), svolgendo gli incarichi più diversi (impiegato in un laboratorio di sviluppo e stampa, montatore, trovarobe), fino a diventare “gag writer” e sceneggiatore, per la serie comica Our Gang, prodotta da Hal Roach. Comincia la propria formazione come regista con Mack Sennett, alla Keystone, quindi lavora alla First National con il comico Harry Langdon, per il quale dirige La grande sparata, la sua prima regia di un lungometraggio, e Le sue ultime mutandine. Si tratta di un sodalizio professionale proficuo, ma di breve durata, a causa di divergenze artistiche e ambizioni personali. D’altronde il primo era agli inizi, il secondo ormai già in declino.
GLI ANNI ’20 E I PRIMI FILM DI LIVELLO – Dopo aver girato un ultimo film per la First National, For the Love of Mike, Capra approda alla Columbia ed è un incontro perfetto, destinato a lasciare il segno nella storia del cinema. Entrambe le parti ne ricavano la massima soddisfazione: la Columbia, in cerca di affermazione su un mercato dominato dalle “Big Five” (MGM, Warner Bros, Paramount, 20th Century Fox, RKO), concede a Capra, in cerca di una legittimazione professionale, un’autonomia impossibile da ottenere in una delle majors, e ne ottiene una serie di film che costano poco (con l’unica eccezione dell’esotico Orizzonte perduto, dal budget superiore ai 2 milioni di dollari) e rendono molto e sono fra i maggiori successi cinematografici degli anni trenta; Capra può raggiungere la piena maturità registica e poi conquistare la fama e la consacrazione definitiva, rappresentata dai tre Premi Oscar al miglior regista nel giro di cinque anni (1935, 1937, 1939).
Prima di arrivare a quel punto, però, Capra percorre il suo cursus honorum hollywoodiano, una tappa alla volta. Dopo le comiche seriali, è la volta dei b-movie (in senso produttivo, non qualitativo). Fra il 1927 e il 1928 gira addirittura sette film (da That Certain Thing a The Power of the Press), a ritmo serratissimo (sei settimane per ogni film: due per scriverlo, due per girarlo e due per montarlo), acquisendo in questo modo l’abitudine all’assoluto rispetto dei tempi e budget a disposizione: «lavorare con poco, e il rapporto con la gente, mi hanno fatto crescere (…) Nessuno dei miei film ha superato il budget previsto. Perché ero abituato al poco».
Gira una trilogia d’avventura incentrata sul progresso tecnologico, Femmine del mare (1928), Diavoli volanti (1929) e Dirigibile (1931), tre variazioni sullo stesso tema (un’amicizia maschile messa in crisi dall’elemento femminile, un evento catastrofico legato di volta in volta ad un mezzo della modernità), con la stessa coppia di personaggi e interpreti (il giovane Ralph Graves e il maturo Jack Holt).
Il primo esperimento con il sonoro è l’ibrido La nuova generazione (1929), saga familiare ambientata nel Lower East Side di New York, con alcune parti mute, altre con sonoro in presa diretta o post-sonorizzate, mentre il primo film sonoro a tutti gli effetti è la modesta detective story L’affare Donovan (1929).
La fase di transizione verso la maturità è rappresentata dai film interpretati da Barbara Stanwyck, la prima vera star del cinema di Capra: Femmine di lusso (1930), La donna del miracolo (1931), Proibito (1932), presentato con successo alla prima edizione della Mostra del cinema di Venezia, l’esotico L’amaro tè del generale Yen (1933), un insuccesso commerciale ma anche uno dei titoli più sentiti dal regista. Gli ultimi due sono stilisticamente piuttosto diversi dal Capra successivo e più conosciuto, in quanto risentono della competizione della Stanwyck con Marlene Dietrich e dell’imitazione dello stile di Josef von Sternberg (in particolare di Venere bionda e Shanghai Express). A questo periodo appartiene anche La donna di platino (1931), commedia che impone come attrice brillante la bomba sexy Jean Harlow.
GLI ANNI ’30, L’APICE – Dopo aver realizzato gli apprezzati La follia della metropoli (1932) e Signora per un giorno (1933), il secondo dei quali gli vale la prima nomination all’Oscar come migliore regista, il 1934 segna la svolta decisiva della sua carriera: Accadde una notte, uno dei prototipi della screwball comedy, si rivela uno straordinario, inaspettato successo, è il primo film a conquistare i cinque Oscar maggiori (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior attore protagonista e miglior attrice protagonista) e lo trasforma in uno dei registi più importanti di Hollywood.
È l’inizio di un periodo d’oro per Capra, che nei suoi film riesce a rappresentare come nessun altro quel complicato decennio caratterizzato dalla Grande Crisi, ma anche dal New Deal di Franklin D. Roosevelt, vissuto dalla gente con disperazione ma anche speranza, fra conflitti e solidarietà, e riesce a raggiungere il cuore del pubblico. I cinque film girati tra il 1936 e il 1941, da È arrivata la felicità a Arriva John Doe, ottengono complessivamente trentuno nomination e sei premi Oscar e sono regolarmente dei successi commerciali: Mr. Smith va a Washington (1939), per esempio, è il secondo incasso dell’anno negli Stati Uniti.
La posizione di rilievo raggiunta nell’ambiente cinematografico americano è testimoniata anche dal riconoscimento ottenuto all’interno delle associazioni di categoria: ricopre la carica di presidente della Motion Picture Academy dal 1935 al 1939, mentre dal 1939 al 1941 quella della Screen Directors Guild. In questa seconda veste guida le rivendicazioni dei registi, per il riconoscimento del loro ruolo centrale nel processo produttivo. In una lettera aperta al New York Times, scrive che «il 90 per cento [dei registi] non ha voce in capitolo né sul soggetto, né sul montaggio» e che solo una mezza dozzina hanno una vera autonomia. La minaccia di sciopero da parte dei registi ottiene solo di sancire informalmente l’esistenza di un gruppo di “privilegiati” registi-produttori limitato ad una trentina di nomi illustri (DeMille, Lubitsch, Vidor, Ford, Hawks, Cukor, ecc.).
All’inizio del nuovo decennio, la “piccola” Columbia appare ormai non più all’altezza delle ambizioni di Capra che, a partire da Arriva John Doe, sperimenta la produzione indipendente: insieme a Robert Riskin, suo sceneggiatore di fiducia, fonda la Frank Capra Productions e stringe un accordo per la distribuzione del film con la Warner Bros.
IL DECLINO NEL DOPOGUERRA – Gli anni della seconda guerra mondiale segnano una netta cesura nella carriera di Capra, con l’unica parentesi di Arsenico e vecchi merletti (1944), tratto da una pièce teatrale di Joseph Kesselring, un lavoro di mestiere, poco “capriano”.
Tra il 1942 e il 1945 si arruola nell’esercito degli Stati Uniti, su invito del Capo di Stato Maggiore, il generale George C. Marshall, per coordinare la propaganda bellica attraverso il cinema. Per conto del Dipartimento della Difesa supervisiona la realizzazione della serie di documentari divulgativi Why We Fight (ovvero “Perché combattiamo”), rivolti in primo luogo ad informare le giovani reclute sulle cause della guerra a cui sono chiamate a partecipare:
Pur trattandosi principalmente di un lavoro di montaggio di materiale di repertorio, il primo episodio della serie, Preludio alla guerra, ottiene nel 1943 l’Oscar al miglior documentario, a pari merito con altre tre opere analoghe, fra cui The Battle of Midway di John Ford.
Nel mondo in trasformazione del dopoguerra, Capra appare superato dai tempi. Al suo declino professionale contribuiscono il venir meno della vena creativa e le difficoltà dell’indipendenza produttiva, in un sistema ostile a simili esperienze. La Liberty Films, fondata nel 1945 insieme all’ex produttore capo della Columbia Samuel Biskin e ai colleghi registi William Wyler e George Stevens, ha una vita molto breve, già nel 1947 viene ceduta alla Paramount Pictures a causa dell’insuccesso del film La vita è meravigliosa (1946) che, insieme al successivo Lo stato dell’Unione (1948), rappresenta una sorta di testamento spirituale per Capra.
In seguito, mentre al cinema propone remake dei suoi stessi film (è uno di quei casi più unici che rari di un regista che realizza in prima persona alcuni remake dei propri film, come La gioia della vita del 1950 da Strettamente confidenziale del 1934 e Angeli con la pistola del 1961 da Signora per un giorno del 1933), è comunque uno dei primi grandi di Hollywood a sperimentare la televisione. Fra il 1956 e il 1958 realizza una serie di documentari didattici a carattere scientifico per la Bell System (Our Mr. Sun, Hemo the Magnificent, The Strange Case of the Cosmic Rays, The Unchained Goddess).
È proprio il nuovo medium a “uccidere” il cinema di Capra, assorbendone temi e codici narrativi, sostituendolo e superandolo come nuovo principale produttore di un immaginario collettivo.
Il regista decide quindi di congedarsi e concludere prematuramente la propria carriera cinematografica poco più che sessantenne, ancora al massimo della vitalità. Trascorre il resto della sua vita nel buen retiro californiano di La Quinta, limitandosi ad un’attività di conferenziere presso le scuole ed in occasione di festival cinematografici.
LE CRITICHE SUBITE – Frank Capra, malgrado il successo popolare dei suoi film (o proprio a causa di questo), ha sempre avuto una buona schiera di detrattori, che ne hanno criticato il populismo, lo stucchevole ottimismo, la demagogia paternalistica, il democraticismo superficiale tendente ad un atteggiamento reazionario e hanno coniato per il suo cinema il termine “capracorn”, in senso dispregiativo. È stato a lungo snobbato dai teorici dell'”autorialità” ed escluso dal novero dei grandi.
Non ha aiutato il fatto che lo stesso Capra accreditasse una lettura conservatrice del suo cinema e della sua vita, recitando un ruolo volutamente naif e legittimando una visione qualunquista dei suoi film, basati sui buoni sentimenti e sulla semplicità. Secondo altri critici l’ottimismo di Capra, a una lettura più profonda, ha invece risvolti più disincantati e amari. A ben guardare i suoi happy-ending hanno sempre una facilità troppo ovvia, quasi banale tanto da sembrare ambigui e posticci, come se fosse una scusa per coprire una realtà ben più amara. Le sue storie sono infatti pessimiste fino all’ultima sequenza, quando improvvisamente e senza una logica apparente le cose si capovolgono, in maniera poco verosimile e quasi miracolosa.
LA RISCOPERTA NEGLI ANNI ‘ 80– Per fortuna, oltre alle critiche, i suoi film hanno ricevuto anche ben 14 premi, oltre a innumerevoli nomination. Solo John Ford ha vinto più Oscar di lui come regista (quattro). Il suo Cinema è stato riscoperto ad inizio anni ’80, con una serie di studi che ne hanno recuperato e riletto l’opera e soprattutto con il premio speciale alla carriera dell’American Film Institute. Proprio in quegli anni e fino alla prima metà anni ’90 diversi sono i film che si ispirano al suo stile: Gremlins (1984) di Joe Dante o Ritorno al futuro (1985) di Robert Zemeckis; ma anche di quelle commedie che mettono in scena il mondo della finanza: Una poltrona per due (1983) di John Landis o I soldi degli altri (1991) di Norman Jewison. Un’altra opera di quegli anni è Tucker, un uomo e il suo sogno di Francis Ford Coppola, il quale aveva offerto invano proprio a Capra di ricoprire il ruolo di produttore esecutivo.
C’è stato poi un curioso revival a metà degli anni novanta: Eroe per caso (1992) di Stephen Frears, Dave – Presidente per un giorno (1993) di Ivan Reitman, Mister Hula Hoop (1994) di Joel Coen, Forrest Gump (1994) di Robert Zemeckis, Può succedere anche a te (1994) di Andrew Bergman.
Oggi Frank Capra è di nuovo attuale, come detto, per una mera questione sociale ed economica. Il Mondo sembra essere tornato a quegli intimoriti e depressi anni ’30 a cui lui seppe dare ottimismo e speranza con i suoi lungometraggi.
(Fonte: Wikipedia
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

0 Risposte a “LA SPERANZA PER GLI ULTIMI, IL CINEMA DI FRANK CAPRA”

  1. Personalmente lo considero uno dei più grandi registi americani di sempre. La vita è meravigliosa è un capolavoro senza tempo. Stucchevole ottimismo? Forse… ma quello di Capra è un ottimismo che scalda il cuore!

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