Il Mar Morto rischia di morire davvero: l’allarme degli esperti

A scuola ce lo hanno insegnato i professori di Geografia: il Mar Morto si chiama così in quanto, a causa della sua elevata salinità, non possono nascervi esseri viventi. Non illudetevi però, dato che anche in questo caso il nome non spiega la reale natura di un elemento naturale. Facile, ad esempio, ritenere che il Lago Maggiore sia il più grande d’Italia (come dimostra la tragicomica scena dell’esame di quinta elementare sostenuto da Totò nel film I sette Re di Roma).

Infatti, il Mar Morto è propriamente un lago situato nel Vicino Oriente tra Israele, la Giordania e la Cisgiordania nel deserto della Giudea, parte della regione storico-geografica della Palestina.

Esso si trova nella depressione più profonda della Terra, generatasi nei millenni per effetto dell’evaporazione delle sue acque non compensate da quelle degli immissari, che è anche causa della sua alta salinità.

Orbene, anche il Mar Morto rischia di sparire. Vediamo perché secondo la Jordan Geologists [sta_anchor id=”mar”]Association[/sta_anchor].

Mar Morto perché rischia di scomparire

mar morto foto

Come riporta Asia News, entro i prossimi 30 anni, massimo 40, il mar Morto rischia di scomparire se non si interviene in modo efficace per rallentare l’abbassamento delle acque e la perdita progressiva della costa.

A lanciare il nuovo allarme è un gruppo di esperti in un editoriale pubblicato dal Jordan Times, secondo cui a dispetto dei ripetuti appelli degli ultimi anni le parti interessate – governi dell’area e organismi internazionali – non sembrano preoccuparsi della drammatica crisi alle porte.

Sakher Nsour, presidente della Jordan Geologists Association, sottolinea che il mar Morto è “un fenomeno geologico unico”, che corre il pericolo di “scomparire nei prossimi decenni”. Dagli ultimi rapporti ambientali emerge che il livello delle acque sta diminuendo a un ritmo di un metro e mezzo all’anno e che, negli ultimi 40 anni, il volume complessivo del bacino si è ridotto del 35%.

Il calo progressivo delle acque ha già causato alcuni effetti sull’ecosistema del bacino: in primis, il progressivo allontanamento dalla riva di hotel, stabilimenti e ristoranti che un tempo affacciavano sul mare ed erano meta ambita per i turisti. Molte delle spiagge sabbiose, un tempo erano ricoperte per intero dalle acque. Inoltre, negli ultimi anni emergono con sempre maggiore frequenza enormi crateri all’interno del bacino idrico.

Oggi il livello del bacino superiore, a nord, è di 415 metri sotto il livello del mare e il divario continua ad aumentare. La caratteristica peculiare è l’estrema salinità delle acque, che non consente forme di vita al suo interno ad eccezione di alcune tipologie di batteri.

Secondo gli esperti, dietro il declino vi sono fattori naturali e responsabilità umane, fra cui l’uso estensivo da parte di Israele delle acque del fiume Giordano nel deserto del Negev nel sud. A questo si aggiungono gli impianti di estrazione di sale e potassio sulle rive del mare, in particolar modo sul versante israeliano, che hanno contribuito all’enorme pompaggio di acqua.

Infine, vi è da tenere contro dell’estrema fluttuazione delle precipitazioni che hanno ridotto, e non di poco, il contribuito di acqua ai fiumi che alimentano il bacino.

Fra le ragioni primarie della crisi, resta la mano dell’uomo e delle attività di sfruttamento promosse in questi ultimi anni, contro i quali inizia a muoversi anche la magistratura.

Nei giorni scorsi il tribunale di Haifa, raccogliendo una petizione del gruppo ambientalista Adam Teva V’Din, ha imposto alla Dead Sea Works un limite al prelievo di acque dal bacino per scopi industriali. Sul banco degli imputati il più importante impianto [israeliano] di estrazione del potassio a Sdom, responsabile secondo gli ecologisti di inquinare e contribuire allo svuotamento del mar Morto.

In risposta all’emergenza, attivisti e ong ambientaliste auspicano “il prima possibile” una conferenza internazionale per “salvare il mar Morto”, da tenersi sotto l’egida delle Nazioni Unite. L’idea è quella di un incontro globale, perché è “compito e interesse di tutti” salvare il bacino e scongiurarne la scomparsa definitiva.

Mar Morto perché salato

mar morto dove si trova

Come riporta Wikipedia, si tratta di un mare chiuso che ha come immissari le acque del fiume Giordano, del fiume uadi Mujib e di altri corsi d’acqua di minore importanza, senza avere però alcun emissario, risultando dunque un bacino endoreico.

Suddiviso in due distinti bacini, quello superiore di profondità elevate, mentre quello inferiore non ha mai superato i 2 metri di profondità massima; quest’ultimo è oggi quasi prosciugato, mantenuto in vita solamente da un canale scavato appositamente attraverso lo spartiacque (oltreché sporadicamente alimentato dallo uadi Araba).

La caratteristica del Mar Morto è che l’acqua è notevolmente salata a causa della forte evaporazione e questo non consente forme di vita fatta eccezione per alcuni tipi di batteri, da cui deriva il nome Mar Morto.

La sua salinità aumenta con la profondità. La superficie è la parte meno salata, diluita dalle acque del Giordano che trovano difficoltà a scendere negli strati più bassi più densi: scendendo a 40 m di profondità, la salinità diventa di 300 g per ogni chilogrammo di acqua[2], circa 8 volte quella degli oceani (la cui salinità media è pari a circa 38 g per chilogrammo d’acqua). Verso i 100 m di profondità la salinità aumenta a 332 g per ogni chilogrammo di acqua, saturandosi: il sale precipita e si accumula sul fondo del mare.

L’acqua del Mar Morto, con densità di 1,24 kg/l a causa dell’elevata salinità, permette a chiunque di galleggiare senza sforzo e d’altronde rende difficile la pratica del nuoto, in quanto si emerge troppo dall’acqua.

Le acque del Mar Morto vengono usate per la produzione di cloruro di potassio da società sia israeliane che giordane; vengono anche estratti bromo e magnesio, di cui il mare è ricco. L’estrazione viene fatta partendo dalle saline, visibili dallo spazio nella estremità sud del mar Morto.

Le sue acque erano conosciute fin dai tempi dei Romani e sono sfruttate ancora oggi, per le loro qualità curative, soprattutto per le malattie della pelle: il basso livello di raggi UV e l’alto tasso di ossigeno sono ottimi per la salute, l’alta concentrazione di minerali, tra cui il calcio e il magnesio, che sono utili rimedi contro le allergie e le infezioni delle vie respiratorie, il bromo che facilita il rilassamento, lo iodio che ha effetti benefici sulle disfunzioni ghiandolari e il fango per la cura della pelle.

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