MASSIMO TROISI, ULTIMA GRANDE MASCHERA NAPOLETANA

SCOMPARSO TROPPO PRESTO 18 ANNI FA, RAPPRESENTA L’ULTIMA GRANDE NOVITA’ ARTISTICA PARTENOPEA
Con colpevole ritardo ho rivisto dopo anni, o visto per la prima volta, molti film di e con Massimo Troisi. Un attore e regista che ci ha lasciato troppo presto, a soli 41 anni, il 4 giugno 1994.
E’ stato paragonato ai grandi classici del cinema e del teatro napoletano del dopoguerra, come Totò e De Filippo. Ma lui è andato oltre una semplice emulazione. E’ stato una grande novità del cinema italiano degli anni ’80-inizio ’90; una novità che come una cometa si è bruciata in fretta.
Troisi ha ideato e portato a teatro prima, e sul grande schermo poi, degli specifici tratti caratteriali, inimitabili e inconfondibili mimiche facciali e gestualità, che il pubblico ha fin da subito amato, specie i giovani; risultando di fatti, in un sondaggio della Federazione italiana degli psicologi del 1997, come il personaggio da loro più amato.

La sua scomparsa prematura, causata da una complicazione cardiaca conseguente a febbri reumatiche di cui soffriva sin dall’età di dodici anni, ha lasciato un vuoto ad oggi ancora non colmato. Nonostante la sua breve carriera ci ha lasciato in eredità, da regista o semplice interprete, molti film e sketch di grande impatto emotivo; alcuni per la propria comicità, altri per la malinconia e la spinta a profonde riflessioni.

LE ORIGINI E I PROBLEMI DI SALUTE–  Massimo Troisi nacque il 19 febbraio 1953 a San Giorgio a Cremano, in una famiglia molto numerosa: i due genitori, cinque fratelli, due nonni, gli zii ed i loro cinque figli. Fu però fin da piccolo cagionevole di salute. Dall’età di dodici anni cominciò a soffrire di febbri reumatiche (una sorta di infezione che si forma continuamente), mentre nel 1972 gli venne diagnosticata un’anomalia cardiaca che lo obbligò, nel 1976, a recarsi negli Stati Uniti per un intervento alla valvola mitralica; alle spese del viaggio contribuì una colletta organizzata, tra gli altri, dal quotidiano di Napoli Il Mattino. Un problema che però non risolse mai definitivamente e lo segnò per tutta la sua breve vita.
I PRIMI PASSI DA ATTORE – Mentre ultimava l’ultimo anno di geometra, scrisse anche alcune poesie in dialetto ispirate a Pasolini, il suo autore preferito. Cominciò la sua carriera di attore, dal 1969, nel teatro parrocchiale della Chiesa di Sant’Anna insieme ad alcuni amici d’infanzia (tra cui Lello Arena, Nico Mucci, Valeria Pezza). Successivamente il gruppo affitterà un garage in via San Giorgio Vecchio, 31 che verrà chiamato Centro Teatro Spazio, dove verranno rappresentati diversi spettacoli in stile pulcinellesco, al quale si aggiunge una commedia scritta dallo stesso Troisi: Si chiama Stellina. Al gruppo si aggiungerà successivamente anche Vincenzo Purcaro, che più tardi cambierà il suo cognome in Decaro.
Dopo il ritorno di Troisi dagli Stati Uniti, dove si era recato per l’intervento chirurgico, il gruppo del Centro Teatro Spazio si assottiglia e nasce quello de I Saraceni che, oltre all’attore napoletano, comprende anche Enzo Decaro e Lello Arena. In seguito il gruppo cambierà definitivamente nome in La Smorfia, voluto proprio dallo stesso Troisi in quanto « è un riferimento, tipicamente napoletano, a un certo modo di risolvere i propri guai: giocando al Lotto, e sperando in un terno secco… la “smorfia”, infatti, non è altro che l’interpretazione dei sogni e dei vari fatti quotidiani, da tradurre in numeri da giocare a lotto».
Dopo alcuni spettacoli al Teatro Sancarluccio di Napoli, il gruppo ha un rapido successo che gli consente di approdare prima al cabaret romano La Chanson e ad altri spettacoli comici in tutta Italia, poi alla trasmissione radiofonica Cordialmente insieme, ed infine in televisione, dove il trio partecipa ad alcuni programmi tra i quali Non stop (1977), La sberla (1978) e Luna Park (1979). L’ultimo spettacolo teatrale del trio è Così è (se vi piace), citazione del Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello.
L’ESORDIO CINEMATOGRAFICO DI GRAN SUCCESSO – Dopo aver lasciato la Smorfia, Troisi decise di intraprendere la carriera cinematografica. Mauro Berardi gli propose un film di Luigi Magni, “‘O Re”, dedicato a re Francesco II di Borbone, che lui però rifiutò in favore di Ricomincio da tre, pellicola nella quale debuttò sia come attore che come sceneggiatore e regista. Il film, acclamato dalla critica, consentì a Troisi di ottenere due Nastri d’Argento per il miglior regista esordiente e per il miglior soggetto e due David di Donatello per il miglior film e per il miglior attore.
L’anno seguente accettò di dirigere uno speciale televisivo trasmesso da Rai Tre per la serie Che fai, ridi?, dedicato ai nuovi comici italiani di inizio anni ottanta, Morto Troisi, viva Troisi!, con Marco Messeri, Roberto Benigni, Lello Arena e Carlo Verdone.
Sempre nel 1982, tornò a recitare al fianco di Lello Arena nel film No grazie, il caffè mi rende nervoso, nel quale un fanatico ed invasato difensore delle tradizioni napoletane (pizza, sole e mandolino), cercando in tutti i modi di impedire lo svolgimento del “Primo Festival Nuova Napoli”, simbolo della novità usurpatrice della tradizione, finisce col provocare la morte di Troisi, in un vicolo, dentro un organetto e con la pizza in bocca. Di questo film sono da ricordare in particolare i monologhi di Troisi nell’albergo, al commissariato e dal giornalaio.
La successiva tappa della carriera cinematografica è del 1983, con Scusate il ritardo, nel quale il protagonista è simile nei caratteri al Gaetano del film precedente, ma più timido e impacciato; è incapace di consolare un suo amico in crisi affettiva ma è a sua volta incapace di amare la sua donna. Il titolo del film è un riferimento sia al troppo tempo trascorso dal film precedente, del 1981, sia ai diversi tempi dell’amore e alla non sincronia dei rapporti di coppia.
Altro grande successo di pubblico (ma non di critica) lo ottenne nel 1984 con Non ci resta che piangere, unico film a fianco di Roberto Benigni, da lui molto lontano per lingua e gestualità. Il film – basato su una trama elementare – è ricco di citazioni storiche e rimane comunque nell’immaginario collettivo per le invenzioni e le gag di Troisi e Benigni. Inoltre, nel 1986 Troisi ebbe un piccolo ruolo nel film diretto da Cinzia Torrini, Hotel Colonial, girato in Colombia, nel quale tenta la carta del cast internazionale. Troisi interpreta un traghettatore napoletano emigrato in Sudamerica che aiuta il protagonista nella ricerca del fratello.
GLI ULTIMI FILM – Nel 1987 fu attore e regista in Le vie del Signore sono finite, ambientato durante il periodo fascista; interpretò il ruolo di Camillo Pianese, un invalido “psicosomatico”, assistito dal fratello Leone (l’inseparabile amico di sempre Marco Messeri), lasciato dalla sua donna e che si trova a consolare un suo amico, malato autentico ed innamorato della stessa donna senza essere ricambiato. Il film vinse il Nastro d’Argento alla migliore sceneggiatura.
Nel triennio seguente collaborò come attore con Ettore Scola in tre film, i primi due con Marcello Mastroianni: Splendor (1988), in cui è proiezionista di un cinema prossimo alla chiusura; Che ora è? (1989), sui rapporti conflittuali tra padre e figlio, per il quale venne premiato con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, ex aequo con Mastroianni, alla Mostra del Cinema di Venezia; e Il viaggio di Capitan Fracassa (1990), dove interpretò Pulcinella, presentato in anteprima alla 41ª edizione al “Berlin International Film Festival”.
L’ultima regia di Troisi, dove è anche sceneggiatore e protagonista, è quella di Pensavo fosse amore, invece era un calesse del 1991, con Francesca Neri e Marco Messeri. Film che riprende con minore verve le tematiche di Scusate il ritardo.
All’inizio del 1994 Troisi, recatosi ancora una volta negli Stati Uniti per dei controlli cardiaci, apprese di dover sottoporsi con urgenza a un nuovo intervento chirurgico, ma decise di non rimandare le riprese del suo nuovo film: Il postino (1994), girato a Procida e Salina e diretto da Michael Radford, liberamente tratto dal romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skármeta, che tratta dell’amicizia tra un umile portalettere e Pablo Neruda (Philippe Noiret) durante l’esilio del poeta cileno in Italia. Troisi riuscì a terminare le riprese del film con enorme fatica e con il cuore stremato, facendosi sostituire in alcune scene da una controfigura.
LA MORTE – Troisi morì nel sonno, nella casa della sorella Annamaria e in compagnia del suo più grande amico sin dall’infanzia, Alfredo Cozzolino, a Ostia, quartiere marino di Roma, per attacco cardiaco, il 4 giugno 1994, 12 ore dopo aver terminato le riprese de Il postino.
Due anni dopo la morte di Troisi, Il postino venne candidato a cinque Premi Oscar (tra cui Troisi come miglior attore, il quarto di sempre a ricevere una nomination per l’Oscar postumo), ma delle cinque nomination si concretizzò solo quella per la migliore colonna sonora (scritta da Luis Bacalov).
Lui voleva “ricominciare da tre”, mentre la comicità napoletana dopo la sua morte ha dovuto ricominciare da zero. Ad oggi però non ancora riuscendoci. Con buona pace per Siani e co.
(Fonte: Wikipedia)
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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