Mauro De Mauro ucciso 50 anni fa da Mafia e Stato

I giornalisti vengono uccisi nei Paesi sotto i regimi dittatoriali. E in Italia. Certo, morti sospette avvengono anche in altri Paesi democratici. Come il caso sospetto di Udo Ulfkotte.

Lo Stato, ovviamente, non lo fa esplicitamente. Ma collabora attraverso coperture e depistaggi dei principali responsabili, attraverso soprattutto i propri Servizi segreti cosiddetti “deviati“. Cioè quelli composti da personalità corrotte, che lavorano per propri interessi economici o per perseguire ideali politici. Andando contro l’interesse pubblico del Paese.

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80, questo in Italia fu un triste leitmotiv. Ancora oggi avvolto quasi completamente nel mistero. Ma si parla ormai in modo acclarato di tante stragi di Stato, per le quali collaborarono, appunto i suddetti Servizi segreti deviati, le organizzazioni criminali locali e le organizzazioni di estrema destra.

L’elenco è tristemente lungo: da Piazza Fontana passando per Piazza della Loggia, fino alla Strage di Natale.

Anche la morte del giornalista palermitano Mauro De Mauro, avvenuta il 16 settembre 1970, potrebbe rientrare in quella spietata commistione, rimasta quasi sempre impunita, tra Stato e Mafia. Mauro De Mauro, infatti, aveva svolto un certosino lavoro di ricerca. Che probabilmente lo aveva portato a scoprire clamorose verità. E, contestualmente, alla pena di morte.

Ecco chi era Mauro De Mauro e perché fu [sta_anchor id=”mauro”]ucciso[/sta_anchor].

Perché Mauro De Mauro fu ucciso

mauro de mauro foto

Come riporta Palermo Today, De Mauro, cronista de L’Ora, era nato a Foggia nel 1921. Collaborava con l’importante giornale palermitano – nato nel 1900 e che conobbe proprio tra gli anni ’50 e ’70 il suo periodo d’oro – da 11 anni.

Furono diverse, all’epoca, le piste battute da polizia e carabinieri per risalire al contesto in cui maturò il sequestro. Tra le principali seguite dagli inquirenti spiccava quella relativa a notizie esclusive sulla morte del presidente dell’Eni, Enrico Mattei. Di cui ho parlato qui.

Un’altra pista possibile battuta dagli inquirenti, fu quella del “golpe Borghese”.

De Mauro aveva parcheggiato la sua Bmw di colore blu accanto al portone d’ingresso del palazzo in cui abitava. Sito in viale delle Magnolie. Qui fu sequestrato, scomparendo nel nulla.

Poche ore dopo la denuncia di scomparsa, la sua auto fu ritrovata in via Pietro D’Asaro nella zona di via Dante, sempre a Palermo. Il suo corpo, invece, non fu mai più ritrovato.

Alcuni collaboratori di giustizia affermarono tempo dopo che fu sepolto per svariati anni sotto un ponte del fiume Oreto. Per poi essere definitivamente bruciato quando l’attività inquirente si era calmata.

Il relativo processo  si è concluso nel 2011 con l’assoluzione di Totò Riina, unico tra i capimafia dell’epoca ancora vivo. Ma essi ebbero, come detto, un mero ruolo di esecutori.

L’inchiesta della procura di Pavia sull’omicidio di Enrico Mattei e quella dei pm siciliani, hanno collegato la sua morte con la scomparsa del presidente dell’Eni Enrico Mattei. Dietro la quale ci potrebbe essere anche l’assassinio di Pier Paolo Pasolini, che poco prima della sua uccisione stava concludendo un libro scottante: Petrolio.

Mauro De Mauro chi era

mauro de mauro perchè fu ucciso

Come riporta Wikipedia, Mauro De Mauro nacque a Foggia nel 1921. Da giovane aderì al Partito Nazionale Fascista, arruolandosi pure come volontario presso la  Xª Flottiglia MAS di Junio Valerio Borghese. Nel 1944 il suo volto rimase profondamente sfigurato da un incidente stradale. Sebbene una seconda versione parli di un agguato violento per opera dei partigiani.

Con la fine della guerra, fu arrestato e accusato di collaborazionismo col nazifascismo. Venendo però assolto nel 1949. Decise di trasferirsi a Napoli con la famiglia, per un paio di anni e dopo tale assoluzione, a Palermo. Qui iniziò la brillante collaborazione con L’Ora, dopo aver lavorato per Il Tempo di Sicilia e Il Mattino di Sicilia.

Si era già occupato del “caso Mattei” nel 1962 ma tornò sul caso nel 1970, quando l’amico di Enrico Mattei Graziano Verzotto, presidente dell’EMS (Ente Minerario Siciliano), lo aveva convinto a “sostenere il progetto del metanodotto” Algeria-Sicilia da lui caldeggiato e a “contrastare chi vi si opponeva”. Alias il nuovo uomo forte dell’Eni Eugenio Cefis e il suo protettore politico Amintore Fanfani.

In quello stesso anno, il regista Francesco Rosi gli chiese di stilare una sceneggiatura basata su una inchiesta giornalistica. In particolare, sull’ultimo viaggio in Sicilia (26-27 ottobre 1962) del defunto fondatore dell’ente petrolifero di Stato. L’aereo su cui viaggiava Mattei, partito da Catania il 27 ottobre 1962 e diretto a Milano Linate, precipitò in volo.

Quindici anni dopo, Tommaso Buscetta, a Falcone e Borsellino disse:

(…) De Mauro era un cadavere che camminava. Cosa nostra era stata costretta a ‘perdonare’ il giornalista perché la sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla prima occasione utile avrebbe pagato anche per quello scoop. La sentenza di morte era solo stata temporaneamente sospesa

La sua morte non è stata vana. Anche perché grazie al suo lavoro giornalistico ne è venuto fuori un bellissimo film, quello di Rosi appunto. Con il grande Gian Maria Volonté nei panni di Enrico Mattei.

Nel 2015 il Comune di Palermo ha affisso una targa marmorea in suo onore, mentre nel 2013 gli è stato dedicato un albero nel Giardino della memoria di Ciaculli. Sito confiscato alla Mafia.

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