Avvelenamento Navalny e proteste in Bielorussia: fuoco incrociato contro Putin

Vladimir Putin può essere considerato il principale argine alle elite occidentali che dalla fine della Seconda guerra mondiale stanno cercando di accaparrarsi il controllo del Mondo. Facilitati a partire dagli anni ’90, dal crollo dell’Unione sovietica. Non a caso, già alcune repubbliche ex socialiste stanno finendo nell’orbita NATO e sotto lo schiaffo tedesco in seno all’Unione europea.

A ciò va aggiunta la dissoluzione della Jugoslavia, le ingerenze nell’America latina, il foraggiamento delle dittature africane e il controllo economico di diversi paesi asiatici.

Dopo Putin, ci troviamo il Presidente turco Erdogan, che sta tentano di creare un Impero Ottomano 2.0. Anche contro gli interessi italiani sul Mediterraneo. Nonché il presidente siriano Assad.

La Cina, invece, mantiene un atteggiamento ambiguo (come già faceva durante la Guerra Fredda in chiave anti-sovietica), mentre la piccola isola caraibica di Cuba, finita l’era dei Castro, rischia seriamente di soccombere agli Usa. Che ci provano dagli anni ’60.

Usa, che con la presidenza Trump hanno avuto un rapporto difficoltoso con le elite globali. Le quali sperano (e spingono) in una vittoria di Biden alle prossime elezioni.

Fatto questo rapido giro del Mondo e tornando alla Russia, il Presidente Vladimir Putin in queste settimane è nuovamente esposto a fuoco incrociato occidentale. Tra le proteste in Bielorussia e l’avvelenamento (vero o presunto) del dissidente Alexei Navalny.

Alexei Navalny chi è

Alexei Navalny foto

Alexei Navalny, strenuo oppositore al Presidente Vladimir Putin, sostenuto dagli occidentali, giovedì scorso è stato ricoverato in un’unità di terapia intensiva a Omsk, in Siberia. I suoi sostenitori credono che sia stato avvelenato e che ci sia il Cremlino dietro il ritardo nel trasferimento. I medici russi affermano che non ci sono prove di avvelenamento e inizialmente hanno rifiutato di consentirgli di essere trasferito all’estero.

Come riporta RaiNews24, Anastasija Vasilieva, la dottoressa personale del dissidente russo, ritiene che il ritardo nel trasferimento di Navalny in Germania è dovuto alla volontà delle autorità russe di

nascondere la causa delle sue gravi condizioni. Dopo tutto questo tempo, non saranno più rimaste tracce di veleno e in Europa sarà impossibile stabilire la sostanza tossica usata

Chi è Navalny? Come riporta Wikipedia, all’anagrafe Alexei Anatolievich Navalny, nato il 4 giugno 1976 è un politico russo e attivista anti-corruzione. È arrivato alla ribalta internazionale organizzando manifestazioni e candidandosi alle elezioni per sostenere le riforme contro la corruzione in Russia, il presidente russo Vladimir Putin e il suo governo.

Nel 2012, il Wall Street Journal lo ha descritto come “l’uomo che Vladimir Putin teme di più“.

Navalny era un membro del Consiglio di coordinamento dell’opposizione russo e il leader del Partito del progresso politico dell’opposizione. Nel settembre 2013, ha partecipato alle elezioni del sindaco di Mosca, sostenuto dal partito RPR-PARNAS. È arrivato secondo, con il 27% dei voti, perdendo contro il sindaco in carica Sergei Sobyanin, nominato da Putin. Navalny ha affermato di aver truffato le elezioni e di aver effettivamente ricevuto più voti.

Navalny è diventato famoso grazie al suo blog LiveJournal, ma in seguito è passato a YouTube, dove ha 3,79 milioni di abbonati, e Twitter, dove ha 2,1 milioni di follower.

Attraverso questi canali ha pubblicato video e documenti sulla corruzione da parte di funzionari statali russi, ha organizzato manifestazioni politiche e ha promosso le sue campagne per la carica. È stato attivo anche in altri media.

In un’intervista radiofonica del 2011 ha descritto il partito al governo Russia Russia Unita come un “partito di truffatori e ladri“, che è diventato un epiteto popolare. Ha creato la Fondazione Anti-Corruzione nel 2011.

Navalny è stato arrestato più volte dalle autorità russe. Ha ricevuto due condanne sospese per presunta appropriazione indebita in due casi separati, uno nel luglio 2013 e un altro nel dicembre 2014, rispettivamente per cinque e 3,5 anni di reclusione.

Entrambi i casi sono considerati invenzioni per ritorsione per la sua attività politica e hanno violato il diritto di Navalny a un processo equo, secondo le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il Memorial Human Rights Center considerava Navalny un prigioniero politico.

Nel febbraio 2014, Navalny è stato posto agli arresti domiciliari e gli è stato impedito di comunicare con chiunque tranne la sua famiglia. Nel maggio 2018 è stato condannato a 30 giorni di prigione per aver partecipato a una protesta non autorizzata contro Putin a Mosca. Ha condannato il verdetto.

Nel dicembre 2016, Navalny ha tentato di candidarsi alla presidenza della Russia durante le elezioni del 2018, ma è stato escluso dalla Commissione elettorale centrale russa nel dicembre 2017. La Corte suprema russa ha respinto il suo appello e ha confermato il divieto.

Lui e i suoi sostenitori sono stati detenuti e arrestati più volte e sono diventati vittime di attacchi in molte occasioni durante la campagna. Nel marzo 2017, Alexei Navalny e la sua Fondazione anticorruzione hanno creato un documentario He Is Not Dimon to You, accusando Dmitry Medvedev, l’ex primo ministro e presidente della Russia, di corruzione.

Il 22 agosto è arrivato a Berlino a bordo di un aereo medico speciale per i motivi suddetti. Al momento della scrittura è ancora in coma.

Perché avvelenamento di Navalny è una farsa

navalny foto avvelenamento

Fino a metà anni 2000, quando ancora mi informavo tramite Tv, ritenevo Putin uno Zar che facesse uccidere i dissidenti. Poi però, gradualmente, attrezzandomi con le moderne tecnologie, mi sono reso conto che quello era solo il messaggio che i media occidentali volevano far passare.

Il caso più eclatante è quello di Anna Politkovskaja, giornalista di Novaja Gazeta, quotidiano russo di ispirazione liberale anti-Putin. La donna fu assassinata il 7 ottobre 2006 e ad oggi si conoscono solo gli esecutori materiali. L’indiziato numero uno, sempre per i media occidentali, è ovviamente Putin.

Tuttavia, come ricorda Roberto Quaglia nell’ultima puntata di ControTv, che lo stesso direttore del giornale, in un editoriale sull’accaduto, riteneva che l’assassinio fosse un attacco al potere centrale russo. E che esso accadde proprio mentre Putin era a Monaco di Baviera in un meeting internazionale. Quindi, il giusto palcoscenico per dare risalto alla cosa. Un po’ quando la magistratura italiana consegnò un avviso di garanzia all’allora Premier Silvio Berlusconi durante il G8 alla Maddalena.

Navalny ha uno scarso seguito elettorale. E probabilmente, fa più comodo da morto che da vivo.

Proteste in Bielorussia fomentate da occidente

proteste bielorussia

Altra questione è quella della Bielorussia, dove si sono tenute le elezioni presidenziali e il presidente in carica, Lukashenko, ha ottenuto l’ennesima riconferma con l’80% delle preferenze. Sconfiggendo una candidata improvvisata, la moglie di un oppositore in carcere. Palesemente appoggiata dalle solite cricche occidentali (Soros e co.) che vogliono sottrarre la Bielorussia all’influenza russa.

Guarda caso, Lukashenko aveva denunciato la proposta da parte del Fondo Monetario Internazionale di denaro in cambio del lockdown forzato tra le condizioni (ne ho parlato qui)

Del piccolo miracolo sociale ed economico della Bielorussia dell’ultimo quarto di secolo, ho già detto al link suggerito tra parentesi. Paese dal decoro urbanistico impeccabile, quasi maniacale, tra l’altro. Evidentemente, a qualcuno interessa metterci le mani. E fargli fare la fine di altri paesi ex comunisti come Polonia, Albania o Romania (dove sono arrivati a rimpiangere perfino Ceausescu). Depredate, in nome della libertà e dell’anti-comunismo, delle proprie risorse economiche. Oltre che fonte di manodopera a basso costo.

Anche l’Ucraina – ormai logorata dalla guerra civile e spaccata in due tra chi vuole restare alleato della Russia e chi sogna l’approdo nell’Ue – rischia la stessa sorte.

Non bisogna scordare, infine, che la stessa madre Russia rischiava di essere svenduta sotto l’operato del Presidente Gorbaciov. Poi arrivarono i difficili anni di transizione sotto la guida dell’alcolizzato Boris Eltsin. Fino all’arrivo di Putin nel 1999, da quest’ultimo nominato suo successore.

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