NEL PDL L’ESCLUSIONE DI COSENTINO E’ SOLO DI FACCIATA, TANTI ANCORA GLI IMPRESENTABILI NELLE LISTE

PULIZIA FATTA SOLO IN CAMPANIA, MA TANTI SONO ANCORA QUELLI CHE RESTANO AL PROPRIO POSTO, SPECIE IN SICILIA. E CI SONO ANCHE DELLE NEW ENTRY
Alcuni sono stati esclusi, altri se ne sono andati. Le liste dei candidati alla Camera e al Senato del Popolo delle libertà sono rimaste un’incognita fino all’ultimo secondo. Berlusconi, ormai onnipresente in Tv e in radio, sta facendo di tutto per dare una nuova faccia al suo partito, al fine di recuperare quanti più voti possibili. I sondaggi danno ragione ai suoi sforzi, ma come al solito non è tutto oro quello che luccica. 

GLI IMPRESENTABILI ANCORA PRESENTI – Se è vero che in Campania una discreta pulizia è stata fatta e altri in altre Regioni sono i nomi altisonanti che non ci saranno, nelle file del partito restano nomi quali i plurindagati Denis Verdini, Luigi Cesaro e Roberto Formigoni. C’è Salvatore Sciascia, che ha sulle spalle una condanna definitiva per corruzione in veste di manager proprio della Fininvest di Silvio Berlusconi. Elemento che dovrebbe essere politicamente un’aggravante. Nessuno pare aver posto problemi per un altro fedelissimo di Silvio Berlusconi, Paolo Romani, ex ministro delle Telecomunicazioni inquisito dalla Procura di Monza per peculato e istigazione alla corruzione. E anche nel suo caso, l’ultimo reato è legato a una vicenda urbanistica di interesse di Paolo Berlusconi, fratello di Silvio.
Presenti nelle liste anche voltagabbana opportunisti come Razzi e Scillipoti, premiati per essere passati a fine 2010 nella corte del Cavaliere permettendogli un altro anno di sopravvivenza al Governo. O ancora, Giovanna Del Giudice che, in passato, è stata meteorina al Tg4 e già Assessore alle Pari opportunità della Provincia di Napoli.
Per non parlare della Sicilia, dove tutti gli impresentabili restano al proprio posto.
CAMPANIA, ASSENZE DEGLI IMPRESENTABILI COLMATA DA 55 SENATORI UDC – Sebbene resti candidato Luigi Cesaro – Presidente della Provincia di Napoli noto soprattutto per i suoi strafalcioni grammaticali, chiamato in causa da più pentiti di camorra e già indagato trent’anni fa per essere stato un componente della NCO di Cutolo – quattro saranno i grandi assenti: il Raìs di Caserta Nicola Cosentino, lo spendaccione con soldi pubblici Alfonso Papa, l’ex sottosegretario all’economia indagato Marco Milanese, l’indagato Re di Mondragone Mario Landolfi, il Principe plurindagato di Afragola Vincenzo Nespoli e un altro pluridangato: Amedeo Laboccetta.
La loro esclusione, secondo il Cavaliere, porterà più voti. Forse perché crede che gli elettori del Nord premieranno questa pulizia al Sud. Eppure sono personaggi di spicco, portatori di tessere e voti e dunque il partito rischia moltissimo senza averli  in lista. Forse perché Berlusconi sa che la loro assenza sarà controbilanciata dal passaggio di ben 55 Senatori dell’Udc.
Il capo cordata della migrazione Udc-Pdl risponde al nome di Pietro Langella, assessore provinciale della dimenticabile giunta di Giggino ‘a Purpetta Cesaro, dimessosi per tornare in Parlamento. Langella è politico dell’area vesuviana-boschese, di area Margherita-Pd quando il centrosinistra imperava in Campania, salito sulla scialuppa dell’Udc quando ormai era chiaro che gli emuli di Bassolino stavano naufragando e il Pdl-centrodestra si sarebbe impossessato dei principali enti locali campani. Langella si porta appresso sei consiglieri provinciali su dieci del gruppo Udc, un consigliere provinciale eletto in una lista collegata al candidato presidente del Pd, sindaci ed ex sindaci, consiglieri comunali, dirigenti locali. Personale politico di rilievo paesano, piccoli portatori di voti nelle loro comunità, coltivati con cura in casa e spesi bene fuori grazie a un forsennato trasformismo.
Ora in Regione potrebbero saltare molte giunte locali, a partire proprio da quella del Governatore Caldoro, tra i primi, insieme ad Alfano, a non volere Cosentino in lista. Certo è paradossale come il Coordinatore regionale venga poi fatto fuori.
IN SICILIA TUTTI AL PROPRIO POSTO AL SENATO – Se è vero che Marcello Dell’Utri ha rinunciato a candidarsi, in Sicilia il partito di Silvio Berlusconi non ha riservato grosse sorprese. Nelle liste presentate dal Pdl sull’Isola, infatti, sono inclusi tutti gli esponenti del partito del predellino che nelle scorse settimane avevano rischiato di rimanere fuori dalla corsa per un seggio in Parlamento.
In forse fino all’ultimo era il senatore Antonio D’Alì, attualmente imputato con il rito abbreviato per concorso esterno in associazione mafiosa. D’Alì è un fedelissimo di Berlusconi: a Palazzo Madama dal 1994, è stato sottosegretario all’Interno fino al 2006. Dopo anni d’indagini, nell’ottobre scorso è iniziato il processo che lo vede accusato di concorso esterno a Cosa Nostra: secondo la procura di Palermo il senatore ha intrattenuto rapporti con i Messina Denaro, storica famiglia mafiosa trapanese. Don Ciccio Messina Denaro, capostipite del clan, era stato campiere proprio nelle terre della famiglia D’Alì, mentre secondo alcuni collaboratori di giustizia lo stesso Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande latitante di Cosa Nostra, si sarebbe adoperato attivamente per fare votare il senatore alle elezioni del 1994. D’Alì ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento, ma quel processo per mafia rischiava di far depennare il suo nome dalle liste per il Senato. Berlusconi però non poteva permettersi di escludere l’esponente principale del suo partito a Trapani, storica roccaforte di Forza Italia prima e del Pdl poi. D’Alì è quindi stato inserito in sesta posizione nella lista per il Senato.
A guidare i candidati siciliani per Palazzo Madama sarà lo stesso Berlusconi, dietro di lui l’attuale presidente del Senato Renato Schifani, recentemente archiviato dalla procura di Palermo che lo indagava per concorso esterno a Cosa Nostra. All’ottavo posto nella lista del Pdl al Senato anche Antonio Scavone, braccio destro di Raffaele Lombardo: già condannato a 400mila euro di risarcimento dalla corte dei conti per la gestione della Asp 3 di Catania, Scavone è accusato di abuso d’ufficio per aver affidato senza gara un appalto da due milioni di euro a Melchiorre Fidelbo, marito di Anna Finocchiaro. Candidato al Senato, ma con la lista Fratelli d’Italia, è invece il deputato regionale del Pdl Salvino Caputo, condannato in appello a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio.
E ANCHE ALLA CAMERA – trova posto nelle liste del Pdl per la Camera dei Deputati, anche l’ex ministro dell’agricoltura Saverio Romano. Al leader del Cantiere Popolare è stata garantita la seconda posizione in Sicilia Occidentale, subito dietro Angelino Alfano: l’elezione del fedelissimo di Totò Cuffaro è dunque blindata. Romano è stato di recente assolto per concorso esterno in associazione mafiosa, nel processo che in primo grado è stato celebrato con il rito abbreviato. Di recente la Procura di Palermo per lui ha chiesto l’archiviazione anche per un’altra indagine che vede Romano indagato per corruzione: avrebbe ricevuto 50mila euro da Gianni Lapis, storico tributarista di Vito Ciancimino, per inserire in finanziaria una norma a favore della Gas spa, l’azienda energetica che avrebbe fatto capo all’ex sindaco mafioso di Palermo e a Bernardo Provenzano.
Confermato tra i candidati alla Camera, ma in Sicilia Orientale, anche Nino Minardo, condannato nel 2011 in primo grado con il rito abbreviato ad un anno di reclusione per abuso d’ufficio. Minardo è il giovane rampollo di una dinastia di petrolieri con la passione per la politica: suo zio Riccardo, già deputato nazionale e regionale con il Movimento per l’Autonomia, è stato arrestato nell’aprile del 2011 per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato proprio mentre sedeva all’Assemblea regionale Siciliana. Si affida a candidature familiari anche Gianpiero Samorì che nei suoi Moderati in Rivoluzione candida i fratelli Ruggirello: Paolo, deputato regionale proveniente dal Movimento per l’Autonomia è numero due alla Camera, mentre Bice, già candidata alle regionali del 2006 con il Ccd, è numero 2 al senato. Sono i figli di Giuseppe Ruggirello, banchiere trapanese proprietario negli anni ’70 della Banca Industriale, storico sponsor del leader socialista Bartolo Pellegrino, vice presidente della Regione Sicilia governata da Cuffaro, arrestato per mafia nel 2007 mentre al telefono chiamava i carabinieri “sbirri e infami” e poi assolto in via definitiva.
DUE IMPRESENTABILI NEW ENTRY – L’uno candidato in Piemonte, l’altra in Toscana alla Camera. Entrambi sono stati testimoni a difesa nel processo Ruby. Silvio Berlusconi inserisce nelle liste nuovi amici.  Ed ecco che – come racconta Dagospia – agguantano una candidatura Simonetta Losi, moglie del pianista Danilo Mariani (anche lui sentito come teste nel processo bis) che si esibiva nelle cosiddette cene eleganti di Arcore insieme al cantautore Mariano Apicella (il Cavaliere ha comprato le case di entrambi, ndr), e Bruno Archi, già diplomatico di Palazzo Chigi.
Simonetta Losi, già vicecoordinatrice del Pdl senese e già candidata a sindaco a Sarteano, è stata inserita al sesto posto nella sua regione. Ed ecco cosa avev detto ai giudici il 31 ottobre scorso:  ”Non riuscivamo a vendere il nostro appartamento e abbiamo quindi chiesto aiuto al Presidente e abbiamo venduto la casa a una delle sue società”. La signora, che cantava accompagnata dal marito al piano nella residenza dell’ex premier, aveva tinteggiato in toni pastello le serate di Arcore come ”cene normali” e aveva chiarito di non aver ”mai visto atteggiamenti di natura sessuale, né spogliarelli, né toccamenti”. A proposito di una serata del 22 agosto 2010, nella quale erano presenti anche Chiara Danese e Ambra Battilana (le due ex miss che, stando al loro racconto, se ne andarono poi disgustate), la Losi aveva risposto al pubblico ministero di avere visto ”le due giovani tranquille e serene”. L’ormai famosa ‘statuetta di Priapo‘ che venne portata al tavolo quella sera, secondo la testimone, ”era solo uno scherzo e non mi risulta che le ragazze abbiano simulato rapporti orali”.
Non era stata diversa la testimonianza e anche su un altro tema del procedimento di Bruno Archi, diplomatico in servizio presso la presidenza del Consiglio che, il 5 ottobre scorso, aveva confermato che al pranzo istituzionale con l’allora presidente egiziano Hosni Mubarak del 2010 si parlò di di Ruby. Alle domande del procuratore aggiunto Ilda Boccassini, Archi aveva risposto: ”Il presidente Berlusconi disse che aveva conosciuto una ragazza egiziana e chiese a Mubarak se fosse una sua parente e se facesse parte della sua cerchia familiare”. Alla richiesta di chiarimento su quale fosse stata la risposta di Mubarak Archi aveva spiegato: ”Rimase incuriosito, ma a mio avviso non capì bene, c’era confusione. Non ricordo, però, se rispose a questa domanda”. Mentre i componenti della sua delegazione, secondo il diplomatico, ”cominciarono a interloquire affermando che, con questo nome, conoscevano una cantante egiziana” .
ASSENTI ANCHE FONDATORI DI FORZA ITALIA – Tra gli assenti, spiccano anche personaggi che hanno fondato Forza Italia. Non ci saranno l’ex Ministro Claudio Scajola e l’ex Presidente del Senato Marcello Pera. Il primo, pure plurindagato, non ha trovato grossi inviti a candidarsi e ha colto al volo la richiesta di Berlusconi di fare un passo indietro. Scelta politica invece quella di Marcello Pera, già non più parlamentare dal 2008 e deluso della mancata rivoluzione liberale millantata invece dal Cavaliere ormai da vent’anni.
L’EPURAZIONE DI MOLTI EX AN – Tanti gli ex An passati poi al Pdl fatti fuori. Oltre ai succitati Landolfi e Viespoli, chi è rimasto fuori per motivi esclusivamente politici – si dice per il breve passaggio nella file di Futuro e libertà prima del rientro nel centrodestra – è l’ex ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi. Inizialmente destinato a un posto in Senato è poi sparito dalle liste. Stesso motivo pare essere legato all’esclusione di Adolfo Urso, Pasquale Viespoli e Pippo Scalia, pure passati a Fli e poi ritornati nel Pdl. Un breve tradimento non perdonato.
Esce di scena anche l’ex ministro per gli Affari regionali, Enrico La Loggia, uno degli «uomini del ’94» e dei forzisti della prima ora.
L’elenco degli esclusi continua con l’ex presidente dei senatori di An e vicepresidente del Senato uscente, Domenico Nania, in Parlamento dal 1987 quando venne eletto nelle liste del Movimento sociale. Fuori anche l’ex presidente della Commissione Trasporti Mario Valducci. Così come non sono in lista Souad Sbai e il vicepresidente dei deputati del Pdl ed ex presidente dell’Anci, Osvaldo Napoli.
Sorprendente e inattesa, infine, la candidatura in una posizione che non gli garantisce la rielezione del coordinatore friulano Isidoro Gottardo.

LA CANDIDATURA DI CARRARO URTA I BOLOGNESI – Franco Carraro, una lunga sfilza di incarichi istituzionali che ne certificano la presenza in ogni dove (calcio compreso) e un quarto posto che assicura un seggio al Senato senza troppa fatica. Con la benedizione di Silvio Berlusconi, il quale – secondo fonti di stampa – si sarebbe scomodato personalmente per garantire quel posto in lista per il buon Carraro.

Una scelta infelice, se ha provocato una simile reazione anche tra le fila dei pidiellini più ortodossi. La stampa locale ha intrapreso una attività di recupero per illustrare l’opera di Carraro nei riguardi del Bologna. I fatti risalgono al 2005: il Bologna era appena retrocesso ed era stato negato il ripescaggio nel campionato di serie A, al posto della Reggina che si era iscritta presentando false fideiussioni. Giuseppe Gazzoni Frascara, imprenditore e all’epoca presidente del club rossoblù contestò le scelte effettuate. “Fu lui (Carraro, ndr) a decidere il mancato ripescaggio del Bologna – si legge in un’intervista al Corriere Bologna – E quello fu uno schiaffo a tutta la città”.
“Una sfrontatezza senza pari”, ha detto. “Che scelta ha fatto il Pdl? Se c’è una persona che ha fatto un torto alla città, ebbene è Franco Carraro”. Toni espliciti per rendere l’accoglienza riservata alla candidatura e il posto blindato riservato a un uomo sempre presente nei posti che contano.
Insomma, nonostante qualche esclusione eccellente, nel Pdl c’è ancora molta pulizia da fare. Cambiamenti minimi che non potrebbero bastare al centro-destra per colmare la ridicola sesta ricandidatura del Cavaliere e l’ennesima alleanza con la Lega, dopo essersi detti, ancora una volta, peste e corna.

(Fonti: Il fatto quotidiano1, Il fatto quotidiano2, Il Fatto quotidiano3, Il GiornaleLibero

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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