Recovery Fund, ce l’hanno MES in quel posto: come funziona davvero

Cos’è il Recovery Fund? Come funziona il Recovery Fund? Giuseppe Conte sembra essere diventato il paladino dell’Italia in quel di Bruxelles. Qualcuno, come il Ministro dell’economia europeo, il nostro (pure ex Premier) Paolo Gentiloni, parla di atto più importante da quando esiste l’Unione europea.

Dopo 4 giorni di estenuante trattativa tra tutti i membri dell’Ue, che hanno cercato ognuno di portare sul tavolo le proprie istanze nazionali, alla fine è venuto fuori un MES mascherato: il Recovery Fund. Per accontentare i cosiddetti “paesi frugali” capeggiati dall’Olanda, paradiso fiscale nel cuore dell’Europa a nostre spese e dove nel 1600 è scoppiata la prima bolla finanziaria della storia (relativa al mercato dei tulipani).

In realtà man forte gliel’ha data pure l’Austria, capeggiata da quel Sebastian Kurz, di cui ho parlato qui. E che sembra poter essere il nuovo volto dell’Europa che verrà. Quella Europa lontana dal sogno dei suoi padri fondatori di 70 anni fa, che persegue gli interessi dei capitali e delle multinazionali. E dove ogni paese cerca di portare acqua al proprio mulino (a proposito di Olanda).

Perfino le notoriamente ostiche Germania e Francia sono venute incontro all’Italia. Capendo che se affondiamo noi, affondiamo tutti. Ma se stiamo morendo, è proprio colpa di questa Europa del rigor mortis.

Comunque, vediamo perché il Recovery Fund è pure peggio del MES. Al di là dei trionfalismi regalati a Conte.

Recovery Fund come funziona

Recovery Fund come funziona

Come spiega bene Il Primato Nazionale, il piano previsto dall’Ue è di ben 750 miliardi complessivi. Dei quali 207 destinati alla sola Italia. Praticamente un terzo (28 percento, per la precisione). Inizialmente, erano stati proposti 170 miliardi.

Tuttavia, quello che i media mainstream non dicono è che, dei 209 miliardi ottenuto da “Maxwell Sheffield” Conte (il personaggio della serie Tv la Tata, non ditemi che i due non sono uguali), ben 127 sono pensati come prestiti. Praticamente la maggioranza (il 60%), pensati come prestiti. Dilazionati nel tempo e a tassi agevolati, ma sempre prestiti sono.

Il restante 40% è pensato ufficialmente come finanziamento “a fondo perduto”. Tuttavia, questo istituto non può essere attuato, giacché per farlo serve disponibilità immediata o una Banca centrale che possa finanziare tale capitale. E, come sappiamo, la Banca centrale europea non è controllata direttamente dall’Ue per poterla fornire.

Quindi, chi ce li darà? Ma il mercato, of course! (che ricordiamo, a scanso di equivoci, non significa, di corsa ma certamente. Che è un po’ diverso come concetto).

Bruxelles dovrà dunque emettere una sorta di Eurobond, quindi gira e rigira, ci troviamo pure quelli.

Essendo però obbligazioni, vanno rimborsate. In che modo? Le strade possibili sono 2:

  1. i contributi degli Stati membri, che vedono l’Italia da tempo in posizione di contributore netto – versiamo più di quanto riceviamo – in media per 5 miliardi l’anno. In virtù della quota parte di risorse a fondo perduto a noi destinabile è plausibile – glielo concediamo – che il differenziale possa ridursi, ma sicuramente non azzerarsi
  2. dotare l’Ue di risorse proprie, con imposte tipo plastic tax, sulle transazioni finanziarie, sulle emissioni di anidride carbonica. E si tratterebbe di andare a colpire ulteriormente l’economia con nuove tasse. Nel primo e nel terzo caso, la già sofferente industria

Perché Recovery Fund peggio del MES

recovery fund

Non solo: le risorse a fondo perduto verranno anche collegate al rispetto di tutta una serie di condizioni. Il che fa rima con Troika.

L’accesso al Recovery Fund sarà infatti vincolato alle riforme che uno Stato membro si impegnerà a porre in essere. In special modo “per quanto riguarda – si legge sempre nelle conclusioni del Consiglio – i criteri della coerenza con le raccomandazioni specifiche per paese”.

Quali sarebbero queste raccomandazioni? Le ultime prima della pandemia (risalenti quindi al maggio 2019) erano abbastanza chiare:

  • assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1% nel 2020
  • utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil
  • non tralasciare un ulteriore giro di vite sul sistema previdenziale al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica

La Commissione dovrà poi valutare il piano di riforme e potrebbe anche bocciarlo. Il tutto, considerando che tali soldi arriveranno solo l’anno prossimo e saranno anche vincolati a precise destinazioni.

Le riforme ovviamente andranno a colpire le solite categorie, toglieranno ulteriori diritti, inaspriranno pene e regime fiscale. Il tutto, per avere dei soldi in ritardo, che non solo altro che debiti su debiti. Peggio di così.

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