SIRIA, QUEL MASSACRO CHE NESSUNO VEDE

L’ONU E’ ANCORA INDECISA SUL DA FARSI, MENTRE IL REGIME STA REPRIMENDO DA MESI LA RIVOLTA POPOLARE NEL SANGUE

Non sempre un popolo è in grado, da solo, di assicurarsi la libertà. Ovvero di ribaltare il Regime che lo priva dei diritti ascritti dalla nascita e di quelli che dovrebbe acquisire con la maggiore età. Può avere bisogno di un intervento esterno, e noi italiani aiutati dagli americani e dagli anglo-francesi nel liberarci dai nazi-fascisti, ne sappiamo qualcosa.
Il popolo siriano è in fermento dallo scorso marzo, incoraggiato da quanto successo nel Nord Africa. Sperando magari che a livello internazionale qualcosa in proprio favore si fosse mosso. Come d’altronde è successo in Libia per rimuovere il cattivo Gheddafi. E invece in Siria no.


L’esercito continua a sparare alla folla scesa in strada per ottenere la libertà perfino con gli elicotteri. Sta bruciando le case, arresta e condanna senza appello. Ormai sono oltre 5mila i siriani fuggiti a sud della Turchia, acquisendo quell’indegno nomignolo di “profughi”. Già, perché la storia si ripete ancora. Sempre. Ci siamo ormai abituati al pensiero di vedere comodamente in Tv cordoni interminati di disperati che fuggono dalle loro case; nella speranza di superare in tempo quella linea di confine invisibile che gli permetta di garantirsi la sopravvivenza. Prima che invasori o loro stessi connazionali armati li ammazzino.

LA SPACCATURA DELL’ONU – Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo si sono dichiarati frustrati per l’opposizione di alcuni dei quindici membri del Consiglio di sicurezza all’adozione di una risoluzione e hanno proseguito le loro consultazioni ‘dietro le quinte’. Russia e Cina, membri permanenti con diritto di veto, sono contrari alla risoluzione mentre Sudafrica, Brasile e India hanno espresso gravi riserve. Per quanto riguarda più specificamente la Russia, la Siria è sempre stata un alleato privilegiato sin dai tempi della guerra fredda, quando era proprio il “satellite” per antonomasia dell’Unione Sovietica nell’area mediorientale. Ultimamente, un paio di anni fa, la Russia ha firmato un accordo per rimettere in funzione una propria base militare navale nel porto di Tartus in Siria: questo vorrebbe dire per la Russia avere una base sul Mar Mediterraneo, una cosa che Mosca ha sempre cercato sin dagli imperi zaristi. Inoltre tra i due Paesi ci sono accordi economici, militari e di sicurezza, infatti tutto l’arsenale bellico della Siria proviene dalle industrie russe. Per queste ragioni la Russia ha tutto l’interesse a mantenere questa situazione in Siria, dove, invece, un eventuale cambiamento di governo potrebbe anche portare alla creazione di un ambiente ostile per la Russia. Questo, per il momento, è il motivo principale della discordia: la Russia, a differenza di altri teatri, ha interessi diretti in Siria e quindi eserciterà tutta la sua influenza per far sì che la situazione non venga modificata, almeno non tramite lo strumento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

IL REGIME SIRIANO – Da sempre (o quasi) dominata dagli arabi, crollato l’Impero ottomano la Siria è divenuta colonia francese dal 1920 e il 1946. Nella seconda metà del maggio 1945 a Damasco dieci giorni di manifestazioni ininterrotte furono seguiti da un bombardamento francese di ben 36 ore; ma grazie alle pressioni della Gran Bretagna a luglio il comando delle forze armate passò in mani siriane. L’indipendenza fu riconosciuta a partire dal 1 gennaio 1946 e le ultime truppe straniere lasciarono la Siria il 17 aprile 1946. A seguito dell’indipendenza si ebbe un periodo di instabilità, costellato da numerosi cambi di governo e tredici colpi di stato, il primo dei quali nel 1949 a seguito della sconfitta nella guerra arabo-israeliana del 1948. Ad esso fece seguito l’effimera unione con l’Egitto nella Repubblica Araba Unita (1 febbraio 1958 – 28 settembre 1961).
Caduta l’unione per un colpo di stato, l’8 marzo 1963 s’impadronì del potere il partito panarabo Baʿth, che con un nuovo colpo di stato guidato da Salah Jadid il 23 febbraio 1966 abbandonò la linea panaraba per una socialista e filo-sovietica. Infine dopo la sconfitta nella guerra dei sei giorni, con il secondo colpo di Stato interno al partito Baʿth, il 13 novembre 1970 prese la guida del paese Hāfiz al-Asad, a cui è succeduto il 17 luglio 2000 il figlio, Bashār al-Asad. Quest’ultimo, dittatore despota che sta uccidendo i suoi connazionali, ormai desiderosi di veder riconosciuti i più elementari diritti politici e civili.

Cosa aspetta l’Onu? E la Nato? I siriani non hanno gli stessi diritti di libertà dei libici, degli afghani, degli iracheni? Perché si utilizzano sempre due pesi e due misure? Probabilmente perché instaurare una democrazia non sempre conviene. Tanti popoli africani e asiatici sono ancora lì che aspettano. E intanto muoiono. Ammazzati, malati, assetati, affamati. Del resto: No oil, no war.


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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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