Tav, Tap, Muos: il triplo tradimento del Movimento cinque stelle

Il mese corrente è il sesto al governo per Movimento cinque stelle e Lega. Inevitabilmente lo Spread è tornato a salire, così come le preoccupazioni dell’Unione europea. Borse e istituzioni europee non hanno mai visto di buon occhio l’attuale esecutivo, in rottura con quanto fatto da chi lo ha preceduto negli scorsi 7 anni. Più preoccupato a fare il compitino impostogli da Bruxelles che a fare i reali interessi degli italiani.

In questi mesi, è cambiata senza dubbio la politica estera. Meno filo-europeista, più vicina a Putin in buoni rapporto con Donald Trump. Soprattutto, gli sbarchi sono dirottati verso Spagna e Grecia. Anche se il maltempo contribuisce ad aiutare i buoni propositi di Salvini.

C’è poi grande attesa per la manovra finanziaria, che dovrebbe portare ad un deficit del 2,4%, la realizzazione del reddito di cittadinanza e della flat tax. Sebbene in una versione più soft rispetto a quella annunciata dalla Lega in campagna elettorale. In realtà anche il reddito di cittadinanza non è così certo, almeno stando alle parole del Ministro per i rapporti con il parlamento Giorgetti. Che si occupa da anni di economia per la Lega.

E’ stato poi varato il Decreto dignità, che ha modificato le disposizioni del Jobs Act puntando sulla stabilità dei contratti di lavoro.

In questo lasso di tempo, è praticamente raddoppiato il consenso intorno a Matteo Salvini. Almeno stando ai sondaggi. Mentre si è ridotto quello del M5S, percepito da diversi elettori ed analisti come subalterni del roboante leader leghista. Un consenso che rischia di ridursi ancora di più qualora passassero opere come la Tap, il Tav e il Muos. Che i Cinquestelle avevano promesso di bloccare una volta andati al Governo. Si rischia la stessa figuraccia consumatasi a Parma per l’inceneritore. Ma andiamo con ordine.

Il M5S aveva promesso di bloccare la Tap, ma si farà

tap puglia

Come riporta Il Post: “Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, annuncia la volontà del governo di procedere con la realizzazione della Tap.

A quanto apprende l’Adnkronos dai vertici M5S, sarebbero state trattate condizioni più vantaggiosi per i territori coinvolti dall’opera che vedrebbero lo stanziamento di “decine di milioni di euro” per le aree salentine interessate dai lavori per il gasdotto.

“Non abbiamo riscontrato elementi di illegittimità – spiega il premier in una nota – Interrompere la realizzazione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro. In ballo ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica”.

“Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, non lasciando nulla di intentato. Ora però è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia”.

Oggi il ministero dell’Ambiente aveva inviato a Palazzo Chigi le ultime verifiche effettuate dai tecnici sul progetto Tap

“Anche nei punti contestati – si legge nel comunicato del ministro Costa – non sono emersi profili di illegittimità, indipendentemente dal merito, in quanto la Commissione Via – unico soggetto titolato a pronunciarsi – ha ritenuto ottemperate le prescrizioni.

“La valutazione fatta dal Ministero dell’Ambiente esula dal mio pensiero personale e dal mio convincimento politico, se l’opera sia giusta o no. Ma nella fase attuale ogni valutazione da parte del Ministero deve essere fatta solo ed esclusivamente sulla base del principio della legittimità degli atti e non sul merito tecnico dei medesimi in quanto non consentita dall’Ordinamento”

La decisione suona come una doccia fredda per la componente M5S al governo:

“Ad oggi – si legge – non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere” mette in chiaro il premier ribadendo di non aver lasciato “nulla di intentato”.

Per i 5 stelle che in Salento sullo stop al progetto del gasdotto si erano giocati molto del consenso, la difficoltà di tornare sul territorio a comunicare l’ineluttabilità della decisione.

Ci sono le firme anche del ministro Barbara Lezzi nel documento firmato dagli M5s in campagna elettorale contro Tap davanti ai cittadini di Melendugno, comune del Salento dove approderà il gasdotto, volando al 65% delle preferenze.

Gianluca Maggiore, portavoce del Movimento No Tap, da Lecce aveva già preannunciato come avrebbe chiesto le dimissioni in blocco degli eletti del Movimento 5 Stelle in caso ricomincino i lavori del gasdotto Tap.

“Per quanto riguarda i politicanti che hanno fatto campagna elettorale in zona Tap è arrivata l’ora di rassegnare le dimissioni”

“Vendiamo l’anima alla Lega”. È uno degli sms che rimbalza su alcuni cellulari dei parlamentari M5S più imbestialiti per il via libera del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Meno di una settimana fa Beppe Grillo, dal palco di Italia 5 Stelle al Circo Massimo, invitava la politica a “non abbandonare una visione”. “Vogliamo il gas che passa sotto quei cazzo di ulivi della Puglia o non lo vogliamo?”, chiedeva il fondatore del M5S. E alcuni parlamentari, in queste ore di nervosismo estremo, a quanto apprende l’Adnkronos, valutano di tirarlo in ballo, chiedendogli un intervento diretto “per salvaguardare il Movimento”.

“Abbiamo le mani legate – spiegano dall’entourage del vicepremier e capo politico dei 5 Stelle, Luigi Di Maio – Ci sono venti miliardi di euro da pagare di penali. Più del reddito di cittadinanza e quota 100 messi insieme”. Il punto, viene inoltre spiegato, “è che le sanzioni le abbiamo scoperte solo dopo due mesi di accesso agli atti, tanto ci è voluto una volta entrati nei ministeri competenti”.

I consensi sulla questione Tap hanno portato molti consensi in quel di Puglia ai Cinquestelle. Che ora rischiano di essere persi.

Tav, M5S si arrende alla realtà

tav

Come riporta sempre Il Post, il ministro dell’Interno Matteo Salvini dice no allo stop al Tav. “Occorre andare avanti e non tornare indietro”, ha detto il titolare del Viminale avvertendo sia il Movimento 5 Stelle sia il premier Giuseppe Conte. Secondo indiscrezioni di Repubblica e La Stampa il presidente del Consiglio sarebbe infatti pronto a seguire Di Maio nel bloccare al più presto la Tav mentre appena pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture Toninelli aveva messo in discussione il proseguire del progetto.

Ora però il vicepremier replica ai microfoni di Radio24:

“L’opera serve e se per caso da un’analisi attualizzata del 2018 non serve, costa di più bloccarla che non proseguirla? Questo è il ragionamento che varrà su tutto, analisi costi benefici, la Tav, la Tap, la Pedemontana, Terzo Valico. Questo c’è scritto e questo faremo. C’è l’analisi costi-benefici, non è che faccio pagare agli italiani miliardi”.

Anche il sottosegretario ai Trasporti, il leghista Edoardo Rixi, conferma il sì alla Tav. “Come Lega siamo favorevoli. Ovviamente se ci sono modifiche che consentono da poter investire in altre infrastrutture, le accogliamo volentieri”, ha spiegato al Secolo XIX.

Per Toninelli invece

“rifarsi al Contratto di governo significa voler ridiscutere integralmente l’infrastruttura in applicazione dell’accordo con la Francia. Senza preclusioni ideologiche, ma senza subire il ricatto che ci piove in testa e che scaturisce dalle scandalose scelte precedenti”. “È questo il principio in base al quale stiamo lavorando. Ecco perché adesso nessuno deve azzardarsi a firmare nulla ai fini dell’avanzamento dell’opera. Lo considereremmo come un atto ostile”, concludeva il ministro, ricordando come proprio nel contratto di governo si facesse riferimento all’impegno di ridiscutere “integralmente il progetto” della Tav Torino-Lione “nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”.

Ecco quindi aprirsi un nuovo fronte nel governo gialloverde di Lega e M5s, da sempre contraria al progetto, mentre dal Pd sia il segretario Maurizio Martina sia l’ex ministro dell’Infrastrutture Graziano Delrio fanno presenti le loro preoccupazioni.

“Due miliardi di euro di penali, il blocco di finanziamenti europei, 4 mila posti di lavoro a rischio. La follia del governo di bloccare la Torino-Lione la pagherà un Paese intero”, tuona Martina su Twitter.

Secondo Repubblica, “fermare la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione costerebbe all’Italia circa 2 miliardi di euro. Finirla, mettendo tutti i soldi previsti dagli accordi e dai progetti, ha un “prezzo” di 3 miliardi”.

Dopo le dichiarazioni di Salvini, fonti di palazzo Chigi citate dall’agenzia Adnkronos hanno fatto sapere che il dossier sulla Tav al momento non è ancora giunto sul tavolo di Conte: nessuna decisione dunque è stata ancora presa e soprattutto non ci sono state valutazioni al riguardo. Il dossier è in fase istruttoria presso il ministro competente, quello delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, il quale è impegnato in una valutazione costi-benefici che poi sarà sottoposta e condivisa con il presidente del Consiglio e con l’intero governo. Ad ogni modo la soluzione sarà in linea con quella contenuta nel contratto di governo, che prevede l’impegno a “ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”.

La Commissione Europea “non commenta i rumours”, ma “la linea ad alta velocità Torino-Lione è un progetto importante, non solo per la Francia e per l’Italia, ma anche per l’Europa nel suo complesso. E’ importante che tutte le parti mantengano i loro sforzi per completarlo in tempo”. Questa è stata la risposta del portavoce della Commissione Europea per i Trasporti Enrico Brivio, durante il briefing con la stampa a Bruxelles.

Il caso del Tav Torino-Lione è sicuramente complicato. Un’opera pensata 25 anni fa e sottoposta a diverse rivisitazioni. In questo quarto di secolo sono sicuramente cambiate le esigenze e quei 7 Km avranno un impatto ambientale in Val di Susa. Il problema però è che ci sono anche delle clausole onerose da rispettare. L’errore compiuto anche in questo caso dai Cinquestelle è stato quello di aver promesso troppo facilmente lo stop ai lavori. Il che ha pagato magari in termini elettorali, ma i voti persi potrebbero moltiplicarsi.

Non solo Tap e Tav: M5S tradisce anche sul Muos

muos

Sempre Il Post riporta come i Pentastellati si siano sempre detti favorevoli allo smantellamento della base statunitense e qualche giorno fa, ospite a Scordia, in Sicilia, il vicepremier Luigi Di Maio ha annunciato “importanti novità” sul dossier, senza aggiungere altro. Elisabetta Trenta, Ministro della Difesa in quota 5 stelle ha invece scritto una memoria per chiedere al Tar di respingere il ricorso presentato per bloccare la costruzione dell’opera. In buona sostanza quindi un parere favorevole al radar.

Per i militanti pentastellati del territorio un campanello d’allarme perché anche grazie alla promessa di cancellare l’opera i 5stelle avevano fatto proseliti in campagna elettorale tanto da ottenere alle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018 oltre il 50% nelle zone interessate dall’opera. Già nel 2015 i 5 stelle si battevano per una “smilitarizzazione della Sicilia”, ancor prima nel 2013 per bloccare le opere statunitensi il Movimento 5 Stelle aveva anche presentato una mozione votata all’unanimità dall’Assemblea regionale siciliana.

Il deputato 5Stelle dell’Assemblea regionale siciliana – pasionario no-Muos – Giampietro Trizzino ha bollato come “un fatto già passato” la memoria presentata dalla ministra Trenta contro il ricorso dei No Muos che intendono bloccare l’attività del sistema di comunicazione satellitare militare americano.

La Difesa però frena. “La linea sul Muos è molto chiara – hanno precisato ieri fonti del ministero – e in questi giorni il governo è al lavoro sul dossier”.

“Qualsiasi altra esternazione o posizione assunta da esponenti non appartenenti all’esecutivo è da considerarsi espressione del singolo soggetto politico, non del ministero della Difesa e men che meno del governo. L’unica voce ufficiale sul tema è e sarà quella del governo”.

Il Muos, terminato nel 2014, è stato installato a seguito di un accordo bilaterale siglato da Italia e Stati Uniti. Oltre a integrare forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo ha l’obiettivo di rimpiazzare l’attuale sistema satellitare Ultra High Frequency Follow-On.

L’impianto realizzato a Niscemi è stato al centro di numerose proteste di residenti, rappresentanti locali e associazioni ambientaliste. Secondo gli attivisti, l’opera rischia di danneggiare l’ecosistema della Sughereta di Niscemi. La vicenda sui possibili danni per l’ambiente e per la salute umana provocati dalla realizzazione del Muos fu sollevata nel 2007 dal senatore di Insieme con l’Unione, Mauro Bulgarelli, che presentò un’interrogazione al ministro della Difesa dopo un’inchiesta di Rainews24. Solo un anno dopo il sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino, chiese l’intervento dell’Agenzia regionale per l’ambiente per capire se l’installazione della nuova stazione di controllo terrestre delle forze armate degli Stati Uniti, possa provocare danni ambientali (il territorio è zona protetta) o danni alle persone (per gli effetti della prolungata esposizione a campi elettromagnetici di alta intensità).

Da allora comincò a formarsi un vasto movimento d’opinione che si è espresso contro l’installazione delle enormi parabole militari a Niscemi e che ha portato alla nascita del ”no Muos”. Dopo la battaglia finita in tribunale, il 14 novembre spetterà al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia decidere sulla sentenza emessa nel 2016 dallo stesso Consiglio che aveva sbloccato i lavori.

Un avvertimento arriva dal Presidente della Commissione regionale antimafia all’Ars Claudio Fava.

“Fino all’anno scorso, quando l’attuale presidente della Regione Musumeci e il Movimento 5Stelle erano fieramente all’opposizione, la loro battaglia per lo smantellamento del Muos fu diretta, esplicita, senza margini di mediazione. Oggi che entrambi governano (Musumeci a Palermo, i 5Stelle a Roma) di quella battaglia, che coinvolse e mobilitò decine di migliaia di siciliani, non conservano memoria”.

“Io non dico che in politica non bisogna mai cambiare idea. Dico che non bisogna fare i furbi, che è cosa diversa. Prendersi i voti e poi abiurare, dimenticare, pensare ad altro. Perché così sta accadendo in Sicilia”.

Insomma, anche in questo caso per i Cinquestelle si rischia l’effetto boomerang. Tanti voti presi in Sicilia per smantellare il Muos, che potrebbero essere persi in maniera multipla se l’opera si farà.

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