Di Trump si parla solo per gaffe: ma grazie a sua riforma fiscale Fiat assume 2500 persone

Che Donald Trump non sia “politically correct” lo sapevamo già. E lo dimostra spesso, sia nel suo modo di governare il Paese più influente del Mondo (finché Cina permette) che nel modo che ha di esprimersi. Specie sul tema dell’immigrazione, Trump ha avuto parole molto dure e anche provvedimenti molto duri. Si pensi al “muslim ban” stoppato dalla magistratura o al muro da realizzare ai confini con il Messico. Provvedimenti duri, drastici, choc, con i quali Trump vuole fermare il terrorismo da importazione ma anche il continuo arrivo di messicani che giunti negli Usa finiscono per fare il più delle volte gli spacciatori o le prostitute. Ora l’ultimo obiettivo sono i cosiddetti “dreamers”, ovvero i figli di coloro che sono giunti in America senza avere regolare permesso.

L’ultima polemica riguarda il modo in cui ha chiamato i Paesi da dove arrivano molti immigrati negli Usa: “shithole”, che è stato tradotto come cesso o fogna. Ma in realtà la traduzione sarebbe anche più offensiva, dato che shit significa merda e hole buco. Quindi, buco di merda, che potrebbe essere inteso come “buco del culo”.

Ma Trump ha anche attuato un drastico taglio delle tasse in favore delle imprese, nella speranza che ciò solleciti da parte loro gli investimenti in occupazione e macchinari. I primi effetti sembrano già vedersi, con la FIAT che in terra americana aprirà una nuova sede creando 2500 posti di lavoro. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Fiat crea 2500 posti di lavoro negli Usa

trump marchionne

Come riporta Il Giornale, Sergio Marchionne ha annunciato che Fca investirà “oltre un miliardo di dollari” negli Stati Uniti. In particolare, la casa automobilistica ha deciso di modernizzare l’impianto di Warren, in Michigan, dove sarà prodotta la nuova generazione del Ram Heavy Duty (ora realizzato in Messico) e dove saranno creati ben 2500 posti di lavoro Inoltre distribuirà un bonus di 2mila dollari ai circa 60mila dipendenti di Fca negli Stati Uniti. “Ciò è stato reso possibile anche grazie all’approvazione della riforma fiscale Usa alla fine dello scorso anno“, ha spiegato la società.

“È semplicemente corretto che i nostri dipendenti condividano i risparmi generati dalla riforma fiscale e che noi riconosciamo apertamente il miglioramento che ne deriva per il contesto del business Usa investendo di conseguenza nella nostra area di mercato”, ha sottolineato l’ad Marchionne, “Questo annuncio riflette il nostro continuo impegno e la dedizione dei lavoratori che hanno contribuito al successo di Fca”.

Wal-mart aumenta salario minimo ai propri dipendenti

E sempre Il Giornale ci fa sapere che, sempre grazie alla politica fiscale di Trump, Wal-Mart, colosso mondiale della grande distribuzione con oltre 2,2 milioni di dipendenti, di cui 1,5 milioni negli Stati Uniti, a partire dal 17 febbraio alzerà il salario minimo orario da 10 a 11 dollari per tutti i lavoratori in America. E non solo: concederà un bonus una tantum fino a 1.000 dollari (la cifra massima per chi ha oltre vent’anni di anzianità e a scalare per gli altri).

La decisione è stata presa grazie alla regolamentazione più favorevole introdotta con la riforma fiscale voluta dal presidente Donald Trump. “Stiamo cominciano a valutare le opportunità create dalla riforma fiscale per investire nei clienti e negli associati e per rafforzare ulteriormente le nostre attività”, ha detto Doug McMillon, amministratore delegato di Wal-Mart.

È la terza volta dal 2015 che Wal-Mart alza il salario minimo, per migliorare le condizioni di lavoro nei 4.700 punti vendita americani e nell’ambito della più ampia strategia per competere sul fronte online, tenendo il passo con Amazon.

Il rialzo dei compensi porterà oneri straordinari annuali per 300 milioni di dollari, mentre i bonus genereranno oneri per 400 milioni di dollari nel trimestre in corso.

In cosa consiste Riforma fiscale di Trump

Come riporta Webeconomia, la riforma fiscale di Trump si prefigge l’obiettivo di favorire le multinazionali che potranno far rientrare i soldi tenuti all’estero. Stimati intorno ai 2mila miliardi e 400 milioni di dollari. L’aspetto principale della riforma fiscale di Trump è la riduzione della tassazione sugli utili delle imprese, con aliquota per le Spa calata drasticamente dal 35 al 21% medio. Le aziende che potrebbero far rientrare i propri capitali dall’estero sono colossi come Apple, Facebook, Microsoft, ecc. Multinazionali che potranno riportarli in Madre patria versando una tantum l’8% (o il 15,5% se si tratta di liquidi/contanti) rispetto al 35% medio imposto a livello federale (e in via di abbattimento). Se si considera che Apple è accreditata di circa 250 miliardi di dollari custoditi offshore, si capisce chiaramente quanto venti o più punti percentuali di imposizione in meno facciano la differenza per decine di miliardi.

Qualcosa che voleva già fare Obama. Il testo rivede poi molti altri aspetti fiscali per le imprese e per i contribuenti. Nel primo caso, i benefici sono strutturali, nella speranza che generino investimenti in tecnologia, macchinari, occupazione. Nel secondo, di tipo temporaneo e per sperare che aumentino il loro potere di acquisto e sollecitino i consumi. Il testo della riforma “shock” di Trump prevede anche che le società semplici restino tassate come le persone fisiche, ma con una detrazione del 20% del reddito che porta l’aliquota effettiva scendere al 26,5%, Ovvero un pò al di sotto della media europea (il 26,9%) e ben al di sotto della media pesata dei paesi Ocse.

Per le famiglie restano le sette aliquote fiscali ma a livelli più bassi fino al 2025 (quella marginale più alta scende dal 39,6 al 37%). Si eliminano molte detrazioni – soprattutto per le imposte statali e locali – a fronte del raddoppiamento di quella standard e del credito d’imposta sui figli a carico. Sarà poi soppresso l’obbligo di avere un’assicurazione sanitaria. Tra le ultime norme approvate c’è la possibilità di dedurre gli interessi sui finanziamenti ricevuti per pagarsi gli studi universitari.

Riforma fiscale Trump tra scetticismo e critiche

Non mancano però gli scontenti, anche tra gli stessi senatori repubblicani che l’hanno osteggiato in quanto provengono dagli Stati che soffriranno maggiormente il peso del Fisco. Ritengono infatti che negli Stati in cui provengono, le alte imposte locali potranno essere portate in deduzione sul conto del Fisco federale con un tetto di soli 10mila dollari, mentre alcune categorie professionali si vedono ridurre i benefici fiscali ritagliati in maniera specifica e più agevole.

Critiche veementi anche da parte del Citizens for Tax Justice, gruppo che si batte per un fisco equo, in quanto ritiene che la riforma sia estremamente sbilanciata verso le famiglie più ricche e gli investitori esteri piuttosto che in favore di piccole e medie imprese o famiglie appartenenti al ceto medio. CTJ a novembre pubblicò un documento nel quale denuncia il fatto che il 5% più ricco della popolazione beneficerebbe da solo della metà dei benefici della riforma, mentre, di contro, da qui al 2027 il 60% più povero della popolazione dovrà invece affrontare un aumento netto della tassazione (con ben 19 Stati più colpiti da ciò). Quindi, concludono, i 1.500 miliardi del piano comporteranno una crescita del deficit o un necessario taglio a specie del Welfare come istruzione, sanità, ricerca e infrastrutture.

Secondo il Tax Policy Center, invece, più dell’80% delle famiglie americane avrà un taglio fiscale nel 2018 e il 5% vedrà salire il conto. Ma anche esso ritiene che le famiglie con i redditi più alti riceveranno i benefici maggiori. In pratica, entro il 2027 le tasse saranno poco diverse da ora per le fasce medie e basse della popolazione. Mentre caleranno di molto per i ricchi. Anzi, secondo il TPC, rispetto alla legge attuale, il 5% dei contribuenti pagherà più tasse nel 2018, ma si salirà al 9% nel 2025 e al 53% nel 2027.

Secondo uno studio di Banca Intesa, se le classi medie e basse hanno riduzioni di imposte transitorie, le classi alte hanno un trattamento più favorevole per l’imposta di successione e per il reddito delle società semplici, un ampio taglio (transitorio) dell’aliquota massima.

Per quanto concerne i mercati finanziari, si rischia il verificarsi di un “fiscal sugar high”, una “sbornia fiscale” che rischia di surriscaldare l’economia e causare postumi difficili da assorbire. L’espansione del deficit Usa pari a 1.500 miliardi di dollari ,dovrebbe portare a un supplemento di crescita da 0,3-0,4 punti percentuali di Pil nel prossimo biennio: il costo della riforma potrebbe scendere a mille miliardi considerando la risposta positiva dell’economia. Ecco perché la crescita media del prossimo anno potrebbe schizzare al 2,6-2,7% e poi mantenersi ancora ben sostenuta al 2,2-2,3% nel 2019.

A sostenere la crescita, secondo BofA, dovrebbero essere i consumi privati, dati dai tagli alle imposte sulle persone fisiche, e gli investimenti fissi delle aziende incentivate dagli sgravi sulle spese in conto capitale. Infine, la disoccupazione dovrebbe scendere tra il 3,7 e il 2,8 percento.

Sarà. Ma intanto la riforma fiscale “shock” di Trump sta sortendo i primi benefici. Forse sono solo dovuti ad un effetto iniziale, che svanirà nel lungo periodo. Sarà solo il tempo a dircelo.

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.