Tsunami, anche Italia a rischio: quali sono le regioni che rischiano di più

Italia messa in ginocchio dal maltempo. Da Nord a Sud, ormai, non si contano più i danni delle bombe d’acqua cadute sullo stivale. Allagamenti, frane, esondazioni. Morti, feriti, dispersi, evacuati. Appena arriva l’autunno e l’estate cede il passo ai primi freddi, ecco che arrivano potenti temporali a farci visita, svelando tutta la fragilità idrogeologica del nostro territorio. E, puntualmente, i salotti televisivi si riempiono di belle parole dei governanti di turno col loro retorico “faremo di più per l’ambiente” e delle avvertenze, ormai stanche, di geologi e metereologi.

Il clima sta cambiando notevolmente e il dibattito tra chi dice che è un naturale processo in corso e chi ritiene che sia indotto dall’inquinamento provocato dagli esseri umani, è ancora in atto. Intanto, mentre si cercano risposte, i disastri ambientali aumentano in tutto il Mondo. Generando una nuova categoria di disperati: i profughi climatici. Ossia, gente costretta a lasciare il proprio luogo d’origine perché ormai reso invivibile dal clima.

Certo, ci sono aree del Mondo e anche del nostro Paese che non andrebbero proprio abitate. Ma questo è un altro discorso. Il sovrappopolamento crea anche queste situazioni.

Non manca poi chi ritiene che l’Italia sia sotto bombardamento climatico artificiale, ricordando che a partire dagli anni ‘30 (vedi il nostro Majorana o Tesla) fu inventato il modo per cambiare artificialmente il clima. E come per decenni sono stati condotti vari esperimenti e ci siano anche accuse tra civiltà (l’Iran, ad esempio, accuserebbe l’Occidente di creare siccità contro il suo Stato).

Comunque, complottismo e dibattiti a parte, anche l’Italia è a rischio Tsunami. Ecco le regioni che rischiano di più.

Regioni italiane a rischio Tsunami

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Come riporta Il Corriere Adriatico, Anche nel Mediterraneo possono esserci degli tsunami. In Italia le zone dove maggiore è la probabilità sono la Sicilia orientale, la Calabria ionica, il Golfo di Taranto e il Salento. Lo indica la prima mappa di pericolosità degli tsunami generati da terremoti nell’area del Mediterraneo e dell’Atlantico nord-orientale e mari connessi (cosiddetta area NEAM), realizzata nell’ambito del progetto europeo TSUMAPS-NEAM, coordinato dall’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia).

«Si tratta di eventi rari, ma non impossibili e di grande impatto. Abbiamo realizzato una serie di mappe che fanno capire il grado di pericolosità, cioè la probabilità di avere un’inondazione in un certo periodo di tempo», spiega il sismologo Alessandro Amato. Nel Mediterraneo le tre zone che possono generare i terremoti più forti, e quindi anche gli tsunami più grandi, sono: «l’arco ellenico, cioè la zona che va da Cefalonia a Rodi, l’arco di Cipro, che arriva fino al Libano, e l’arco Calabro», precisa Roberto Basili, coordinatore del progetto.

In Italia la «maggiore pericolosità si ha nella Sicilia orientale e lo Stretto di Messina, il Salento, la Calabria ionica e la Basilicata», prosegue. Nel Mediterraneo occidentale, altre zone di pericolosità, seppur minore, sono la Sardegna meridionale, la Sicilia e il Mar Ligure, perché ci sono delle faglie attive sulla costa nordafricana. «In media più del 30% delle coste mappate con il progetto, area Neam di cui l’Italia è solo una piccola parte e tra le più pericolose – conclude Basili – possono subire uno tsunami con onde più alte di un metro ogni 2500 anni».

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