Mario Paciolla, cooperante Onu morto in Colombia: gli inquietanti retroscena sulla sua morte

Sempre più nubi offuscano il caso di Mario Paciolla. Il cooperante Onu di 33 anni, trovato impiccato a San Vicente del Caguán, in Colombia, dove lavorava dal 2018. Il quale ha fatto ritorno nella sua città Natale, Napoli, ma da morto. Lui che agognava un ritorno in patria ben diverso.

El Espectador, il principale quotidiano di Bogotà, ha fatto sapere in queste ore che quattro agenti della polizia militare sono finiti sotto inchiesta con l’accusa di aver ostacolato le indagini sul volontario delle Nazioni Unite. Cancellando le prove.

Notizia da un lato smentita dalla Polizia militare, mentre dall’altro la Procura ha affermato di non poter confermare la notizia né dare alcun altro dettaglio. Quindi, in modo indiretto, l’ha confermata.

L’Onu si è detta pienamente disponibile a dare il proprio contributo. Ma bisogna sempre prendere con le molle quanto dicono le Nazioni Unite. Che da quando sono nate, hanno più volte confermato la propria inutilità nella risoluzione delle controversie internazionali.

Vediamo quali sono i punti oscuri sul caso Paciolla.

Mario Paciolla, retroscena sulla sua morte

mario paciolla chi è

Il cooperante Onu originario del quartiere Rione Alto di Napoli, viveva in Colombia da cinque anni. Ma aveva alle spalle già altre esperienze internazionali nella vicina Argentina, in India e in Giordania. Sempre per progetti di relazioni internazionali.

Come riporta Stylo24, intervistata da Il Mattino, la madre di Paciolla Anna Marotta ha rivelato:

E’ un’offesa per noi, sentir dire che mio figlio si sia suicidato. Aveva il biglietto dell’aereo già pronto per tornare a casa il 20, non si sarebbe mai ucciso. Mio figlio da un po’ di tempo era strano, mi raccontava che c’era qualcosa che non gli piaceva in ciò che stava facendo, e che desiderava tornare a Napoli perché si sentiva sporco. In una delle ultime chiamate mi ha detto di essersi esposto troppo e di essersi messo in un guaio

In una intervista all’edizione napoletana de La Repubblica, la famiglia di Mario Paciolla ha confermato di escludere l’ipotesi del suicidio:

Ce lo hanno ammazzato, era troppo agitato e arrabbiato negli ultimi giorni. Deve aver visto o capito qualcosa, durante il suo lavoro, che lo ha messo in pericolo. Un giovane italiano non può morire così. Ci ha chiamato una avvocatessa dell’Onu, poi l’ambasciatore italiano a Bogotà: sono sinceramente dispiaciuti, lo so, ma noi vogliamo la verità

Del resto, come riporta Avvenire, in Colombia Paciolla svolgeva un lavoro delicato. Incaricato di monitorare dal 2018 l’implementazione dell’accordo del 2016 tra il governo colombiano e i guerriglieri delle FARC. Peraltro in una zona difficile come San Vicente del Caguán, porta d’entrata all’Amazzonia colombiana e importante centro di produzione della coca.

Il volontario, in particolare, seguiva il processo di reintegrazione degli ex guerriglieri delle Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc), concentrati nei due spazi territoriali della zona: Miravalle e Yarí.

Tuttavia, le cose si sono complicate per la lentezza con cui il governo colombiano fa partire i progetti per il reinserimento sociale degli ex combattenti. Inoltre, c’è la minaccia di altri gruppi illegali ansiosi di occupare il vuoto lasciato dalle Farc. Dalla firma della “pace” ne sono stati assassinati 210.

Questi due fattori, a detta degli analisti, sono i principali fattori che hanno spinto le FARC a impugnare di nuovo le armi da circa un anno.

Tra quanti hanno imbracciato i fucili c’è anche l’ex capo di Miravalle, Hernán Darío Hernández, alias El Paisa. Una ripresa della guerriglia che sta peraltro trovando sempre più adepti. Del resto, non è difficile trovare persone pronte ad abbracciare la causa armata. In un paese che sta sicuramente meglio del confinante Venezuela, ma non certo così bene da poter scongiurare un arruolamento tra i meno abbienti.

Del resto, il Sudamerica vive da secoli di rivoluzioni alimentate dall’ingiustizia e dall’indigenza. Peccato che a questo giro di mezzo ci sia finito un italiano. Per di più mio concittadino.

Mario Paciolla chi era

mario paciolla come è morto

Chi era Mario Paciolla? Come riporta Valigia blu, laureato in Scienze politiche all’Orientale di Napoli, lavorava da anni all’estero e aveva vissuto in India, Giordania e Argentina prima di trasferirsi in Colombia.

Dal 2018, all’interno della Missione Onu, Mario si occupava di un programma di reinserimento sociale per ex-guerriglieri. Partecipava spesso a incontri con le autorità locali, e con il suo lavoro di monitoraggio sul campo contribuiva alla stesura dei report della Missione.

Tra i vari progetti seguiti, quello di “Remare per la pace”, con cui aveva portato un gruppo di ex-guerriglieri a una gara mondiale di rafting in Australia.

Come scrivono gli amici e le amiche nella pagina Facebook “Giustizia per Mario Paciolla”, Mario era un

cittadino del Mondo e con un cuore enorme. Sempre disponibile per gli altri ed impegnato nella quotidiana missione di aiutare chi ha avuto meno fortuna nella vita

Sognatore, militante, attivista, poeta, artista, giornalista. Così viene descritto Mario Paciolla da chi l’ha conosciuto.

Aveva rivelato a parenti ed amici che il 10 luglio aveva avuto un’accesa discussione con i suoi capi, si sentiva “disgustato” e aveva detto di non sentirsi al sicuro. Tanto da aver rafforzato le misure di sicurezza nella propria abitazione. Il contratto di Mario sarebbe scaduto il 20 agosto, ma aveva deciso di anticipare il viaggio.

Proprio il 15 luglio, giorno in cui è stato trovato morto, sarebbe dovuto andare a Bogotà per iniziare le pratiche per il viaggio di ritorno.

Il corpo di Mario Paciolla è stato ritrovato senza vita la mattina del 15 luglio (19.40 ora italiana) da una sua amica e collega. La quale,non vedendolo arrivare in ufficio, si era preoccupata ed era andata a cercarlo a casa. L’ultima connessione su Whatsapp risale alla sera prima, alle 22.45 ora locale, e il certificato di morte indica che il decesso è avvenuto intorno alle 2, ma ciò che è successo quella notte è ancora da chiarire.

La polizia locale ha inizialmente riferito che Mario era stato ritrovato impiccato e con ferite di arma da taglio in varie parti del corpo, ipotizzando un suicidio.

L’indagine è ora coordinata dalla vice-procuratrice generale Martha Mancera che – secondo quanto riporta l’Ansa – ha affermato di stare “esplorando tutte le ipotesi” e di aver dato massima priorità a questo caso. Parallelamente, anche le Nazioni Unite hanno avviato una propria indagine interna, lavorando da vicino con la procura colombiana e con l’ambasciata italiana a Bogotà.

L’ipotesi del suicidio è stata immediatamente scartata da chi conosceva Mario e il difficile contesto in cui lavorava.

La storia, seppur diversa, ricorda quella di Giulio Regeni. E il timore principale è che anche in questo caso non si ristabilisca la vera causa della morte di Mario. Anche perché, oltre all’inefficienza dell’Onu, occorre fare i conti con meccanismi internazionali rispetto ai quali la vita di persone comuni vale zero (si pensi, per esempio, anche al caso Ustica e tanti altri ancora).

Discorso ancora più valido, considerando il governo zelante verso le istituzioni sovranazionali e il Ministro degli esteri che ci ritroviamo…

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