Tanta voglia di Leu: i rumeni rimpiangono perfino Ceaușescu

Lo scorso 26 gennaio sono ricorsi 100 idalla nascita di Nicolae Ceaușescu, Presidente della Repubblica Socialista di Romania, o forse sarebbe meglio dire dittatore, dal 1974 fino al dicembre 1989. Ceaușescu fu arrestato insieme a sua moglie, Elena dopo una fuga grottesca per le campagne, processato sommariamente in soli 55 anni e poi condannato a morte tramite fucilazione. Il moto che si scatenò contro di lui fu definito “rivoluzione rumena”. La Romania fu l’unico tra le ex Repubbliche socialiste sovietiche a rovesciare con la violenza il regime al potere.

Ceaușescu è stato generalmente dipinto come uno dei più sanguinari leader del comunismo novecentesco. I capi di accusa contro di lui furono: genocidio per la strage di Timișoara (notizia che poi si rivelò un falso), aver condotto la popolazione rumena alla povertà e aver accumulato illegalmente ricchezze. La prima accusa però si rivelò poi un falso, mentre sulla terza non si è mai fatto chiarezza. Si era parlato di un miliardo di dollari distribuiti tra banche straniere. Ma le indagini per risalire al fondo furono interrotte già nel 1990.

Tuttavia non va dimenticato che fu anche elogiato dai politici nostrani, compreso Giulio Andreotti, quando il capo di stato rumeno prese posizioni divergenti nei confronti dell’Unione Sovietica. Ma a parte ciò, sembra che in Romania si provi perfino nostalgia per il suo operato. Rimpiangendo la sua dittatura, rispetto all’attuale economia di mercato. Ecco cosa dicono i rumeni oggi di lui e com’era la Romania di Ceaușescu.

Nostalgia canaglia per Ceaușescu

ceausescu

Come riporta You-ng.it in occasione del centenario della sua nascita, migliaia di rumeni hanno organizzato attività commemorative, a dimostrazione di una crescente nostalgia nei confronti dell’epoca socialista, pur con le sue problematiche. Non uno sparuto gruppo di militanti di qualche partito estremista, ma cittadini comuni, soprattutto persone che quell’epoca l’hanno vissuta e la rimpiangono. Intervistati da diversi media internazionali, come il sito internet svizzero 24heures, i partecipanti all’omaggio sulla tomba del “Conducator” hanno spiegato in maniera semplice ma efficace ciò che li spinge a ricordare Ceaușescu: “Non c’era la disoccupazione, tutti avevano una casa, i frigoriferi erano sempre pieni”. E ancora: “Gli uomini politici attuali sarebbero capaci di fare quello che ha fatto Ceaușescu? Tutt’altro, non fanno che rubare”.

Un sondaggio del 2015 rivela che il 66% dei rumeni rimpiange Ceaușescu

ceausescu moglie

A conferma di ciò un sondaggio condotto nel 2015. Come riporta Affaritaliani, una ricerca dell’Institutul Roman pentru Evaluare si Strategie, un autorevole think tank di Bucarest, registra quasi un plebiscito per il Conducator, che regnò sulla Romania dal 1965 al 1989. Addirittura un 66% vorrebbe infatti Ceausescu di nuovo in sella, sulla poltrona di presidente della Repubblica, a guidare il secondo Paese più povero dell’Unione europea verso un futuro più radioso. Sorpresa? Fino a un certo punto. A fine 2010, un simile sondaggio aveva dato risultati conformi, con un 41% di nostalgici.

Fa impressione osservare la percentuale di chi rimpiange Ceausescu salire di venti punti in 5 anni, in una nazione dove il 41,7% della popolazione rimane a rischio povertà o esclusione sociale e dove, misura ancora più efficace per leggere lo stato di salute di un Paese, un bimbo su quattro cresce in famiglie che galleggiano sotto la soglia di povertà relativa.

Lo stesso sondaggio Ires lo conferma. Sotto il regime, non si votava e non si era liberi, ma tutti avevano “un lavoro sicuro”, ha risposto il 23% del campione. E più in generale, ha assicurato un ampio 70%, ai tempi “si viveva meglio” di oggi, in una Romania dove i mal di pancia della gente cominciano a diventare sempre più dolorosi. Tanto da far rimpiangere Ceausescu.

La Romania oggi, il Paese più povero d’Europa

Come tutti i Paesi dell’Europa orientale, la Romania ha affrontato una profonda crisi economica nel passaggio da un’economia pianificata di tipo socialista ad un modello economico di libero mercato. Analizzando i dati del PIL pro capite, ad esempio, si nota una netta flessione proprio al momento della cosiddetta “rivoluzione” e della deposizione di Ceaușescu, e solamente negli ultimi anni il Paese è riuscito a tornare sui livelli degli anni ‘80.

Secondo i dati dell’Eurostat, poi, la Romania è oggi il Paese più povero dell’Unione Europea, con quasi la metà della popolazione che vive sotto la soglia di povertà (il 49.7%, per la precisione), pari a 9.8 milioni di persone sui circa 20 milioni che abitato la patria di Ceaușescu. Tutti dati che sono andati aumentando ulteriormente da quando la Romania è divenuta membro dell’Unione Europea, assumendo di fatto il ruolo di fornitore di manodopera migrante a basso costo per il resto del continente oppure in loco per le imprese delocalizzate.

Dall’altra parte, anche le eccellenze dell’epoca comunista, in particolare l’istruzione e la ricerca scientifica, sono state messe a repentaglio dalle privatizzazioni, divenendo sempre più un privilegio esclusivo per una piccola parte della popolazione.

A ciò si aggiunga anche un fattore psicologico legato alla delusione: quando la Romania ha operato il passaggio all’economia di mercato, ai cittadini è stato raccontato che sarebbero andati verso un futuro florido. Al contrario, quelle colpe che venivano attribuite al sistema comunista, sono emerse ancor più nitidamente negli ultimi vent’anni, precipitando larghe fasce della popolazione nella povertà, mentre la Romania è divenuto il Paese più corrotto d’Europa.

Com’era la Romania di Ceausescu

Ceausescu regina

Com’era la Romania di Ceausescu? Ce lo racconta Un salto nel tempo. Il generale Ceausescu si distinse per la sua megalomania, che venne espressa con progetti tanto folli quanto grandiosi: il canale subacqueo nel Danubio, la superstrada di Transfagarasan e la costruzione della più grande metropolitana europea (in funzione dal 1985). Molti dei precedenti progetti furono cominciati ma mai terminati. Con la distruzione del delta del Danubio, lo sviluppo agricolo fu “sistematizzato” e portò al trasferimento forzato di 7.000 abitanti dei villaggi circostanti. La sistemazione degli sfollati fu, a dir poco incredibile: Ceausescu ordinò di costruire, nei pressi di Bucarest, 13.000 palazzi da 16 famiglie; essi erano privi di acqua, di riscaldamento e di servizi igienici decenti.

Nel mese di marzo del 1989, Ceausescu organizzò sontuose celebrazioni pubbliche per festeggiare l’estinzione totale del debito estero. Questa strategia politica, atta a rendere il paese completamente indipendente dagli altri, fu possibile soltanto grazie ad una impressionante esportazione di prodotti rumeni, che causò una generale scarsità di alimenti nel paese stesso. Durante la disgregazione del blocco sovietico, la popolazione rumena soffrì della mancanza pressoché totale di servizi pubblici. Nel mese di novembre del 1987, 10.000 operai si sollevarono a Brasov, contro il regime per far valere i loro diritti di base. Nel 1989, dopo la caduta del Muro di Berlino, il potere comunista in Romania cominciò a vacillare.

Il 20 novembre 1989, durante il 14esimo congresso del Pcr, Ceausescu denunciò i cambiamenti politici degli altri paesi dell’Est e fece voto di resistere loro. Il suo discorso fu accolto nell’ovazione generale del congresso, ma fu interrotto dalla protesta di Timisoara, dove migliaia di persone riunite contro il regime si apprestavano ad abbattere un sistema che di fatto non esisteva più: il socialismo reale. Nell’ultima apparizione di Ceausescu dal balcone del palazzo presidenziale di Bucarest, il generale affermò di nuovo l’irreversibilità della scelta comunista per il paese, ma nello stesso anno il regime comunista si dissolse, i pioppi avevano fruttato pere.

Anche se originariamente considerato dall’Europa Occidentale come una sorta di “comunista non conformista”, per la sua opposizione all’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, Ceausescu diventò presto una delle guide più brutali che l’Europa avesse mai visto grazie anche ai suoi espliciti tentativi di dominare personalmente la popolazione rumena.

Tuttavia, Ceausescu era realmente molto costante nelle sue politiche, la sua ideologia stalinista era atta a generare una popolazione socialista ed omogenea, distruggendo di fatto le differenze e le classi sociali. Per realizzare i suoi obiettivi, cercò di sottoporre al suo controllo le masse operaie, costringendole ad abitare in grandi conglomerati urbani, affinchè fossero maggiormente controllabili.

Le conseguenze economiche di una tale politica furono molteplici, ma il regime proseguì per la sua strada, azionando un complesso basato sull’industria pesante, senza scambi né commerci con l’estero. Per riuscire in questa impresa politica, fu avviato un programma di “sistematizzazione”, attuato con una cruda e marcata deruralizzazione, in modo tale che le terre abbandonate tornassero di proprietà statale. Il progetto comunque fu presto abbandonato, per le troppe spese che richiedeva.

Inizialmente la strategia di sviluppo riuscì, poiché la forza lavoro nelle fabbriche aumentò notevolmente, dal 30,3% (nel 1956) al 63,5% (nel 1977). Tuttavia lo sviluppo raggiunto dall’industria non era sostenibile, essendo basato su spostamenti strutturali, e presto la forza lavoro si accorse dell’inadeguato salario e del ridottissimo rifornimento di alimenti e di merci. L’inflessibilità di Ceausescu ricorse alla coercizione produttiva, in modo tale da imporre agli industriali ritmi e orari fissi.

Gli effetti di questo sistema difettoso divennero apparenti al momento in cui lo spostamento della forza lavoro decrebbe. La situazione peggiorò ulteriormente all’inizio degli anni ’80, quando si verificò una crisi energetica mai vista prima, malgrado il fatto di avere le maggiori risorse naturali d’Europa, la Romania si trovò nella condizione di non poter più fornire elettricità per oltre il 70% della popolazione. Nel 1989 il consumo di corrente elettrica del paese fu di gran lunga inferiore al minimo assicurato.

Questa crisi fu la conseguenza dello sviluppo sregolato dell’industria pesante, ciò costrinse il regime all’importazione di energia elettrica, proprio nel momento in cui i prezzi erano altissimi, ciò comportò un deficit statale non indifferente. Oltre alle conseguenze sociali evidenti di tale politica, la richiesta di elettrodomestici cadde a picco: i rumeni avevano appena i soldi per acquistare generi alimentari di prima necessità. L’agricoltura subì gravi perdite, date dall’inquinamento delle acque fluviali e dal dispendio delle grandi irrigazioni, le quali assunsero proporzioni gigantesche.

Nonostante l’inizio della decadenza rumena, la visione di Ceausescu non cambiò affatto, anzi, si spinse a progetti ben più ambiziosi, come quello relativo alla costruzione di un tunnel che dal Danubio arrivava sino al Mar Nero, mentre gli abitanti di Bucarest restavano nell’oscurità. Le politiche di Ceausescu, presto, furono giudicate realmente, poiché l’economia divenne incapace di soddisfare le esigenze di base della popolazione, come alimentazione e sanità.

Nel 1981 cominciò il razionamento del cibo, in quanto l’agricoltura subì gravissimi danni: ciò era principalmente dovuto ai prezzi sproporzionati agli stipendi. Così, il settore privato rappresentò una fonte di salvezza; nel 1985, per causa delle scarse vendite, la produzione statale di latte, uova e patate superò il dovuto del 13%. A questo punto, Ceausescu optò per una “nuova rivoluzione agraria”, un programma mirato alla precisa produzione agraria, che non ebbe successo, anzi, costrinse i coltivatori a rivendere i prodotti della terra ad un terzo del suo valore reale.

La scelta di reintrodurre la “sistematizzazione”, fece crollare la figura di Ceausescu, che, in realtà voleva strutturare tutti i villaggi, scelti da lui stesso, in gerarchie ben definite. Circa 500 villaggi furono distrutti perché non rientravano nel programma. Da questo momento in poi, Ceausescu perse il controllo di se stesso. Volle insistere per decidere gli orari di fabbrica e gli obiettivi di esse a tempo determinato. Così facendo, nel 1989, l’intera economia rumena era subordinata alla sua persona ed alle sue “ideologie personali”. La nuova “sistematizzazione” provocò il collasso dell’intero sistema agrario, in quanto eliminò tassativamente i pochi incentivi di cui i coltivatori godevano: in questo modo, i contadini sì allontanarono progressivamente dalle campagne e preferirono raggiungere parenti o amici nelle grandi città.

Nel giugno 1989 la povertà aumentò e la disoccupazione crebbe notevolmente. L’intera base dell’economia era stata corrosa e le infrastrutture cominciarono a mostrare segni di trascuratezza. Il benessere fisico e reale della popolazione era deteriorato da malnutrizione, inquinamento e cattiva sanità. Anche l’istruzione subì del crollo del sistema, molte università furono costrette ad alzare la soglia di età. Ceausescu trasformò la Romania in un Paese con una base industriale inefficace e sottoproduttiva, altamente indebolita ed immotivata. Questa penosa eredità è il fondamento dell’attuale programma rumeno, chiamato “sistema dei bisogni primari”.

Attualmente, tuttavia, non tutti i problemi economici sono risolti; anche se la popolazione ha un senso di miglioramento globale, gli indicatori macroeconomici mostrano una situazione complicata. Questo declino è causato anche dalle industrie sovradimensionate e dall’inflazione, che durante il regime di Ceausescu aveva toccato una soglia del 25%.

Tali fattori rappresentano la sfida tra il vecchio sistema collettivista rumeno ed il nuovo sistema neocapitalista, attualmente presente nel Paese. Per inserire la nuova impronta politica, il governo rumeno ha adottato una riforma graduale a ritmo rapido. Le caratteristiche principali di questa politica risiedono fondamentalmente nella privatizzazione di imprese e di terreni, e nella riduzione del ruolo del governo nei processi economici.

Dopo la costruzione di palazzi sfarzosi e viali ministeriali, il governo di Ceausescu decise di varare un programma per aumentare la popolazione della Romania. Ceausescu affermò che, chiunque evitasse di avere bambini sarebbe stato, di fatto, un disertore, punibile per la mancanza di spirito patriottico. Il tasso di nascita rumeno, negli anni seguenti raddoppiò, ma la malnutrizione e l’inadeguata cura prenatale misero molte donne in pericolo di vita. Il tasso di mortalità infantile del paese aumentò. Per la grande povertà aumentarono anche gli orfani ed i bambini abbandonati, che furono tempestivamente alloggiati in orfanotrofi, i quali, con attrezzature medievali, non riuscirono a migliorare le loro condizioni sociali.

Seguirono leggi che proibivano la contraccezione, alimentando i mercati illegali di organi, provenienti da aborti clandestini e da vere e proprie “vendite” di minori. Anche i medici si accordarono con la polizia per far diminuire gli aborti, in quanto il loro stipendio diminuiva del 2% per ogni gravidanza interrotta. Il regime superò se stesso quando, nel 1986 inserì una vera e propria “tassa sul celibato”, la quale avrebbe dovuto costringere i ragazzi a sposarsi in giovane età, per concepire, in tal modo, più figli possibile. La legge suscitò rabbia e contestazione, Ceausescu, infatti, dovette rapidamente abolirla entro due anni.

Il governo, però, si trovò in crisi nella sanità: le donne, a centinaia, si trovavano ricoverate in ospedali che difettavano di personale e di attrezzature. Molte donne furono costrette ad acquistare il latte al mercato nero, in quanto la produzione nazionale non era assolutamente in grado di soddisfare i bisogni della metà della popolazione totale del Paese. Moltissime donne morirono per banali complicazioni o per scarsa igiene ed il governo perse progressivamente consensi: la rivoluzione era vicina.

Con la Proclamazione di Timisoara, documento stilato appunto nella cittadina omonima, si affermano i diritti dei cittadini rumeni, negati con la dittatura di Ceausescu. Migliaia e migliaia di rumeni si riunirono in piazza e criticarono il regime comunista ed i suoi metodi autoritari, ma Ceausescu, non solo non acconsentì, ma ordinò all’esercito di sparare sulla folla: fu l’inizio della fine. La folla inferocita aggredì i militari del regime costringendoli alla resa, rimasero a combattere soltanto i fedelissimi del servizio di sicurezza rumeno (la famosa Securitate). Anche l’esercito, vedendo la situazione precipitare preferì ritirare i suoi uomini, mentre Ceausescu e la moglie Elena si erano barricati nel rifugio sotterraneo del parlamento di Bucarest.

La politica di Ceausescu, superò il limite e fu miope nel credere che i cittadini rumeni potessero continuare a sopportare privazioni e fame. Per questo motivo la sommossa ed il conseguente colpo di Stato, furono semplicemente il risultato di un sistema applicato in modo errato e di una rivolta interna al Pcr. Nicolae Ceausescu, fu in realtà una vittima del sistema che lui stesso aveva creato e dei suoi aguzzini politici che intendevano sostituirsi a lui.

Ceausescu deposto da Usa e URSS?

ceausescu nixon

Come abbiamo detto, la propaganda anticomunista ci ha raccontato di una “rivoluzione rumena” che avrebbe liberato il popolo dall’oppressione del malvagio dittatore. Tuttavia, la verità storica emersa negli ultimi anni sembra ben diversa. Il giornalista rumeno Grigore Cristian Cartianu si è cimentato in un’opera di ricerca, pubblicando un libro edito in Italia con il titolo “La fine dei Ceausescu. Morire ammazzati come bestie selvatiche” (2012). Secondo il quadro ricostruito da Cartianu, nel 1989 vi fu certamente una rivolta popolare, ma questa fu fomentata tuttavia dall’esterno.

Fu un connubio di interessi ad unire, per una volta, gli Stati Uniti di George Bush senior e l’Unione Sovietica, oramai già destinata al collasso sotto la guida di Michail Gorbačëv. Mosca non aveva apprezzato le mosse di Ceaușescu, che aveva assunto posizioni non allineate su parecchie questioni, e Washington non vedeva l’ora di far crollare almeno uno dei bastioni comunisti dell’Europa Orientale. E così fu: le rivolte incoraggiate dalle due superpotenze colsero il “Conducator” in fallo, quando decise di reprimere le proteste, causando moti ancora più massicci. Il tutto fino al tradimenti di alcuni dei suoi fedelissimi, che di fatto ne sancirono la fine e la condanna a morte per fucilazione insieme alla moglie Elena.

Tuttavia, ricorda ancora Cartianu, l’epoca d’oro promessa non è mai arrivata per la Romania: il nuovo governo, formato principalmente da ex comunisti rimasti fedeli a Mosca, si dimostrò subito tanto repressivo quanto quello di Ceaușescu, soprattutto nei confronti dei giornalisti, e, come abbiamo avuto modo di analizzare in precedenza, il tanto sperato miracolo economico si è tradotto in un vero e proprio incubo per la maggioranza della popolazione.

Insomma, la solita storia di rivoluzioni interne soffiate da interessi internazionali. E quasi sempre, c’entrano gli Usa, abili nelle ingerenze nelle questioni degli altri Paesi per un proprio tornaconto. E anche noi italiani, negli anni ‘40, lo abbiamo vissuto in prima persona.

La Romania e l’ingresso nell’Euro

leu banconote

Si è parlato spesso dell’ingresso della Romania nell’Euro. Ma per ora la cosa è stata spesso rinviata. Come riporta Wikipedia, il governo rumeno, nel maggio 2006, annunciò la previsione di aderire agli accordi AEC II dopo il 2012. Il presidente della BCE dichiarò, nel giugno 2007, che “la Romania ha un sacco di compiti da fare… per un certo numero di anni” prima di unirsi agli standard AEC II.

Il governo rumeno annunciò, nel dicembre 2009, che aveva ufficialmente in programma di aderire alla zona euro entro il 1º gennaio 2015. Tuttavia, nel mese di ottobre 2012, Valentin Lazea, il capo economista di NBR, disse che “l’adesione della Romania alla valuta comune entro il 2015 sarà difficile”.

Nel settembre 2015 il governatore della Banca centrale rumena Mugur Isărescu ha dichiarato che l’obiettivo del 2019 per l’adozione dell’euro non è più tecnicamente fattibile in quanto si dovrebbe entrare nell’AEC II a non più tardi di giugno 2016. Secondo il vicegovernatore della Banca nazionale della Romania Bogdan Olteanu, il paese sarebbe in grado di entrare nell’eurozona nel 2022-2023.

Secondo un sondaggio di Eurobarometer, i rumeni sono largamente a favore all’ingresso nella moneta unica europea. Superando anche il 70% dei favorevoli. Mentre solo poco più della metà ritiene che l’adesione all’Euro avrà effetti positivi. I dubbi personalmente restano. Certo, peggio di così difficilmente può andare per la Romania e l’ingresso nell’Euro potrebbe solo portare benefici. Contrariamente a quanto successo ai cosiddetti Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna), che invece galleggiavano e con l’Euro hanno finito per affogare. Ma è anche vero che per rientrare nei parametri imposti per l’ingresso nell’Euro, serve un bagno di sangue. E i rumeni ne hanno versato già fin troppo.

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.